SACCONI, Pietro
– Nacque a Borgonovo Val Tidone (Piacenza) l’11 febbraio 1839 da Gaetano e da Giuseppa Astorri. Ebbe sette fratelli e perse prematuramente il padre.
Nel 1866 prese parte attivamente alla terza guerra d’indipendenza, arruolandosi nel 10° bersaglieri agli ordini del generale Giuseppe Garibaldi e distinguendosi per atti di valore. Finita la guerra, dopo aver diretto un opificio di marmi a Napoli e una fabbrica di prodotti chimici a Milano, con poche risorse a sua disposizione si trasferì ad Alessandria d’Egitto, che abbandonò ben presto per recarsi, ancora una volta volontario, a Candia, che si era ribellata alla dominazione ottomana. In seguito passò al servizio della Compagnia Khediviale di navigazione e di quella per lo scavo del canale di Suez; ricoprì poi l’incarico di agente di una casa commerciale di Gedda, prima di tornare in Egitto, da cui sarebbe improvvisamente partito per Massaua, inoltrandosi nel Paese dei Bogos, dove padre Giovanni Stella aveva impiantato una colonia italo-africana, che fallì per l’ostilità dello svizzero Werner Munzinger.
Tornò allora a occuparsi per breve tempo dei lavori del canale, mettendosi poi, nel 1869, in viaggio per Aden e Zeila con un carico di fucili da barattare con prodotti di quei territori: un’operazione che gli procurò l’ostilità del governatore di Zeila, l’emiro Abu-Baker, il quale lo minacciò addirittura di farlo decapitare. In seguito visitò i mercati di Tagiura, Bulhar, Berbera, Hokeya, Moka, Konfuda, Harar, Lasgori e Durdieri, studiando la lingua somala e alcuni dialetti locali, il clima di quei territori, le abitudini degli abitanti e i loro prodotti. Tornato ad Aden riprese a percorrere la costa arabica, prestando anche aiuto alla nave italiana Vedetta, naufragata nei pressi di Gedda. Poco dopo compì un viaggio all’interno dell’Abissinia fermandosi, al ritorno, a visitare la baia di Assab, del cui acquisto, oggetto allora di molte polemiche, divenne un entusiasta sostenitore.
Nel settembre del 1872, non lontano da Lasgori fu assalito e fatto prigioniero dai somali della tribù dei Vorsingelli, che lo legarono a un grosso albero minacciando di ucciderlo e liberandolo solo quando accettò di consegnare loro il frutto di ben sette anni di risparmi. Dopo aver messo nuovamente da parte un discreto capitale, fino al dicembre del 1880 riuscì a darsi al commercio delle uova dei bachi da seta. Passando attraverso gli Stati Uniti da New York a San Francisco, raggiunse più volte, a partire dal 1875, il Giappone, per dedicarsi a quell’attività attraverso una sua compagnia di importazione; gestì anche un negozio di generi alimentari e ottenne la direzione, a Yokohama, della Pietro Beretta & C., una ditta che importava in Italia, con una certa continuità, oggetti d’arte dell’Asia orientale. Possedeva a Milano un negozio specializzato in tale commercio.
In quella fase della sua vita fu anche a Ceylon, in Cina (a Shanghai, Canton e Hong Kong) e in India (Bombay, Surat e Baroda).
Quando la sua attività commerciale entrò in crisi, tornò nuovamente in Africa in compagnia del fratello Gaetano, che operava già nell’Harar come agente commerciale della casa triestina Bienenfeld, fino alla sua morte per colera nel 1887. Sacconi si imbarcò a Napoli il 27 giugno 1882 con il piroscafo Birmania per giungere nel golfo di Aden e ripartire alla volta di Harar, dove entrò in rapporto anche con Arthur Rimbaud, là residente già da qualche anno.
Ad Harar, per incarico della Società di esplorazione commerciale in Africa, della quale Pietro era socio corrispondente, i due fratelli avviarono un’attività commerciale di una certa importanza. L’emporio era il punto di ritrovo di molte carovane somale, galla e di altre popolazioni più lontane che trasportavano il caffè, di cui era ricca la regione, verso la costa, da dove veniva esportato in Europa. Dopo aver constatato i buoni risultati ottenuti, Sacconi fece arrivare dall’Italia i nipoti Vincenzo Sacconi e Giuseppe Guasconi.
Avendo saputo che Menelik stava concentrando nel territorio degli Ittu-Galla una forza di 15.000 uomini per attaccare la città di Harar, assieme a Rimbaud, al greco Costantino Righas, commerciante di caffè, e a pochi altri compagni, Sacconi decise di andare a verificare personalmente la situazione. Partito il 13 giugno 1883, raggiunse a cavallo il lago Aromoja (Alemaia), che venne fotografato, e il lago Ahdelli o Adelé, poi una bellissima prateria nella valle di Arojobota con villaggi cinti da siepi di euforbia, e infine la vallata degli Abodo Galla, ricca di praterie e caratterizzata da popolosi villaggi, i cui abitanti erano però piuttosto diffidenti e ostili nei confronti degli stranieri. Nonostante le difficoltà riuscì a raccogliere informazioni sulla fauna e la flora dei territori attraversati, ma soprattutto «colla scorta della bussola segnare un itinerario» che riteneva «abbastanza esatto, non lasciando sfuggire nulla delle variazioni che si verificano nel terreno, sul corso e importanza dei torrenti», oltre a «tenere nota delle tribù, dei loro costumi, ecc.» (L’Esploratore, VIII (1884), p. 41).
