SCOPPOLA, Pietro
– Nacque a Roma il 14 dicembre 1926 da Carlo Alberto, ingegnere comandante della Marina, e da Anna Patriarca. Era il terzo di quattro fratelli (prima di lui, Ippolito e Giovanni; dopo di lui, Luigi).
Conseguì la maturità classica presso l’istituto romano Massimo, dei padri gesuiti, e si laureò a Roma in giurisprudenza. Il 22 ottobre 1950 sposò Corinna Pellati, nata nel 1924 e morta nel 2008, dalla quale ebbe cinque figli: Carlo Maria (nato nel 1951), Francesco (nato nel 1952), Elisabetta (nata nel 1955), Benedetto (nato nel 1961), Emanuele (nato nel 1965).
Negli ultimi mesi della sua vita scrisse che, benché l’impalcatura neoscolastica trasmessagli dai gesuiti fosse crollata da tempo, la sostanza profonda della fede ricevuta era rimasta intatta: «la fede non è una dottrina, non è riducibile ad una dottrina, non sta dentro una dottrina» (Un cattolico a modo suo, 2008, p. 51). Pur vicino a diverse espressioni del mondo cattolico, descrisse se stesso come un «cattolico intellettuale»: «sinceramente cattolic[o] per formazione familiare e per scelta personale», non si riconosceva «nel dilemma semplicistico posto già negli anni del modernismo dalla cultura idealistica alla intelligenza cattolica: “chi cerca non crede e chi crede non cerca”» (La ‘nuova cristianità’ perduta, 1985, pp. 72 s.).
Vivendo a Roma, apparve evidente ai suoi occhi il ruolo svolto dalla Chiesa durante la guerra, sottolineato da Federico Chabod in L’Italia contemporanea (1918-1948) (Torino 1961, p. 125). Per Scoppola, cristianesimo e democrazia erano legati da «un reciproco condizionamento profondo ed intimo» (La democrazia nel pensiero cattolico del Novecento, 1972, p. 110). Il dissidio tra Stato e Chiesa, seppure formalmente superato dalla conciliazione del 1929, attrasse la sua attenzione fin da giovane. Si sentiva parte di una storia nazionale ancora alla ricerca del suo pieno compimento su questo terreno e si interessò fin dall’inizio all’esperienza della guida politica del Paese da parte della Democrazia cristiana (DC). Fu influenzato solo limitatamente dal dossettismo e, più tardi, espresse maggiore apprezzamento per la ‘proposta politica’ di Alcide De Gasperi. La sua formazione religiosa e culturale lo tenne lontano da posizioni integriste. Sensibile ai fermenti del cattolicesimo francese, fu attratto non tanto da Jacques Maritain, quanto da Emmanuel Mounier, fondatore della rivista Esprit. Collaborò con la rivista Adesso, diretta da don Primo Mazzolari, e partecipò a manifestazioni per la pace delle Avanguardie cristiane.
Nel 1950 vinse un concorso per funzionario del Senato e lavorò prima all’Ufficio resoconti, poi nell’Ufficio commissioni e infine in quello degli studi legislativi, di cui fu anche vicedirettore.
In quegli anni avvertì sempre più l’esigenza di recuperare la dimensione storica dei problemi e, dopo l’impatto con lo storicismo crociano, fu colpito dallo storicismo umanistico, aperto ai valori della trascendenza di Henri-Irenée Marrou. Mentre iniziavano i primi studi sulla storia del movimento cattolico – per opera di Giorgio Candeloro, Fausto Fonzi e Gabriele De Rosa – sotto l’influenza di Ettore Passerin d’Entrèves collaborò alla rivista Quaderni di storia e cultura sociale, misurandosi con il noto giudizio di Antonio Gramsci sulla storia di tale movimento quale espressione di una Chiesa ridotta a una posizione ‘di parte’ nel mondo moderno.
