STEFANESCHI, Pietro
– Nacque quasi certamente a Roma prima del 1218, anno nel quale suo padre, Stefano di Rainerio, risulta ormai defunto, e da una donna di nome Ninfa. Può senza dubbio definirsi come il principale esponente laico del casato romano degli Stefaneschi, che tanto poi prosperò nella curia e all’ombra della curia. Le fonti lo appellano, via via, dominus, nobilis vir, proconsul Romanorum e miles.
Non si sa nulla dei suoi primi anni, sino al 1242 quando fu membro del consiglio comunale capitolino, e al 1246 circa quando sposò Perna Orsini figlia di Gentile e sorella del potente cardinale Matteo Rosso Orsini (Iacopus Caietanus de Stefaneschis, Opus metricum, a cura di F.X. Seppelt, 1921, pp. 6, 30), che il figlio Giacomo Gaetano definisce «caritate pia, sanctitate precipua», ricordando anche che, al contrario del marito, morì ancora in giovane età, anteriormente al 1279. Fu proprio questo matrimonio che, sancendo una duratura alleanza con gli Orsini, permise agli Stefaneschi di raggiungere il vertice dell’aristocrazia romana dei secoli XIII e XIV.
L’unione di Pietro e Perna può considerarsi come un esempio precoce dell’attrazione di un gruppo familiare, gli Stefaneschi appunto, nell’orbita del casato Orsini, allora in netta crescita.
Dopo la morte di Perna, Pietro contrasse un nuovo matrimonio, ma ignoriamo il nome della seconda moglie. Ebbe almeno otto figli, sei maschi (Giacomo Gaetano, Stefano, Bertoldo, Giovanni, Paolo e Gentile) e due femmine (di cui si conosce solo il nome di una, Costanza).
La sua carriera pubblica iniziò forse all’incirca in coincidenza con il primo matrimonio: il 1° dicembre 1247 Innocenzo IV scrisse al podestà di Viterbo affinché fossero restituiti a Stefaneschi alcuni cavalli che gli erano stati rubati da cittadini viterbesi, ma non si hanno altri particolari al riguardo. Segue nelle fonti un lungo silenzio sino al 1267. Nel novembre di quell’anno Stefaneschi, con i principali esponenti del guelfismo romano (Napoleone e Matteo Orsini, Angelo Malabranca, Riccardo di Pietro Annibaldi e Giovanni Savelli), fu invitato in Campidoglio dal senatore di Roma Enrico di Castiglia (fratello del re Alfonso, fedelissimo degli Svevi) e imprigionato. Clemente IV protestò, ma nella delicata situazione politica non prese provvedimenti contro il senatore. A differenza di altri (deportati in vari luoghi e liberati solo dopo la sconfitta di Tagliacozzo, 23 agosto 1268), Stefaneschi fu peraltro rilasciato abbastanza sollecitamente. Negli anni successivi fu forse impegnato in mansioni amministrative da parte del Comune di Roma, dal quale reclamò nel 1271 la restituzione di 1500 lire, rivolgendosi al senatore in carica (Carlo I d’Angiò).
Tra gli anni Settanta e Ottanta Stefaneschi percorse una discreta carriera da podestà itinerante: fu a Orvieto nel 1279, a Firenze nel 1280, in Romagna come rettore (comes Romandiole) dal 1286 al 1288.
Secondo il Chronicon di Pietro Cantinelli, tentò con scarso successo e suscitando malcontenti (e alleanze contro di lui, ad esempio tra Faenza e Forlì), di assoggettare i signori di Romagna. L’esercito da lui comandato (nel quale militava anche uno dei suoi figli) sconfisse i Malatesta tra Cervia e Rimini; successivamente trattò la pace con gli stessi Malatesta e con i forlivesi e i faentini. Peraltro, molti anni dopo (1294) le sentenze da lui emanate in qualità di rettore provinciale furono annullate perché, a quanto pare, quando le aveva pronunziate egli era scomunicato.
Stefaneschi fu poi senatore di Roma nel 1293-94, nel 1299 e nel 1302.
Ognuno dei tre mandati fu segnato da vicende di un certo rilievo politico. Nel 1294, in coppia con Ottone Sant’Eustachio, concesse a Orso di Matteo di Orso Orsini il diritto di rappresaglia nei confronti degli abitanti di Fermo, Recanati, Osimo e Ancona fino al recupero di 1500 marche d’argento. Nel 1299, essendo in carica con Andrea Normanni, intervenne a favore del Comune di Corneto, reo di non aver conferito grano per l’annona di Roma, e come ricordava un’epigrafe perduta inaugurò nell’Urbe la loggia del palazzo senatorio, destinata probabilmente a luogo dove si amministrava la giustizia. Nel 1302 fu presto rimosso dalla carica per volere di Bonifacio VIII («pater domini Jacobi Gayetani cardinalis fuit turpiter remotus a senatu»: H. Finke, Aus den Tagen..., 1902, p. XLVII). Si trattò di una rappresaglia contro Stefaneschi e i suoi vassalli di Monterosi (sulla Cassia-Francigena), che avevano sequestrato illegalmente beni appartenenti agli ambasciatori di Arezzo in viaggio verso Roma.
Stefaneschi morì tra il 1302 e il 1308, molto vecchio, «etatis gravis», «senecta» (in luogo di senectus da senecta aetas), come ricorda nell’Opus metricum il figlio cardinale Giacomo, che ne esalta le qualità militari e le virtù morali: «miles laudatus», «... tam armorum strenuitate quam iustitie rectitudine quam et propinquorum amicorumque constanti dilectione clare notus» (Opus metricum, cit., pp. 6, 30).
Dal testamento del cardinale Giacomo Savelli (futuro Onorio IV) nel 1279 risulta che Pietro, a nome di una sua non meglio specificata nuora, possedeva metà del castrum di Cersano o Vezzano, non lontano dall’attuale Ponzano Romano.
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