VIMERCATI, Pinamonte
VIMERCATI (de Vicomercato, da Vimercate), Pinamonte. – Figlio di Alcherio Vimercati e di una Adelasia (non meglio identificabile), Pinamonte nacque probabilmente intorno al 1120 a Milano, da una delle casate più antiche dell’aristocrazia cittadina, appartenente al gruppo dei capitanei, al vertice della società milanese (Keller, 1995, pp. 353 s.).
I Vimercati, che nel secoli XI-XII professavano la legge longobarda, si richiamavano a un Alcherio, attestato nel maggio del 960 (Cartolario..., a cura di G. Dozio, 1857, pp. 24-27), e ai suoi discendenti, fortemente radicati in Brianza ove controllarono la rocca di Airuno, ottennero dall’arcivescovo Landolfo da Carcano i feudi decimali nella pieve di Vimercate, dalla quale il gruppo parentale prese il nome, e consolidarono possessi fondiari sulle due sponde dell’Adda, nei territori di Brivio, Cisano e Lavello (Le pergamene..., a cura di L. Martinelli Perelli, docc. 33, 41, 48). Proprio intorno a questi centri il gruppo parentale si divise in tre principali rami, quali quelli dei de Vicomercato, dei de Vicomercato de Bripio (Brivio) e dei de Vicomercato de Lavello (Lavello); questi ultimi due si sarebbero compattati verso la fine del XIII secolo (1271) prendendo il nome di «capitanei de Vicomercato habitatores de citra Abdua» (Menant, 1993, p. 905).
Alla fine dell’XI secolo, per un breve ma significativo periodo, al centro della politica territoriale dei Vimercati vi fu la città di Bergamo, di cui venne nominato vescovo il parente Atto (1058-1075). In questi anni egli portò molti dei suoi consanguinei a entrare nella curia vescovile, conducendoli ai vertici della politica cittadina e a far parte del corpo consolare. Con la conclusione del vescovato di Atto, però, i rapporti con Bergamo si fecero sempre più sfilacciati, mentre si andavano rafforzando quelli con Milano. Il ramo principale della famiglia – da cui discese Pinamonte – si era infatti stabilito nella grande città lombarda ai primi del Mille, quando compare un Arialdo (1021); ma poco ci è noto della sua discendenza fino al secolo successivo. Sappiamo che una parte dei loro possedimenti era tenuta in beneficio dal monastero di S. Ambrogio, e fu forse attraverso questo canale che si introdussero nella vita milanese. Un Asclerio «da Vimercate» compare nel 1125 tra i boni homines che assisterono l’arcivescovo di Milano, chiamato a giudicare una controversia tra il vescovo di Lodi e il vescovo di Tortona (Castagnetti, 2006, p. 36): pur rimanendo radicati nel territorio di provenienza, i Vimercati si erano dunque pienamente integrati nella vita politica milanese.
Alcherio, padre di Pinamonte, fu tra i protagonisti della vita politica milanese nella fase più acuta del contrasto con l’imperatore Federico Barbarossa. Nel combattimento di Cassano d’Adda (1158) egli riuscì a fermare l’avanzata imperiale, e nel 1162 fu scelto per guidare la delegazione di milanesi che si recò davanti al Barbarossa per accettare l’umiliante resa della città, caduta dopo un anno di blocco dei rifornimenti.
L’ubicazione delle proprietà dei Vimercati, al confine tra Bergamo e Milano lungo la barriera difensiva naturale costituita dal fiume Adda, si rivelò presumibilmente fondamentale, dal punto di vista strategico, nel conflitto contro il Barbarossa, che proprio lungo il corso dell’Adda si articolò in numerosi scontri armati (Grillo, 2014).
Pochi anni più tardi, anche Pinamonte mostrò le proprie abilità politiche e militari nella lotta contro l’imperatore. Secondo la Storia di Milano del cronista tardotrecentesco Bernardino Corio, egli fu l’oratore del famoso discorso di Pontida: stando alla tradizione, infatti, nel monastero cistercense di S. Giacomo si sarebbe tenuta l’assemblea in cui fu giurata l’alleanza tra le città lombarde (Lega lombarda, aprile 1167). La veridicità di questo episodio è dubbia (Grillo, 2012, p. 40); tuttavia bisogna ricordare che i Vimercati ebbero un effettivo, accertato legame con il monastero di Pontida: lo zio di Pinamonte, Teudoaldo, fu priore del monastero dal 1117 al 1146 (Archivio di Stato di Milano, Pontida-monastero di San Giacomo, cart. 6, nn. 6-33).
Il protagonismo attribuito da Corio a Pinamonte può dunque essere collegato a questo legame e lo rivela nondimeno come un punto di riferimento nella partecipazione dei milanesi alla Lega lombarda. Infatti, egli ricoprì poco tempo dopo il consolato, in due anni – il 1171 e il 1183 – cruciali per le vicende politiche in cui era coinvolta la città di Milano nel conflitto ormai decennale contro il Barbarossa.