Nel 1957 uscì il suo primo volume, Dal neoguelfismo alla Democrazia cristiana, sintesi della storia del movimento cattolico italiano che si distacca dal tradizionale giudizio intransigente sulla Rivoluzione francese e valorizza la componente cattolico-liberale. Ispirato ad analoghi interessi è anche il suo saggio, pubblicato nello stesso anno, dedicato alla Lega democratica nazionale (poi ripubblicato con il titolo Cattolicesimo e democrazia nella vicenda della Lega democratica nazionale, in Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea, 1966, pp. 110-169), in cui accostò «per la prima volta in modo esplicito, rinnovamento religioso e adesione ai valori democratici» (Introduzione a Democrazia e cultura religiosa, 2002, p. 6).
Fu il primo in Italia a occuparsi di modernismo sul piano storico.
Il suo interesse si concentrò soprattutto sugli aspetti religiosi e culturali, lasciando ai margini le questioni teologiche e politiche. La ricerca di un nucleo comune al cattolicesimo liberale e all’esperienza modernista ispirò Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, pubblicato nel 1961 da Il Mulino, collocato da Giorgio Spini (1970) all’inizio di una nuova stagione di studi storico-religiosi in Italia, dopo quella di Francesco Ruffini, Alfonso Omodeo, Arturo Carlo Jemolo, «che avevano rivendicato efficacemente il valore del momento etico-religioso nella formazione dell’Italia moderna», e dopo la stagione che aveva invece privilegiato «il momento organizzativo ed attivistico […] più di quello della incidenza sulla vita religiosa o intellettuale» (pp. 1249 ss.). Il suo interesse in questo senso appare confermato dal libro successivo, la raccolta di saggi intitolata Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea (1966).
Tale interesse fu certamente stimolato dal Concilio Vaticano II (1962-65), evento che Scoppola visse con grande intensità e che certamente molto influenzò la sua vita. «Il Vaticano II» – scrisse successivamente – «ha in qualche misura “liberato” la DC dalla tutela della gerarchia cattolica. Ma ha liberato anche il mondo cattolico, nelle sue scelte politiche, dalla DC e ha creato le premesse della crisi della DC» (La democrazia dei cristiani, 2005, p. 132). Al convegno di Lucca su I cattolici nei tempi nuovi della cristianità del 1967, tuttavia, prese le distanze da una nascente ‘opposizione cattolica’ alla DC motivata dalle novità del Vaticano II. Con lo stesso spirito si oppose alle spinte per l’abrogazione del concordato che cominciavano a diffondersi anche in alcuni settori del mondo cattolico. Era convinto che si stesse affermando un nuovo atteggiamento con cui la Chiesa stessa si poneva quale garante della laicità dello Stato sulla base di motivazioni non politiche ma religiose. In questo clima propose una reinterpretazione della storia dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia che ribaltava la tradizionale contrapposizione fra laicisti e clericali. È la tesi che ispira l’antologia pubblicata nel 1967: Chiesa e Stato nella storia d’Italia. Storia documentaria dall’Unità alla Repubblica.
Dopo aver vinto la libera docenza nel 1964, fu ‘ternato’ nel concorso di storia della Chiesa bandito dall’Università di Bologna nel 1967 e chiamato a insegnare tale materia, insieme a storia contemporanea, nell’allora appena costituito Istituto superiore di scienze sociali di Trento. Dopo una breve esperienza all’Università di Lecce, l’insegnamento a Trento si interruppe presto, anche perché le sue lezioni furono ostacolate dalla contestazione studentesca. Dal 1969-70, tuttavia, ebbe un incarico di storia dei rapporti tra Stato e Chiesa presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Roma. Suo assistente era allora Camillo Brezzi.
Nelle sue lezioni «combina[va] spunti critici e argomenti del presente con i fili del lungo periodo sottesi al metodo storico», ha osservato Umberto Gentiloni Silveri (P. Scoppola, Lezioni sul Novecento, 2010, p. V). Tra i seminari da lui promossi, particolarmente riuscito fu quello sulla laicità collegato al corso del 1971-72.
Nel 1973 rientrò definitivamente nel ruolo di professore universitario – sulla cattedra di storia contemporanea della facoltà di magistero di Roma – lasciando il Senato e, dal 1974 al 1977, affiancando all’insegnamento la direzione della rivista Il Mulino.
