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PIGNATELLI

di Ruggero Moscati - Enciclopedia Italiana (1935)
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PIGNATELLI

Ruggero Moscati

. Celebre famiglia napoletana, che gli scrittori d'araldica ritengono d'origine longobarda, e di cui si hanno dati storicamente controllabili sin dal sec. XII. Nel 1102 Lucio fu contestabile di Napoli; nel 1150, Rodolfo fu inviato di Guglielmo I ad Adriano IV nel 1190, Giovanni appare tra i sottoscrittori d'un famoso previlegio concluso ad Amalfi; nel secolo successivo, Bartolomeo, arcivescovo di Cosenza, contribuì non poco al successo dell'impresa di Carlo I d'Angiò. Naturale, quindi, che la famiglia acquistasse, proprio con la nuova dinastia, maggior lustro: signori di Caserta sin dal 1269, ascritti al patriziato nei seggi di Nido e Portanova, i P. furono molto ligi agli Angioini, che potettero sperimentarne la fedeltà nell'amministrazione dello stato e sui campi di battaglia. Landolfo fu sindaco di Napoli, giustiziere di Basilicata, governatore di Sorrento, Somma, Castellammare, legato a Roma nel 1309, compagno d'armi del duca di Calabria nella guerra di Toscana; Giacomo, giustiziere di Principato, fu tra i familiari di re Roberto; Andrea fu ambasciatore a Roma per Giovanna I; Angelo combatté valorosamente per Carlo di Durazzo contro Luigi d'Angiò; Giacomo, Landolfo, Masello furono, infine, tra i più fedeli sostenitori di re Ladislao. Ma l'epoca vicereale coStituì per i P. il periodo di maggior fulgore; ché allora essi godettero nobiltà in Roma, Venezia, Sicilia e in Spagna; ebbero i più alti uffici della Chiesa e dello Stato; vennero insigniti del Toson d'oro, della Grandezza di Spagna e, più tardi, del titolo di principi del S. R. I. per i rami di Belmonte, Monteleone e Terranova, Strongoli, Fuentes e Cerchiara.

Nel sec. XV la famiglia si divise in due linee: l'una, proveniente da Stefano, ha dato origine ai varî rami dei marchesi di Casalnuovo, dei principi di Monteroduni e della Leonessa, dei duchi di Montecalvo; l'altra, discendente da Palamede, si è divisa a sua volta in quattro linee: la 1ª è quella dei principi Aragona Pignatelli Cortes, duchi di Terranova, principi di Noia; la 2ª quella dei Pignatelli, principi di Strongoli; la 3ª quella dei principi Pignatelli Aragona, linea di Fuentes; la 4ª, infine, è quella dei principi Pignatelli di Cerchiara.

Tra i personaggi più celebri della famiglia, dal'400 in poi, a parte Antonio che salì al pontificato col nome di Innocenzo XIII (v.), è degno di essere ricordato Ettore, prima conte e poi duca di Monteleone, ambasciatore in Spagna per conchiudere il matrimonio tra il primogenito di re Federico d'Aragona e la figliuola di Ferdinando il Cattolico. Più tardi, egli venne in Napoli posto a lato del viceré, conte di Ripacorsa; si batté valorosamente per Carlo V contro i Francesi del Lautrec; fatto prigioniero e inviato in Francia, venne liberato per intercessione di S. Francesco di Paola. Viceré in Sicilia dal 1516 al 1535, vi lasciò buon nome per la sua opera di pacificazione e per la sua pietà religiosa. Per la Spagna combatté anche valorosamente Fabrizio (morto nel 1577), che liberò le Calabrie dalle scorrerie dei Turchi, fu mastro di campo generale nelle guerre di Fiandra, combatté a Tripoli, fondò in Napoli l'ospedale dei Pellegrini. Tenne alto il nome italiano nelle guerre d'Europa anche un secondo Ettore (1572-1622): gran contestabile e grande ammiraglio del regno di Sicilia, capitano generale di Catalogna, viceré di Barcellona, cooperò nel 1609 a scacciare i Mori dal regno di Valenza. Nicola (1648-1730) fu viceré di Sardegna dal 1687, e di Sicilia dal 1719 al 1722; Ferdinando, del ramo d'Aragona Cortes (1689-1767), si distinse combattendo nelle guerre di successione, e fu in Ungheria agli ordini del principe Eugenio; del partito ostile ai Borboni, comandò la cavalleria austriaca nella battaglia di Bitonto. Sua moglie Lucrezia (1704-1760), del ramo di Strongoli, la poetessa di qualche rinomanza.

Negli avvenimenti del 1799, i principi di Strongoli ebbero una parte di primo piano. Se Francesco (1734-1812), nominato da Ferdinando IV suo vicario in Napoli, fu un rappresentante in tutto degno del suo re, ché all'avvicinarsi dei Francesi smarrì la calma, venne a patti col nemico, fuggì precipitosamente in Sicilia senza lasciare nella città alcuna autorità costituita; i suoi quattro nipoti, invece, diedero tutto alla causa della rivoluzione. Ferventi seguaci delle teorie rinnovatrici, essi erano già stati implicati nelle prime congiure giacobine del 1794 e costretti a fuggire dal regno; ritornati in patria con le truppe francesi, furono tra i migliori ufficiali dell'improvvisata repubblica. Al ritorno dei Borboni, il 30 settembre 1799, Ferdinando (nato nell'anno 1769) e Mario (nato nel 1773) furono decapitati; Francesco (v.) e Vincenzo andarono esuli. Quest'ultimo (1777-1837) fu capitano della Legione italica, partecipò alla battaglia di Siena, fece parte della Grande Armata. Ritornato in patria, percorse una brillante carriera sino a raggiungere nel 1812 il grado di tenente generale. Aiutante di campo di Murat, lo seguì in Russia, ma nella famosa ritirata ebbe a soffrire gravi mutilazioni, che lo costrinsero a lasciare il servizio. Nel riposo scrisse un Progetto di ordinanza per la Cavalleria.

La tradizione patriottica dei Pignatelli Strongoli, rinsaldata dal ricordo dei due martiri del'99, si mantenne viva in tutto il Risorgimento; nel 1860 essi, tra i nobili napoletani, furono i primi ad aderire entusiasticamente all'età nuova.

Bibl.: Oltre a tutti gli storici del Napoletano e della Sicilia, cfr. su questa famiglia, i genealogisti, dall'Ammirati a B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle prov. merid. d'Italia, IV, Napoli 1876.

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