SECCHIA, Pietro
SECCHIA, Pietro. – Nacque a Occhieppo Superiore, un piccolo centro vicino a Biella, il 19 dicembre 1903, primo di due figli. La sua era una famiglia umile: il padre, Giovanni Battista, era un contadino, mentre la madre, Maria Negro, un’operaia tessile.
Da ragazzo mostrò subito buone capacità intellettuali: frequentò infatti le scuole fino al ginnasio, che però dovette abbandonare quando il padre venne richiamato al fronte. Fu proprio la prima guerra mondiale a sconvolgere la sua vita: con il padre assente, la famiglia viveva in una povertà estrema, con la madre costretta a lavorare così tanto da ammalarsi fino a morire.
Entrato giovanissimo in fabbrica come impiegato, venne presto a contatto con il mondo operaio, aderendo gradualmente alle idee socialiste. Nel 1919 si iscrisse alla federazione giovanile del Partito socialista italiano, iniziando un’intensa militanza che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Fondatore di diversi circoli operai nel Biellese, collaboratore di periodici destinati alla gioventù socialista, partecipò al movimento di occupazione delle fabbriche, ‘guadagnandosi’ il licenziamento. Mosso da una profonda irrequietezza rivoluzionaria, nel 1921 aderì al Partito comunista d’Italia (PCd’I). Militante e poi dirigente attivissimo, venne arrestato una prima volta nel 1923 per detenzione di munizioni da pistola. Un nuovo arresto, nel 1925, lo colpì invece per aver distribuito dei volantini contro il fascismo. In questo periodo alternò libertà e carcere in una crescente attività di organizzatore antifascista.
Dopo il 1926 la sua militanza subì una rapida accelerazione: si trattava di un’attività febbrile che lo portava a girare per tutta l’Italia nel tentativo di tenere insieme i tasselli del partito, costretto dalle leggi eccezionali alla clandestinità.
In questi anni, insieme ad altri dirigenti della Federazione giovanile comunista italiana (FGCI), fra cui Luigi Longo, condusse una battaglia all’interno del PCd’I sostenendo la necessità di intensificare l’attività antifascista in Italia come risposta alla sempre crescente durezza del regime. Come responsabile dell’organizzazione del partito fu uno dei più attivi sostenitori e attuatori della ‘svolta’ del 1929-30, ossia del nuovo corso impresso dall’Internazionale comunista, fondato su una ripresa dell’attività antifascista in Italia. Con Longo e con gli altri dirigenti della FGCI sosteneva infatti che di fronte all’aumento della repressione fascista i comunisti avrebbero dovuto aumentare la presenza in Italia, mentre nel partito si sosteneva il contrario. Soltanto con l’intervento dell’Internazionale la posizione di Secchia riuscì a imporsi. Egli avrebbe rivendicato anche in futuro la validità di questa scelta che, sebbene fosse costata decine di arresti ai militanti italiani, consentì al PCd’I di essere l’unico partito presente (anche se non lungo tutta la durata della dittatura) nella lotta antifascista in Italia.
Arrestato nel 1931 a Torino, venne condannato a 17 anni e 9 mesi di reclusione. Si trattò di un periodo lungo, trascorso fra carcere e confino, senza però dimenticare la politica. Furono anni di studio e di riflessione, ma anche anni in cui si consolidò la sua identità di rivoluzionario professionale. Liberato nell’agosto del 1943, riprese immediatamente la sua attività diventando uno dei principali organizzatori delle brigate Garibaldi e rivestendo, con Longo, un ruolo di primissimo piano nella Resistenza. Fu proprio durante la Resistenza che mise a punto la sua tecnica di organizzatore. In un Paese allo sbando, con il Partito comunista ridotto a pochissimi membri, cercò di costruire un modello organizzativo in cui gli aspetti di spontaneità, inevitabili in un movimento come quello partigiano, fossero incanalati in un unico bacino politico in cui l’egemonia del Partito comunista italiano (PCI) riuscì a crescere proporzionalmente alla sua capacità di organizzare la guerra di liberazione nazionale.