Nel 1971 era uscito La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, antologia di documenti in cui si analizza il ruolo svolto dalla Chiesa a sostegno del regime e, nel 1972, il già citato saggio La democrazia nel pensiero cattolico del Novecento, che mette in luce i limiti di un’adesione strumentale alla democrazia a lungo prevalente tra i cattolici. In quegli anni Scoppola si misurò criticamente con la tesi della continuità tra fascismo e postfascismo, che gli appariva riduttiva della novità rappresentata dai cattolici nel secondo dopoguerra e, più in generale, della rilevanza della loro fede religiosa rispetto ad altre dinamiche storiche. Tale confronto è presente nel volume curato nel 1975 insieme a Francesco Traniello, I cattolici tra fascismo e democrazia, e in numerosi interventi di quegli anni sulla Resistenza e la Costituente.
In La proposta politica di De Gasperi, del 1977, mise pienamente in luce la discontinuità, nel passaggio dal fascismo alla democrazia, promossa dallo statista democristiano portando l’insieme dei cattolici su posizioni democratiche. Qui sottolinea l’immagine di De Gasperi come ‘uomo solo’, cui si collega anche la ‘storia segreta’ dei rapporti tra questi e il Vaticano, ovvero i problemi tra il leader della DC e l’autorità ecclesiastica, su cui ha poi gettato luce Andrea Riccardi facendo emergere la realtà del ‘partito romano‘ e ricostruendo i rapporti fra De Gasperi e Pio XII. In quest’ottica, la scelta degasperiana di collaborare con le forze antifasciste nel Comitato di liberazione nazionale prima, e con i socialisti e i comunisti nel governo poi, appare radicata in convinzioni profonde sul rapporto tra cristianesimo e democrazia.
Nel febbraio del 1974 Scoppola fu tra i promotori di un Appello dei cattolici democratici per il No al referendum sul divorzio (cfr. Brezzi, 2015, pp. 145-160). Quell’esperienza segnò l‘inizio di un impegno politico sui generis, che caratterizzò tutta la sua parabola successiva. Mentre in Italia esplodeva la ‘questione cattolica’, Scoppola avviava con altri un’iniziativa per rilanciare il cattolicesimo democratico e per sollecitare un profondo rinnovamento della DC. Nel 1975 fu tra i promotori della Lega democratica con Achille Ardigò, Beniamino Andreatta, Paolo Prodi e altri, mentre nel 1976 il suo nome comparve in un gruppo di possibili candidati indipendenti nelle liste DC (cfr. L. Biondi, La Lega democratica, in Democrazia, impegno civile..., a cura di C. Brezzi - U. Gentiloni Silveri, 2015, p. 167). L’operazione non si realizzò, mentre altri cattolici ‘del No’ si candidavano come indipendenti nelle liste del Partito comunista italiano, una scelta che Scoppola non condivise.
Fra il 1976 e il 1978 seguì con partecipazione la politica di solidarietà nazionale, intrattenendo un rapporto personale con Benigno Zaccagnini e attribuendo ad Aldo Moro una volontà di collaborazione con i comunisti che in seguito, invece, ridimensionò sulla base di un’attenta analisi storica. Partecipò inoltre alla preparazione del primo convegno nazionale della Chiesa in Italia, organizzato dalla Conferenza episcopale italiana a Roma, su Evangelizzazione e promozione umana (30 ottobre-4 novembre 1976), inserendo nel documento base la prospettiva dell’Italia come Paese da evangelizzare.
Dopo aver vissuto con grande sofferenza il rapimento e l’assassinio di Moro (16 marzo-9 maggio 1978) – prese posizione per la linea della fermezza –, proseguì il suo impegno storiografico mettendo a fuoco il rapporto tra Assemblea costituente e ‘storia comune’ dell’Italia repubblicana, animata dai grandi partiti di massa malgrado forti contrapposizioni ideologiche.
Di quegli anni sono pure alcuni interventi sulla nascita della DC e sul centrismo, in cui sviluppò il motivo della ‘convergenza al centro’, dal ‘connubio’ cavouriano all’età repubblicana.
