pigro
Sostantivato, ricorre in Pg XV 137 per indicare chi, più per natura che non per mancanza di decisione, è poco sollecito ad operare: frugar conviensi i pigri, lenti / ad usar lor vigilia quando riede: coloro che, svegliandosi, non sanno subito rimettersi all'opera.
Vale " lento ", " che denota pigrizia ", quando qualifica gli atti di Belacqua (Pg IV 121). Anche di due fiumi che avviano lentamente il loro corso: XXXIII 114 Ëufratès e Tigri / veder mi parve uscir d'una fontana, / e, quasi amici, dipartirsi pigri; fonte della metafora è Boezio Cons. phil. V m. I 3-4.
I pigri dell'Antipurgatorio. - Nel primo balzo dell'Antipurgatorio sono collocate le anime di coloro che, per pigrizia, trascurarono l'esercizio delle virtù e attesero lo stremo della vita per pentirsi. Le anime (Pg IV 97 - V 21) sono sedute all'ombra di un gran petrone (IV 101), in atteggiamenti e pose attestanti il loro precipuo carattere (come l'uom per negghienza a star si pone, v. 105).
D. di esse non si accorgerebbe - non aveva infatti notato nemmeno il petrone, sito alle sue spalle, cioè a sinistra del balzo a cui, carpando appresso la sua guida, era giunto, e su cui, vòlti a levante ond'eravam saliti (v. 53), entrambi si erano posti a sedere, ragionando prima della natura del corso del sole nell'emisfero australe e poi di quella della montagna sacra (cfr. vv. 49-96) - se non risuonasse improvvisa e inattesa, a commentare non senza ironia la spiegazione di Virgilio sul decrescere della difficoltà della salita (Questa montagna è tale, / che sempre al cominciar di sotto è grave; / e quant'om più va sù, e men fa male, vv. 88-90), la voce Forse / che di sedere in pria avrai distretta! (vv. 98-99). Udendola D. e Virgilio si volgono, notano il grosso macigno e, accostatisi, scorgono i pigri. Da Belacqua, l'un di lor, che... sembiava lasso, / sedeva e abbracciava le ginocchia, / tenendo 'l viso giù tra esse basso (vv. 106-108), e che a rispondere muove appena 'l viso pur su per la coscia (v. 113), D. viene a sapere, quasi a giustificazione dell'indolenza sua e dei compagni, i quali durante tutto il colloquio restano immobili e in silenzio, che i p., se orazïone in prima non [li] aita / che surga sù di cuor che in grazia viva (vv. 133-134), debbono stare nell'Antipurgatorio tanto tempo quanto vissero. Quando poi, sollecitato da Virgilio, egli, staccandosi da loro, riprende l'ascesa seguendo la sua guida, uno di loro, accorgendosi dell'ombra che egli proietta, grida sorpreso: Ve' che non par che luca / lo raggio da sinistra a quel di sotto, / e come vivo par che si conduca! (V 4-6). Al che D. si volta, rallentando il passo, ed è per questo severamente rimproverato da Virgilio.