All’indomani della Liberazione venne chiamato a Roma per ricoprire il ruolo di responsabile dell’organizzazione del PCI, di cui poi diventò anche vicesegretario. Frustrato da quella che gli parve subito come un’archiviazione dello slancio riformatore della Resistenza, si impegnò nel radicamento del PCI sul territorio nazionale. Sostenitore non già di una linea alternativa a quella di Palmiro Togliatti, ma di un modo più radicale di condurre la lotta politica, godette nel partito di un notevole seguito, in particolare in momenti cruciali come l’attentato a Togliatti o la battaglia contro la ‘legge truffa’.
Secchia in quel periodo era molto influente all’interno del PCI; il suo ruolo di vicesegretario e responsabile dell’organizzazione gli consentiva un controllo capillare della struttura del partito. Non è azzardato affermare che questo suo potere abbia potuto impensierire quanti, all’interno del partito, percepivano come un pericolo il suo crescente malcontento per la linea politica. A partire dalla battaglia contro la ‘legge truffa’, nascose sempre di meno la sua insofferenza per una linea che riteneva giusta negli obiettivi, ma sbagliata nei metodi: non celò mai la sua preferenza per un metodo di lotta più movimentista e meno appiattito sulle istituzioni. Sebbene non si oppose mai direttamente alla segreteria di Togliatti, non ne condivise i metodi, come appare chiaramente dai suoi appunti autobiografici raccolti nel volume Archivio Pietro Secchia 1945-1973 (a cura di E. Collotti, 1978).
Il potere di Secchia si sgretolò di colpo quando venne estromesso dal gruppo dirigente del PCI e isolato, dopo la fuga (1954) del suo più stretto collaboratore, Giulio Seniga, con un’ingente somma di denaro del partito e con documenti riservati. Si trattò di un dramma enorme per Secchia. Tutto il suo operato venne messo in discussione dagli altri dirigenti del partito, la sua vita personale fu scandagliata nei minimi dettagli e non mancarono i pettegolezzi su una sua presunta relazione sentimentale con Seniga. Dopo essere stato costretto a una pubblica autocritica, venne inviato come segretario regionale in Lombardia, per poi essere spostato a occuparsi degli Editori Riuniti e, infine, incaricato di interessarsi soltanto all’attività dei gruppi parlamentari del PCI (Secchia fu consultore e costituente e poi venne ininterrottamente rieletto in Senato, di cui fu anche vicepresidente, dalla I alla VI legislatura). La sua estromissione da incarichi di responsabilità, pur se avvenne a causa del ‘caso Seniga’, in realtà si inserì nel processo di destalinizzazione del PCI che seguì alla morte di Stalin e che si intensificò dopo il XX congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica (PCUS).
L’ultimo ventennio della vita di Secchia fu caratterizzato da una profonda depressione e da una crescente ossessione nei confronti di chi aveva prodotto la sua emarginazione: da un lato Seniga, dal quale si sentì tradito sul piano personale, e dall’altro i dirigenti vicini a Togliatti, che percepì sempre di più come opportunisti. L’unico strumento di azione politico-culturale che fu in grado di ricavarsi nell’ultimo tratto della sua vita, fu la scrittura. Non senza l’intento di provare a inserirsi nel dibattito del PCI attraverso il lavoro storiografico, pubblicò alcuni importanti volumi sulla storia dei comunisti italiani durante il fascismo e la Resistenza. Attraverso questi saggi, in cui larghissimo spazio venne dato ai documenti ufficiali, tentò di mettere in luce l’importanza del ruolo suo e di chi era stato vicino alle sue posizioni nella fase più dura della storia del PCI. Si trattò di un lavoro storiografico che aprì una stagione di ricostruzioni autobiografiche da parte degli altri dirigenti del partito, che, talvolta non senza polemiche, si sentirono in dovere di rispondere ai volumi di Secchia.
