CACCIARI, Pietro Tommaso (al secolo Petronio Cesare)
Nato a Bologna da Stefano e da Francesca Franzoni il 5 ott. 1693, entrò nel convento di S. Maria delle Grazie, vestendo l'abito dei carmelitani; il 24 nov. 1709 professò i voti nel convento di Massa Lombarda. Terminati gli studi, il C. fu lettore di teologia a Bologna per parecchi anni, durante i quali cominciò ad approfondire la sua conoscenza della storia ecclesiastica: ebbe allora anche contatti con l'ambiente erudito fiorentino e in particolare con G. G. Bottari. Trasferito a Roma, probabilmente intorno al 1730, forse per mezzo dello stesso Bottari ebbe la protezione dei Corsini e in particolare di Clemente XII, che lo nominò esaminatore del clero romano e gli affidò la cattedra di teologia polemica al collegio urbano di Propaganda Fide. Frattanto anche all'interno dell'Ordine carmelitano otteneva notevoli riconoscimenti: al capitolo generale del novembre 1731 il C. partecipava con la carica di provinciale d'Irlanda; fu quindi definitore generale nei trienni 1735-38 e 1741-44; socio del padre generale e segretario generale per l'Italia nel triennio 1747-50; fu ancora definitore generale nel triennio 1753-56.
La sua attività di storico ecclesiastico e di controversista è racchiusa in un periodo di tempo limitato, sotto il pontificato di Benedetto XIV. Il C. pubblicò un'edizione della Storia di Eusebio di Cesarea messa a confronto con la storia ecclesiastica di Rufino d'Aquileia (Ecclesiasticae historiae Eusebii Pamphili libri novem, Ruffino Aquilejensi interprete, ac duo ipsius Ruffini libri…, Romae 1740), alla quale seguì un secondo volume (Tomussecundus cuius in posteriore accedit Historica Dissertatio de vita, fide ac Eusebiana ipsa Ruffini translatione…, Romae 1741), in cui sosteneva che Rufino aveva tradotto con fedeltà la Storia di Eusebio, senza rilevanti alterazioni: una tesi che apparve subito insostenibile negli ambienti eruditi, tanto è vero che fu confutata puntualmente dal Tartarotti (De versione Rufiniana historiae ecclesiasticae Eusebii Caesariensis dissertatio, in qua Valesianae interpretationis dignitas, et praestantia vindicatur, Tridenti 1748). Frattanto il C. già da diversi anni preparava una nuova edizione delle opere di s. Leone Magno: l'incarico gli era stato affidato, insieme con il padre Bandiera, da Clemente XII, ma la difficoltà dell'impresa l'aveva più volte costretto a sospendere le sue ricerche, tanto che negli ambienti di Curia si pensava che tale edizione non avrebbe mai visto la luce. Perciò Benedetto XIV nel 1748 ne dette un nuovo incarico a Pietro Ballerini, benché il C., interpellato, si rifiutasse di consegnare il materiale già raccolto, riservandosi. di utilizzarlo. Nel 1751 egli ruppe finalmente il silenzio pubblicando le Exercitationes in universa s. Leonis Magni Opera pertinentes ad historias heaeresum Manichaeorum, Priscillianistarum, Pelagianorum, atque Eutychianorum, quas summo studio et labore ss. Pontifex evertit, atque damnavit, in sex libros distributae et dicatae ss. Patri Benedicto XIV P. M.(Romae).
Queste esercitazioni costituiscono in sostanza la parte più valida dell'opera del C., tanto è vero che il Migne le ripubblicò in appendice alla ristampa degli Opera di Leone Magno nell'edizione balleriniana (II, Lutetiae Parisiorum 1865, coll. 769-1324). Esse hanno come intento evidente (e ciò non mancava di suscitare interesse ancora alla vigilia del concilio Vaticano I) la difesa del primato papale contro le negazioni del Quesnel e del Bossuet, che scorgevano in alcune affermazioni di Leone I il riconoscimento della superiorità del concilio sul papa. èanche significativo che non furono avari di consigli e di aiuto materiale per permettere al C. questa sortita antigallicana il Bottari e il Mamachi (il quale ultimo segnalò al carmelitano la necessità di confutare l'Histoire critique de Manichée et du manichéisme, Amsterdam 1734-39, di Isacco Beausobre), due dei più validi difensori della scuola agostiniana. Del resto, il C. stesso, nel quarto libro, dedicato al pelagianismo, preferisce trattare molto brevemente l'argomento rimandando all'Historiapelagiana del Noris.
