TORRIGIANI, Pietro
TORRIGIANI, Pietro. – Nacque a Firenze il 1° giugno 1846 dal marchese Luigi e da Elisabetta Paolucci.
Il padre (1803-1869) era figlio di Maria Vittoria Santini (1775-1845) e di Pietro Guadagni Torrigiani (1773-1848), a sua volta figlio secondogenito di Teresa Torrigiani e di Giovan Battista Guadagni. Questi, per disposizione testamentaria dello zio della moglie, il cardinale Luigi Torrigiani morto nel 1777, aveva ereditato il cospicuo patrimonio della casata Torrigiani purché ne acquisisse il cognome. Tale patrimonio, che constava di prestigiosi palazzi a Firenze e di numerosi terreni e fabbricati in tutta la Toscana, giunse in eredità a Pietro Torrigiani insieme ad altri possedimenti della famiglia Guadagni, facendo di lui uno dei più facoltosi aristocratici fiorentini. Egli ebbe tre fratelli, Filippo, Raffale e Carlo, e due sorelle, Vittoria e Beatrice, entrambe decedute in età infantile. Il 19 settembre 1867 si sposò con Giulia Ginori Lisci (1847-1926), figlia della principessa Ottavia Strozzi Majorca Renzi e del marchese Lorenzo, proprietario della manifattura Ginori di Doccia, deputato e senatore dal 1864. Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Vittoria (1868-1945), Maria Elisabetta (1870-1959) e Luigi (1873-1969).
Esponente di spicco del ceto nobiliare, Torrigiani fu membro attivo fin dagli anni giovanili di numerose associazioni dell’élite cittadina che si ponevano scopi culturali e ricreativi oppure finalità di natura economica e politica. Socio della Società geografica italiana dal 1870, nel marzo del 1872 fu tra i fondatori della Banca industriale toscana e fece parte del suo primo consiglio di amministrazione. Nel dicembre del 1880 fu eletto deputato nel collegio di Firenze II nelle elezioni suppletive indette per scegliere il successore di Bettino Ricasoli, deceduto il 23 ottobre precedente. Nelle successive elezioni politiche del 1882, che furono il primo banco di prova dell’alleanza trasformistica fra destra e sinistra, restò escluso dalla lista ministeriale proposta dal giornale La Nazione perché inviso ai progressisti. Candidato dall’Unione liberale monarchica, con i 2987 voti riversati sul suo nome risultò il primo dei non eletti. Tre anni dopo, quando in seguito alla morte di Giuseppe Mantellini si rese vacante il collegio di Firenze I, gli fu offerta di nuovo l’opportunità di rientrare alla Camera. Ma le elezioni del luglio del 1885, nonostante questa volta ricevesse il sostegno dei liberali progressisti, lo videro soccombere al ballottaggio per poche decine di voti, 2852 contro i 2939 che andarono a Cesare Mantellini, fratello del deputato scomparso. Deluso dal risultato, rivelatore delle divisioni che laceravano il mondo politico fiorentino di area governativa, rassegnò le dimissioni da vicepresidente e da socio dell’Unione liberale monarchica, di cui era stato uno dei fondatori.
A differenza del fratello minore Filippo, che fu deputato per ben otto legislature consecutive dal 1882 al 1909 e poi dal 1909 senatore, la prima parte della sua carriera politica si svolse tutta a livello locale. Dal 1883 al 1886 fu sindaco di Casellina e Torri, un comune confinante con quello di Firenze, che nel 1929 avrebbe assunto la denominazione di Scandicci. Cessò questa esperienza per assumere la carica di sindaco di Firenze, che tenne dal 17 aprile 1886 al 14 novembre 1889, alla guida di una giunta sostenuta da liberali moderati e cattolici conciliatoristi (era stato eletto consigliere in occasione del parziale rinnovo del consiglio comunale avvenuto il 28 giugno 1885).
Questo periodo coincise con l’avvio e la fase più intensa dei lavori per il risanamento urbanistico del centro cittadino. Essi portarono allo sventramento del Ghetto, alla demolizione di antichi edifici, fra cui alcune case-torri, chiese e conventi, e all’allargamento della piazza del Mercato Vecchio che assunse la nuova denominazione di piazza Vittorio Emanuele II. L’intervento fu esteso oltre gli spazi originariamente previsti anche per rispondere alle esigenze del ceto borghese emergente che reclamava la costruzione di residenze e palazzi di prestigio nella parte centrale della città. Nel 1887 fu inoltre completata la nuova facciata della cattedrale di S. Maria del Fiore, progettata da Emilio De Fabris e continuata dopo la sua morte da Luigi Del Moro. In occasione dei festeggiamenti fu inaugurata anche la prima illuminazione a luce elettrica in alcune delle principali vie del centro. Tra gli atti della prima amministrazione Torrigiani occorre poi ricordare la sottoscrizione, nel 1888, di una convenzione con l’Istituto Cesare Alfieri di scienze sociali che contribuì al definitivo consolidamento della scuola nel panorama dell’istruzione superiore nazionale.