Nonostante alcuni indigeni a lui fedeli lo avessero sconsigliato dal proseguire, spinto dal desiderio di raggiungere lo Uebi Scebeli, il 6 luglio Sacconi, abbandonati gli altri compagni, decise di proseguire il suo viaggio, portando con sé «una buona provvigione di cotonate quasi tutte delle Indie, e una buona scorta di servi tutti stranieri gli uni agli altri (un persiano, un indiano, un arabo cairino, un sudanese, un danakil, un harrarino scrivano, due somali issa, e il fedele Jassin somalo della famosa tribù dei Vorsingelli)» (L’Esploratore, VII (1883), p. 313), oltre a due cani ammaestrati a segnalare le fiere.
Il 12 agosto 1883 nel villaggio di Kora Nogal, nell’alto Ogaden, la sua tenda e la zeriba di spine che aveva fatto costruire a difesa sua, delle merci, dei muli e dei servi vennero circondate da una folla di somali minacciosi e Sacconi, scambiato per una spia turca, venne trucidato assieme a quattro dei suoi servitori.
Jassin cercò invano di salvare almeno le note di viaggio di Sacconi, che invece il giudice locale incaricato di indagare sull’accaduto fece bruciare. Il 18 giugno 1886 venne affissa una lapide in sua memoria su una parete della sua casa. In una lettera ad Alfred Bardey del 26 agosto 1883 (Zaghi, 1993, p. 516), Rimbaud criticava la leggerezza, la faciloneria e l’impreparazione con cui Sacconi aveva affrontato il suo ultimo viaggio.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio della Camera di commercio, Registro Ditte, Voce XXXX; lettere di Sacconi al fratello e ai nipoti, che si trovavano ad Harar, sull’esplorazione compiuta nell’Ogaden e lettere dirette a Sacconi si conservano nell’Archivio del Museo africano in Roma (cfr. C. Filesi, L’Archivio del museo africano in Roma. Presentazione e inventario dei documenti, Roma 2001, ad ind.). Altre lettere sono state pubblicate sia su L’Esploratore, VII (1883), pp. 106 s., 156, 169-173, 308-313; ibid., VIII (1884), pp. 39-45 (postume), sia sul Bollettino della Società geografica italiana, 1883, vol. 8, pp. 791-795; vedi anche A. Rimbaud, Opere complete, a cura di A. Adam, Torino 1992, ad indicem. Un ritratto di Sacconi inviato nel 1893 da Aden dal nipote T. Sacconi si trova nell’Archivio storico della Società africana d’Italia (vedi il volume dell’inventario, relativo alle raccolte fotografiche e cartografiche, a cura di S. Palma, II, Napoli 1996, p. 176); vedi inoltre Alcune parole e frasi raccolte dalla lingua Somali dal Signor Sacco, in L’Esploratore, II (1878), pp. 105-111 (un elenco di parole e semplici detti con la traduzione italiana a fianco). Ch. Maunoir, Rapports annuels sur le progrès de la géographie, Parigi 1867-1892, pp. 713 ss.; L’esploratore P. S., in L’Esploratore, VII (1883), pp. 372-379; J. Ferrand, Mort de M. Sacconi, voyageur italien en Abyssinie, in Compte Rendu des séances de géographie de Paris et de la Commission centrale, Paris 1884, pp. 104 s.; R. Astorri, P. S., Piacenza 1886 (testo, corredato da un ritratto di Sacconi, di una conferenza tenuta il 15 maggio 1886 alla Società operaia di Borgonovo Valtidone); Qualche notizia sul viaggio di P. S. nell’Ogaden e sul suo assassinio, tolta in parte dall’interrogatorio di uno dei suoi medici per nome Jassin, in Bollettino della Società africana d’Italia, V (1886), pp. 230-237.
G. Rossi, P. S., primo europeo penetrato in Ogaden, in Strenna dell’anno, Piacenza 1936, pp. 51-64 (strenna dell’Istituto fascista di cultura); G. Rossi, Notizie biografiche sui fratelli e i nipoti Sacconi e su Guasconi, ibid., 1937, pp. 51-63; C. Cesari, Gli Italiani nella conoscenza dell’Africa (I nostri precursori coloniali), Roma 1938, pp. 220-222; C. Ballotta, P. S. nella vita e negli scritti, Piacenza 1942; G. Dainelli, Esploratori italiani in Africa, Torino 1960, pp. 552-554; A. Milanini Kemény, La Società d’esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, ad ind.; C. Zaghi, Rimbaud in Africa, Napoli 1993, ad ind.; L. Beretta, Due piacentini in Giappone nell’era Meiji (1868-1912), in Buon Natale Piacenza, Piacenza 1996, pp. 81-85; M. Bonati, P. S., in A. Umiltà, Gli Italiani in Africa, a cura di G. Barani - M. Bonati, Reggio Emilia 2006, pp. 441-447; C. Zanier, Semai setaioli italiani in Giappone (1861-1880), “interpretare e comunicare senza tradurre”, Padova 2006, ad ind.; L. Beretta, Tre esploratori piacentini: P. S., Filippo Marazzini e Cesare Calciati, in Geostorie, XV (2007), pp. 153-168; Id., P. S. e Arthur Rimbaud in Africa, in Bollettino storico piacentino, CVII (2012), pp. 227-289; A. Guyaux - A. Cervoni, Les fonds Bardey de la bibliothèque de Charleville, in Rimbaud «littéralement et dans tous les sens». Hommage à Gérard Martin et Alain Tourneux, Paris 2012, pp. 71-98.