I Ballerini vennero a sapere dell'uscita di quest'opera poco prima che essa fosse pubblicata e si rivolsero a Benedetto XIV: temevano infatti che l'opera del C., essendo stampata a Roma, acquistasse un carattere di ufficialità, svalorizzando la loro edizione. Ma il papa rispose a P. Ballerini il 2 ott. 1751: "Non abbiamo lasciato d'avvertire il P.re Maestro del Sacro Palazzo, che tenga gli occhi aperti prima di dar licenza dell'edizione, non avendo Noi concetto dell'Autore, e sapendo ch'ella era molto avanzata nella sua Opera. Il sopradetto P.re Maestro, essendo dopo alcuni mesi tornato da Noi, ci ha detto che ancor esso aveva il Padre Cacciari nello stesso concetto, in cui Noi dicemmo d'averlo; ma che avendo fatta esammare l'Opera, e fra gli altri dal Padre Mamachi, l'Opera era assolutamente buona", cosicché egli non si sentiva d'impedirne la pubblicazione né di farla uscire senza la data di Roma "non essendo la data quella che qualifica l'Opera, ma la sostanza dell'Opera stessa" (Facchini).
Pertanto il C. ebbe via libera anche per l'edizione leonina (Sancti Leonis Magni papae primi Opera omnia …), che vide la luce in due volumi.
Il primo (Romae 1753), dedicato al card. Neri Corsini, comprende i Sermones. Nella prefazione il C. si richiama alla lezione rinnovatrice dei maurini, e non nasconde né l'aiuto fornitogli dal Bottari e da Simone Assemani, né l'intento particolarmente polemico contro l'edizione del Quesnel, ristampata a Venezia nel 1741 dal Savioli e nel 1748 dal Poletti. Da quest'ultima preoccupazione derivano la maggior parte delle correzioni al testo quesnelliano (tali passi sono riportati in maiuscoletto), dei proemi critici e delle annotazioni (escluse ovviamente quelle concernenti le varie lezioni), spesso dirette a confutare le dottrine del Quesnel con le stesse affermazioni leoniane. Da un punto di vista estrinseco poche sono le novità rispetto all'edizione del Quesnel: soprattutto nella cronologia - al contrario di quel che faranno i Ballerini - il C. segue rigidamente l'ordine proposto dall'oratoriano francese. Comunque egli pubblicò per la prima volta i sermoni De Ascensione Domini (LXXIV), i due In Natali Sanctorum Septem Fratrum Martyrum Machabaeorum et dedicatione Ecclesiae, II e III (LXXXV e LXXXVI) e l'Homiliade Transfiguratione Domini, accolticome autentici anche dai Ballerini, che invece non concordarono con il C. nella sicura paternità dei sermoni In Natali Sanctorum Septem Fratrum Martyrum Machabaeorum et dedicatione Ecclesiae, I (LXXXIV), In Cathedra Sancti Petri Apostoli (C)e In Natali Sancti Pauli (CI).
Il secondo volume (Romae 1755), dedicato a Benedetto XIV, vide la luce dopo che i Ballerini avevano pubblicato la prima parte della loro edizione e contiene le Epistolae.Forse proprio per dare alla sua opera una maggiore validità apologetica, vedendosi superato sul piano scientifico, il C. accentuò l'intento polemico in senso antigallicano e antigiansenista: al primato del papa è attribuita nella Praefatio un'autorità di giurisdizione universale e la indefettibilità promessa ai successori di Pietro; l'episcopato riceve la sua "potestas" "non secus ac lucis radii a sole, rami ab arbore, et rivi a fonte" dalla Sede apostolica romana. Nel complesso però l'edizione delle Epistolae del C. appare frettolosa, ben lontana da quella dei Ballerini e in gran parte dipendente dalla criticata raccolta del Quesnel: di nuovo, a parte alcuni inediti tratti dalla Biblioteca Reale di Torino e dalla Medicea di Firenze, sono da notare tre lettere inedite provenienti da un codice del monastero di S. Emmerano a Ratisbona: Ad Iulianum Episcopum de monachis Eutycheti adhaerentibus (LXXXV); Ad Iulianum Episcopum (CXVII); Ad Anatolium Episcopum (CXXVI).
Il C. fu anche postulatore della causa di beatificazione del confratello padre Paoli e, traendo il materiale dai processi ordinari e apostolici, pubblicò il volume Della vita virtù e doni sopranaturali del venerabile servo di Dio p. Angiolo Paoli…(Roma 1756).
Dopo essere stato giubilato a Propaganda Fide nel 1757, il C. tornò a Bologna, ove morì nel convento delle Grazie il 28 febbr. 1769.
Fonti e Bibl.: Lettere del C. al Bottari si conservano a Roma nella Biblioteca Corsiniana cod. 2017, cc. 87, 89, 91; Bibl. Apost. Vaticana: Vat. lat.9263, ff. 25-26r; Novelle d. Rep. letter. pubbl. in Venezia, XIII(1741), pp. 413 ss.; F. A.Zaccaria, Storia letteraria d'Italia, IV, Venezia 1753, pp. 106 s.; V, ibid. 1753, pp. 345-369; VII, Modena 1755, pp. 363-374; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1783, pp. 6 s.; C. de Villiers, Bibliotheca carmelitana notis criticis et dissertationibus illustrata…, a cura di G. Wessels, Romae 1927, coll. 613, 808 s.; Id., Acta capitolorum generalium ordinis fratrum B. V. Mariae de Monte Carmelo, II, Romae 1934, pp. 341, 354, 356, 371, 385, 388 s., 393, 398; T. Facchini, Il papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona…, Padova 1950, pp. 46 ss.