In particolare, Pinamonte fu tra i consoli che guidarono la ricostruzione delle mura di Milano nel 1171, dopo il rientro dall’esilio conseguito alla distruzione del 1162. Ancora oggi possiamo leggere nell’epigrafe, un tempo affissa a Porta Romana (ove iniziò la ricostruzione, dal momento che proprio lì era iniziato l’abbattimento della cinta muraria voluto dal Barbarossa) il nome di Pinamonte insieme a quelli degli altri consoli (Bottazzi, 2015, p. 55-83). La sua carriera politica continuò nel 1177, anno in cui fu «rettore di Lombardia» (Manaresi, 1919, doc. CVI, pp. 146 s.) e podestà di Bologna, carica che avrebbe mantenuto per due anni consecutivi. Con questa mansione lo troviamo nel maggio a Ferrara, dove si stavano svolgendo i colloqui diplomatici tra le parti coinvolte dopo la vittoria delle città lombarde a Legnano nel 1176.
Questi prestigiosi incarichi lo portarono a rivestire il consolato anche nel 1183: il 30 aprile egli fu a Piacenza, insieme agli altri consoli di Milano, tra i firmatari della pace stabilita tra l’imperatore e suo figlio Enrico da una parte, e le città italiane dall’altra. Non pare irrilevante sottolineare che in questa occasione il nome di Pinamonte compare come primo dei milanesi (ibid., doc. CXXXVI, pp. 191-193). Allo stesso modo a Costanza, nel giugno del 1183, quando Pinamonte fu tra i nunzi di Milano, il suo nome è il secondo dopo quello di Guido da Landriano, ormai riconosciuto dalla storiografia come il protagonista della vittoria di Legnano (ibid., doc. CXXXIX; Grillo, 2012, p. 162). La posizione nell’elenco è significativa e lo identifica in ambedue le occasioni come un protagonista. Infine, un documento del 1185 lo attesta console per un’ultima volta: nel febbraio Pinamonte presenziò, a Reggio, alla concessione ai milanesi, da parte dell’imperatore, delle regalie nell’arcivescovado di Milano, nei contadi del Seprio, della Martesana, della Bulgaria, di Lecco e di Stazzona (Manaresi, 1919, doc. CXLVIII, pp. 216-220).
Questa è l’ultima attestazione di Pinamonte, che presumibilmente morì non molto tempo dopo in circostanze ignote.
Poco sappiamo della sua vita familiare: sposò Baldina, certamente non dopo il 1147, dal momento che risultano già sposati in un atto di vendita del maggio di quell’anno (Riboldi, 1901, p. 5).
La sua prestigiosa carriera politica aprì la strada ad altri membri del casato, che occuparono cariche politiche (Guidone, console di Milano nel 1191 e podestà di Bologna nel 1195) e giuridiche (Algisio, console di giustizia nel 1199), attestando la famiglia come una delle più attive sullo scorcio del XII secolo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Pontida-monastero di San Giacomo, cart. 6, nn. 6-33. Cartolario briantino corredato di note storiche e corografiche, a cura di G. Dozio, Milano 1857, ad ind.; C. Manaresi, Gli atti del Comune di Milano fino all’anno 1216, Milano 1919, ad ind.; Le pergamene del secolo XII della chiesa di S. Stefano di Vimercate conservate presso l’Archivio di Stato di Milano, a cura di L. Martinelli Perelli, in Codice diplomatico della Lombardia Medievale, docc. 33, 41, 48, http://www.lombardiabeniculturali.it/ cdlm/edizioni/mi/vimercate-sstefano/ (28 aprile 2020).
E. Riboldi, P. da V., Vimercate 1901; Id., La famiglia di P. da V. secondo nuovi documenti, Milano 1902, pp. 141-145; G. Rossetti, Motivi economico-sociali e religiosi in atti di cessione di beni a chiese del territorio milanese, in Raccolta di studi in memoria di Giovanni Soranzo, a cura di P. Zerbi, Milano 1968, pp. 393-410; E. Cazzani, Storia di Vimercate, Vimercate 1975, ad ind.; B. Corio, Storia di Milano, I, Torino 1978, pp. 247-249; F. Menant, Lombardia feudale. Studi sull’aristocrazia padana nei secoli X-XIII, Milano 1992, p. 185; Id., Campagnes lombardes au moyen age. L’economie et la societé rurales dans la region de Bergame, de Cremone et de Brescia du Xe au XIIIe siecles, Roma 1993, pp. 905 s.; H. Keller, Signori e vassalli, Torino 1995, pp. 353 s.; A. Castagnetti, Feudalità e società comunale. II. Capitanei a Milano e a Ravenna fra XI e XII secolo, in La signoria rurale in Italia nel medioevo. Atti..., 1998, a cura di C. Violante - M.L. Ceccarelli Lemut, Pisa 2006, pp. 117-215; P. Grillo, Legnano 1176. Una battaglia per la libertà, Roma-Bari 2012, ad ind.; Id., Le guerre del Barbarossa. I comuni contro l’imperatore, Roma-Bari 2014, ad ind.; M. Bottazzi, La porta romana (1171). Un luogo della memoria e della distruzione della città, in La distruzione di Milano (1162). Un luogo di memorie, a cura di P. Silanos - K.-M. Sprenger, Milano 2015, pp. 55-83; M. Brivio, L’aristocrazia del medio corso dell’Adda nei secoli IX-XII: de Vicomercato, de Caromano, de Bevulco, in La curtis di Capiate fra tardo antico e medioevo. Scoperte inedite e nuove ricerche sul territorio. Atti..., Colaziocorte 2016, a cura di A. Mariani - F. Carminati, Milano 2017, pp. 57-66, http://www.capiate.org/Sito/AttiCapiate.pdf (20 aprile 2020).