Nel referendum della primavera del 1981 prese posizione contro l’aborto. Con l’‘Assemblea degli esterni’ di quell’anno, il suo sforzo di rinnovamento della DC sembrò raggiungere un risultato importante, ma gli effetti di tale iniziativa furono limitati. All’inizio degli anni Ottanta cominciò a confrontarsi con la convinzione che «la presenza dei cattolici nella vita italiana, sia sul terreno culturale che civile e propriamente politico, non [si ispirasse più] ad alcun disegno», con la fine – dopo la morte di Paolo VI (6 agosto1978) – del ‘progetto storico’ elaborato dai cattolici europei tra le due guerre e diffuso nel secondo dopoguerra con l’affermazione dei partiti democratico-cristiani in Europa (cfr. Il progetto degli anni ’30..., 1982, pp. 73-109).
Intorno all’ipotesi di un nuovo ‘progetto storico’ per i cattolici italiani Scoppola iniziò un confronto con personalità ecclesiastiche come i cardinali Camillo Ruini e Carlo Maria Martini e con gruppi cattolici come Comunione e liberazione e Azione cattolica. Si iscrive in tale confronto il volume La ‘nuova cristianità’ perduta, pubblicato nel 1985 alla vigilia del secondo convegno nazionale della Chiesa in Italia. Ormai convinto dell’insufficienza dell’azione svolta dai partiti di massa e della necessità di un mutamento politico-istituzionale, nel 1983 si candidò insieme ad altri intellettuali come indipendente nelle liste della DC. Eletto senatore nella IX legislatura, partecipò attivamente ai lavori della commissione parlamentare per le riforme costituzionali (la commissione Bozzi) che tuttavia non raggiunse risultati condivisi (1983-85).
La caduta del muro di Berlino (1989) e la crisi della politica italiana ispirarono La repubblica dei partiti, pubblicato nel 1991, che non solo sintetizza efficacemente la storia dell’Italia repubblicana, ma affronta anche il problema storico della democrazia italiana, nata necessariamente come una democrazia dei partiti, rivelatasi insufficiente e giunta a una crisi irreversibile. L’opera fu scritta prima del collasso del sistema politico italiano, ma esprime già la chiara percezione che un intero ciclo storico si era ormai concluso. In quel periodo Scoppola fu personalmente coinvolto nel movimento referendario per la riforma elettorale.
A partire dal 1995 sostenne l’esperienza dell’Ulivo e nel 1996 fece parte dei ‘comitati Prodi’; nel 1999 non aderì ai Democratici. Sul piano culturale, in quegli anni si confrontò con il dibattito sull’identità nazionale, collegato a un atteggiamento ‘revisionistico’ nei confronti dell’antifascismo e della Resistenza. Sensibile alla necessità di un più forte senso di comunità nazionale, pubblicò 25 aprile. Liberazione (1995) riaffermando l’importanza di quel riferimento. Sempre nell’ottica di una storia comune quale antidoto all’imbarbarimento del quadro culturale e politico e ‘coscienza di una corresponsabilità’ si colloca anche La Costituzione contesa del 1998. Nel 1997 era uscita la seconda edizione di La repubblica dei partiti, in cui Scoppola corresse i giudizi più drastici e attenuò la valutazione positiva del nuovo corso maggioritario. Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila intensificò la sua collaborazione a la Repubblica (molti suoi articoli confluirono in La coscienza e il potere, 2007).
Tra le battaglie politico-culturali da lui condotte negli anni del berlusconismo, si segnala quella contro l’uso strumentale della fede religiosa da parte della Lega Nord, che secondo lui pretendeva di ergersi a difensore dell’identità cattolica. Di analogo segno fu quella contro gli «atei devoti», di cui denunciò nel 2004 il tentativo di «servirsi del cristianesimo, del cattolicesimo e della Chiesa in campo politico come elemento di identità di fronte alla minaccia del terrorismo ispirato al fondamentalismo islamico» (ibid., pp. 197-201).
Nel 2005 sviluppò inoltre una sofferta polemica nei confronti del cardinale Ruini, per l’impostazione politica di una battaglia sulla fecondazione assistita di cui pure condivideva i presupposti morali. Costante fu la sua opposizione a una pratica di rapporti tra Chiesa e Stato basata su uno scambio di interessi, tradizionalmente indicata con il termine gentilonismo. In quegli anni aderì al progetto della Margherita, si impegnò nella Rete dei cittadini per l’Ulivo e fu tra i principali ispiratori dei documenti fondativi del Partito democratico, che sarebbe nato pochi giorni dopo la sua scomparsa. Fu anche membro della commissione nazionale dell’UNESCO.