Per il Busnelli, che ordinò l'Antipurgatorio secondo la classificazione morale adottata da D. per il VII cerchio infernale, i p. con i morti per forza sono i rappresentanti della negligenza usata verso sé stessi. E a un tal criterio sembrò richiamarsi anche il Santi che però, cercando di aderire maggiormente al pensiero dantesco, considerò i p. più colpevoli di negligenza dei morti per forza. Il Pietrobono, rifacendosi a un'interpretazione chiaramente simbolica, dopo aver notato come in D. " l'accidia s'incontra sempre sulle piagge ", ha visto nei p., nei morti per forza e negli abitatori della valletta un preciso richiamo alle tre fiere: i p., a suo avviso, sono stati vittime della lonza " che viene al cominciar dell'erta e stende il suo dominio fino al ripiano dello Stige... A somiglianza [degli accidiosi dello Stige] i p., salvati in extremis, soffrono ancora della tendenza a fuggir [la] luce e stanno immobili all'ombra di un gran sasso ". Gli studiosi più recenti sembrano ancora muoversi in una sfera precipuamente tomistica guardando complessivamente all'Antipurgatorio come al luogo dove viene espiandosi il ‛ reatus culpae ' (cosa ben distinta dal ‛ reatus poenae ' che si estingue coi martìri nei gironi del Purgatorio); in tal senso notevoli sono le pagine del Pasquazi (All'eterno dal tempo, citato in bibl.), accanto alle quali è da ricordare quel che afferma il Petrocchi: i p. eserciterebbero la virtù della pazienza nell'attesa di poter ire a' martìri. Ma ci permettiamo di avanzare un'altra ipotesi, la quale, pur poggiando sulla comune piattaforma interpretativa dell'Antipurgatorio visto come luogo per l'integrazione del ‛ reatus culpae ', tenderebbe a ritenere che l'Antipurgatorio, carente com'è di un suo particolare ed esplicito ordinamento, possa ordinarsi sulla base della stessa dialettica dell'amore che regola il Purgatorio. I p. risponderebbero in tal caso alla categoria di quelle anime che, sempre nell'ambito del ‛ reatus culpae ' (Pg XVII 127), corsero confusamente al bene con poco di vigore (v. 96). Resta infatti chiara la correlatio fra p. e accidiosi della quarta cornice se si fa caso alle determinazioni teologiche: s. Gregorio (Moralia XXXI 17) assegna all'accidia sei colpe secondarie, fra le quali il ‛ torpor circa praecepta ' e ritiene la negligenza ‛ pigritia, vel torpor '; e s. Tommaso (Sum. theol. II II 54 2 ad 1), spiegando che " negligentia consistit in defectu interioris actus ", trova che " pigritia importat tarditatem ad exequendum; torpor remissionem quandam importat in ipsa executione ". In un ordinamento siffatto dell'Antipurgatorio alla categoria delle anime che errarono per malo obietto corrisponderebbero i contumaci, e a quella delle anime che confusamente corsero al bene con troppo... di vigore i morti per forza.
L'incontro con i p. si situa fra due lezioni, l'una di carattere didattico, l'altra di vera e propria intonazione morale, che Virgilio offre a Dante. E ciò non è senza un perché; anzi fa parte di quell'organicità di trapassi tonali che regola con un sapiente contrappunto formale l'eticità dell'iter del pellegrino nella zona antipurgatoriale. Come tali i p. non hanno una precipua caratterizzazione psicologica, non parlano, sono chiusi in loro stessi, a eccezione di Belacqua, che è il vero centro narrativo e simbolico del balzo, nella complessità anche contraddittoria della propria indole umana, sì da costituire un'interessante problema esegetico; cfr. infatti Belacqua.
Bibl. - L. Filomusi Guelfi, La struttura morale del ‛ Purgatorio ' dantesco, Firenze 1897 (rist. in Studi su D., città di Castello 1908, 119-134); F. D'ovidio, Il Purgatorio dantesco e il suo preludio, Milano 1906, 221-253; G. Busnelli, L'ordinamento morale del Purgatorio dantesco, in " La civiltà Cattolica " LVIII (1908) 1402-416, 688-702; II 398-413; III 21-34, 413-427; V 142-154, 575-587; A. Santi, L'ordinamento morale e l'allegoria della D.C., Milano-Palermo 1923-1924; L. Pietrobono, D. e la D.C. - ‛ Dietro le poste delle care piante ', Firenze 1953, 74 ss.; G. Petrocchi, L'attesa di Belacqua, in " Lettere Italiane " VI (1954) 221-234 (rist. in Itinerari danteschi, Bari 1969, 311-332); S. Pasquazi, All'eterno dal tempo. Studi danteschi, Firenze 1966, 178 ss. Cfr. anche Antipurgatorio.