Negli ultimi anni della sua vita non si limitò però all’attività storiografica: cercò sempre il contatto diretto con la politica e non soltanto attraverso la sua dimensione istituzionale. Significativa è l’attenzione che rivolse al movimento del Sessantotto, scrivendo di esso, incontrando gli studenti, partecipando a loro iniziative, anche in polemica con gli atteggiamenti di chiusura di alcune componenti del PCI. Proprio in ragione della simpatia che mostrò nei confronti del movimento studentesco, si è fatta largo, in particolare a causa di un fortunato libro di Miriam Mafai (1984), l’idea che Secchia potesse avere subito la fascinazione per idee che riprendevano il concetto di lotta armata in chiave antisistemica e terroristica. In realtà, si tratta di congetture che non hanno alcun riscontro.
Un’altra attività alla quale si dedicò negli ultimi anni furono i viaggi: si recò, spesso in delegazione ufficiale, in numerosi Paesi extraeuropei. Fu proprio dopo essersi recato in Cile, poco prima del golpe contro Salvador Allende, che si presentarono i sintomi di una malattia epatica (Secchia ritenne sempre di essere stato avvelenato dalla CIA, Central Intelligence Agency, ma senza prove concrete) che lo condusse alla morte il 7 luglio 1973.
Opere. I comunisti e l’insurrezione. 1943-1945, Roma 1954; Il Monte Rosa è sceso a Milano. La Resistenza nel biellese, nella Valsesia e nella Valdossola, Torino 1958 (con C. Moscatelli); Capitalismo e classe operaia nel centro laniero d’Italia, Roma 1960; La Resistenza e gli alleati, Milano 1962 (con F. Frassati); Aldo dice: 26 × 1. Cronistoria del 25 aprile 1945, Milano 1963; Storia della Resistenza. La guerra di liberazione in Italia (1943-1945), I-II, Roma 1965 (con F. Frassati); L’azione svolta dal Partito comunista in Italia durante il fascismo 1926-1932. Ricordi, documenti inediti e testimonianze, in Annali dell’Istituto Giangiacomo Feltrinelli, XI (1969); Le armi del fascismo 1921-1971, Milano 1971; Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945. Ricordi, documenti inediti e testimonianze, in Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, XIII (1971); Lotta antifascista e giovani generazioni, Milano 1973; La Resistenza accusa 1945-1973, Milano 1973; Chi sono i comunisti. Partito e masse nella vita nazionale 1948-1970, a cura e con prefazione di A. Donini, Milano 1977; I quadri e le masse 1947-1949, a cura e con introduzione di F. Dubla, Napoli 1996; Il partito, le masse e l’assalto al cielo. Scritti scelti di Pietro Secchia, a cura di M. Graziosi, Napoli 2006. Ha inoltre diretto, con E. Nizza, i primi due volumi dell’Enciclopedia dell’antifascismo e della resistenza, Milano 1968, 1971.
Fonti e Bibl.: Le carte di Pietro Secchia sono depositate presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano. Un’ampia antologia dei suoi documenti è in Archivio Pietro Secchia 1945-1973, a cura di E. Collotti, in Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, XIX (1978). Altri documenti sono nell’Archivio del Partito comunista italiano presso la Fondazione Istituto Gramsci di Roma e presso l’Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale e Tribunale speciale per la difesa dello Stato, fascicoli personali.
E. Collotti, S. P., in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, IV, O-S, Roma 1978, pp. 596-604; M. Mafai, L’uomo che sognava la lotta armata. La storia di S. P., Milano 1984; S. Bellassai, S. P., in Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, diretta da A. Agosti, Roma 2000, pp. 286 s.; G. Petrillo, Da una svolta all’altra. Luigi Longo, P. S. e Giorgio Amendola fra autobiografia, storia di partito e storia nazionale, in l’Impegno, XXI (2001), 1, pp. 1-16; M. Albeltaro, Le rivoluzioni non cadono dal cielo. P. S., una vita di parte, Roma-Bari 2014. Per la sua attività nelle istituzioni parlamentari si veda: http://storia.camera.it/deputato/pietro-secchia-19031219 e http://www.senato.it/leg/01/ BGT/Schede/Attsen/00009433.htm.