In questi anni intensificò la sua presenza nel tessuto associativo fiorentino, arrivando a ricoprire cariche direttive in sodalizi della più diversa natura. Intorno al 1885 risultava presidente dell’Accademia degl’Infuocati, del Circolo Borghese, della Scuola professionale per le arti decorative industriali e «operaio» del Nobile conservatorio delle Signore dell’Istituto della Quiete che aveva sede a Quarto, nei pressi di Firenze. Nel giugno del 1889 fu eletto presidente onorario della Società dantesca italiana e nel 1891, alla morte di Ubaldino Peruzzi, presidente effettivo. In tale veste il 27 aprile 1899 inaugurò nella chiesa di Orsanmichele l’istituzione della Lectura Dantis e il 9 maggio 1905, alla presenza della regina Margherita, la nuova sede della Società dantesca nel restaurato Palagio dell’Arte della lana. Per motivi di salute il 25 gennaio 1920 rinunziò alla presidenza, nella quale gli subentrò Isidoro Del Lungo. Nel giugno del 1890 fu poi tra i fondatori della Società fiorentina per le corse al trotto, di cui fu eletto vicepresidente. Negli anni Novanta risultava inoltre presidente della Società filarmonica fiorentina, della Società regia di agricoltura, del Club velocipedista fiorentino, nonché del comitato per erigere un monumento a Ugo Foscolo e di quello per un monumento a Peruzzi. Nel maggio del 1898, infine, fu uno degli artefici del Florence football club, di cui fu eletto primo presidente. Il club, che raccoglieva esponenti delle famiglie aristocratiche e dell’élite anglo-americana residente in città, fu la prima società che introdusse a Firenze il gioco del calcio.
Il figlio Luigi condivise la passione paterna per l’attività sportiva e fu uno dei pionieri italiani del tiro a volo, una pratica che conobbe larga diffusione nella seconda metà del XIX secolo sotto forma di tiro al piccione. Suo è il record mondiale di volatili abbattuti, ottenuto a Firenze il 3 maggio 1899, quando sul campo di tiro delle Cascine egli colpì in poco più di sette ore 935 piccioni su mille.
Il 26 gennaio 1889 Torrigiani fu nominato senatore e dal 1890 al 1897 fu membro in Senato della commissione per le petizioni. Nel frattempo, con la riforma della legge comunale e provinciale del 1888, che introdusse l’elettività del sindaco, si ebbe un significativo allargamento dell’elettorato amministrativo: a Firenze gli elettori del Comune passarono da 11.510 a 18.163. Tale riforma fu fatale a Torrigiani che, nelle elezioni del 27 ottobre 1889, non riuscì neppure a essere rieletto in consiglio comunale. Esse registrarono il clamoroso successo della sinistra liberale e democratica e portarono alla formazione di una giunta progressista guidata da Francesco Guicciardini, omonimo e discendente diretto dell’illustre storico cinquecentesco. Dopo appena un anno, tuttavia, le profonde divergenze insorte fra la componente radicale e quella liberale indussero Guicciardini a rassegnare le dimissioni e nelle successive elezioni del 18 gennaio 1891 i liberali moderati e conservatori, riuniti nel comitato Re, patria, libertà e progresso, riconquistarono la maggioranza. Il 4 febbraio 1891 il marchese Torrigiani fu di nuovo eletto sindaco e restò in carica ininterrottamente per un decennio, fino al 2 gennaio 1901, a conferma della solida egemonia che la destra liberale, quasi sempre con l’appoggio dei cattolici (come accadde per esempio in occasione delle elezioni amministrative del 1897), riuscì a esercitare sulla vita politica locale.
Durante il suo secondo mandato alla guida del Comune di Firenze il momento più difficile che dovette affrontare fu la grave crisi sociale e politica del 1898. Egli cercò inizialmente di arginarla mediante l’abolizione dei dazi comunali sui cereali e lo stanziamento di fondi per finanziare i lavori pubblici. Le due misure, volte a calmierare il prezzo del pane e ad alleviare la piaga della disoccupazione, si rivelarono però inefficaci. Quando ai primi di maggio del 1898 anche a Firenze scoppiarono i tumulti popolari, egli fu favorevole alla proclamazione dello stato d’assedio, di cui sottolineò in manifesti pubblici la preminente funzione antisocialista. Del pari esaltò il ruolo avuto dall’esercito nella gestione della crisi e garantì l’appoggio dell’amministrazione comunale al Comitato per le famiglie dei richiamati toscani, che si prefiggeva di raccogliere offerte per i soldati impegnati nell’opera di repressione dei conflitti sociali. Nel febbraio del 1899, di fronte alle critiche mosse dai liberali di sinistra a un assessore della sua giunta, il principe Leone Strozzi, presentò le dimissioni. Pochi giorni dopo, però, la giunta Torrigiani s’insediò nuovamente, pressoché immutata nella sua composizione, confermando di fatto la posizione di predominio dei gruppi conservatori nel contesto cittadino.