Nel 2005, con La democrazia dei cristiani, tornò sul tema per lui cruciale dei rapporti tra cristianesimo e democrazia, riconsiderando i presupposti spirituali dell’impegno politico dei credenti. Dopo la politica dei cattolici, per Scoppola bisognava guardare alla ‘democrazia dei cristiani’, che coincide con la democrazia di tutti senza che ciò implichi la scomparsa della differenza cristiana. Nel suo ultimo libro, uscito postumo, tornò sui temi della fede e della laicità, mettendo in luce una coincidenza tra il credente e il laico da lui vissuta personalmente. In Un cattolico a modo suo scrisse che «gli spazi del credere e del non credere sono gli spazi comuni [...] della condizione umana» e che, nel credente, «il senso forte della soggettività, dell’interiorità dell’esperienza religiosa» si unisce sempre al «senso della comunità» (p. 48). Del laico scrisse invece che «è colui per il quale le cose ci sono nella loro propria identità» e aggiunse che «essere laici significa sentirsi partecipi di una comune umanità» (pp. 92 s.). In questo libro, scritto quando era già gravemente malato e che gli costò molta fatica, Scoppola da un lato riepilogò la lunga ricerca della sua vita e, dall’altro, lasciò un testamento spirituale e culturale.
Fu membro della Giunta centrale di studi storici dal 1997 fino alla morte, avvenuta a Roma il 25 ottobre 2007.
Opere. Il modernismo politico in Italia: la Lega democratica nazionale, in Rivista storica italiana, LXIX (1957), 1, pp. 69-109; Dal neoguelfismo alla Democrazia cristiana, Roma 1957; Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna 1961; Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea, Bologna 1966; Chiesa e Stato nella storia d’Italia. Storia documentaria dall’Unità alla Repubblica, Bari 1967 (curatela); La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, Bari 1971; La democrazia nel pensiero cattolico del Novecento, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, VI, Torino 1972, pp. 109-190; I cattolici tra fascismo e democrazia, Bologna 1975 (curatela con F. Traniello); La proposta politica di De Gasperi, Bologna 1977; Gli anni della Costituente fra politica e storia, Bologna 1980; Il progetto degli anni ’30 fra realizzazioni e contraddizioni nel secondo dopoguerra, in L’idea di un progetto storico. Dagli anni ’30 agli anni ’80, presentazione di R. Pietrobelli, Roma 1982; La ‘nuova cristianità’ perduta, Roma 1985; La repubblica dei partiti. Profilo storico della democrazia in Italia (1945-1996), Bologna 1991; 25 aprile. Liberazione, Torino 1995; La Costituzione contesa, Torino 1998; La democrazia dei cristiani, Roma-Bari 2005; La coscienza e il potere, Roma-Bari 2007; Un cattolico a modo suo, Brescia 2008; Lezioni sul Novecento, a cura di U. Gentiloni Silveri, Roma-Bari 2010. Per la bibliografia di Scoppola, vedi U. Gentiloni Silveri, Bibliografia degli scritti di P. S., in Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di P. S., a cura di C. Brezzi et al., Bologna 2002, pp. 513-540.
Fonti e Bibl.: Il Fondo Pietro Scoppola è conservato a Roma, presso l’Istituto Luigi Sturzo, di cui fu membro del Consiglio di amministrazione dal 1996 al 2007.
G. Spini, Studi storico-religiosi sui secoli XVIII-XX, in La storiografia italiana negli ultimi venti anni, II, Milano 1970, ad ind.; Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di P. S., a cura di C. Brezzi et al., Bologna 2002; I. Ariemma, Un grande riformatore tra coscienza cristiana e impegno civile, in P. Scoppola, La democrazia dei cittadini, a cura di I. Ariemma, Roma 2009, pp. 13-37; A. Giovagnoli, Chiesa e democrazia. La lezione di P. S., Bologna 2011; C. Brezzi, La stagione del divorzio, in Democrazia, impegno civile, cultura religiosa, a cura di C. Brezzi - U. Gentiloni Silveri, Bologna 2015, ad indicem.