Nel giro di pochi mesi la situazione cambiò radicalmente per effetto del nuovo quadro politico nazionale segnato dalla nascita del governo Zanardelli-Giolitti e in conseguenza del rafforzamento a livello locale della sinistra di matrice liberale, democratica e socialista, apparso evidente già in occasione delle elezioni amministrative del 1899. La giunta Torrigiani cadde definitivamente sul finire del 1900, quando la maggioranza liberale si spaccò sulla decisione di concedere o meno un sussidio alla ricostituita Camera del lavoro, che il Comune aveva sostenuto dal momento della sua nascita, avvenuta nel 1893, fino agli scioperi del 1898.
Da allora Torrigiani non ebbe più cariche di rilievo nella compagine amministrativa fiorentina, ove si escluda la breve presidenza della congregazione municipale di carità intorno al 1907, mentre proseguì il suo impegno politico in Senato, ai cui lavori partecipò con relativa assiduità. Non conobbe cedimenti, invece, la sua ubiqua presenza nella trama del tessuto associativo cittadino, uno strumento di cui l’élite aristocratica si servì per riaffermare il proprio status e continuare a presidiare alcuni snodi decisivi della vita sociale e politica. All’inizio del Novecento, oltre ai ruoli direttivi ricoperti nelle associazioni precedentemente menzionate, risultava presidente della Società Niccolò Tommaseo di patronato per i ciechi, della Società anonima edificatrice di case popolari e della Società per l’arte pubblica, costituita per suo impulso sul finire del 1898. Era inoltre membro della Società italiana per la diffusione e l’incoraggiamento degli studi classici, sorta nel 1897, e dell’Associazione per la difesa di Firenze antica, che era stata fondata nel 1898 dall’ex sindaco Tommaso Corsini e al cui programma avevano aderito i maggiori esponenti del mondo culturale fiorentino. Fu poi tra gli animatori della Società Leonardo da Vinci, nata nel 1902.
Morì a Quinto, frazione di Sesto Fiorentino (Firenze), il 20 giugno 1920.
Opere. Tra gli scritti di Torrigiani si vedano: Intorno alle pratiche d’agricoltura da formarsi. Osservazioni e raccomandazioni, Roma 1880; Per la premiazione degli alunni delle scuole secondarie ed elementari del comune di Firenze. Parole dette nel Salone dei Cinquecento il 20 e il 27 aprile 1895 dal sindaco sen. march. Pietro Torrigiani e dall’assessore per l’istruzione prof. comm. Isidoro Del Lungo, Firenze 1895; Per la premiazione degli alunni delle scuole secondarie ed elementari del comune di Firenze. Parole dette nel Salone dei Cinquecento il 23 e il 27 aprile 1896 dal sindaco sen. march. Pietro Torrigiani e dall’assessore per l’istruzione prof. comm. Isidoro Del Lungo, Firenze 1896; In memoria di donna Enrichetta G. Ellis Caetani, duchessa vedova di Sermoneta. Parole pronunziate nella Sala di Dante in Or San Michele il 23 maggio 1906, Prato 1906.
Fonti e Bibl.: Le carte di Torrigiani si conservano nell’archivio privato Torrigiani Malaspina, che si trova presso la residenza della famiglia a Montecastello, frazione del Comune di Pontedera in Provincia di Pisa.
Sulla sua figura: L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Guadagni, Firenze 1873; C. Pinzani, La crisi politica di fine secolo in Toscana, Firenze 1963, ad ind.; N. Capitini Maccabruni, La Camera del lavoro nella vita politica e amministrativa fiorentina (dalle origini al 1900), Firenze 1965, ad ind.; P. Giannantonio, T. P., in Enciclopedia Dantesca, V, Roma 1970, p. 663; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze, II, Firenze 1972, pp. 675-682; S. Fei, Firenze 1881-1898. La grande operazione urbanistica, Roma 1977; G. Spini - A. Casali, Firenze, Roma-Bari 1986, pp. 74-76, 79, 81-83, 96, 98; R. Melchionda, Firenze industriale nei suoi incerti albori. Le origini dell’associazionismo imprenditoriale cento anni fa, Firenze 1988, ad ind.; N. Capitini Maccabruni, Liberali, socialisti e Camera del lavoro a Firenze nell’età giolittiana (1900-1914), Firenze 1990, ad ind.; R. Romanelli, Il casino, l’accademia e il circolo. Forme e tendenze dell’associazionismo d’élite nella Firenze dell’Ottocento, in Fra storia e storiografia. Scritti in onore di Pasquale Villani, a cura di P. Macry - A. Massafra, Bologna 1994, pp. 825, 828-830, 839, 841, 843 s.; Ubaldino Peruzzi, un protagonista di Firenze capitale, a cura di P. Bagnoli, Firenze 1994, pp. 67, 122, 145, 151, 221, 246; M. Sagrestani, Lo scrutinio di lista in Toscana (1882-1891). Dalla competizione possibile alla competizione mancata, Firenze 1999, pp. 66 s., 85, 87, 89 s.,167, 177, 197 s.; L. Cerasi, Gli ateniesi d’Italia. Associazioni di cultura a Firenze nel primo Novecento, Milano 2000, ad indicem.