Vedi PINDARO dell'anno: 1965 - 1996
PINDARO (v. vol. VI, p. 174)
Alle raffigurazioni già note del poeta recanti il nome iscritto (la statua seduta del Serapèion di Menfi e la statuetta acefala stante, perduta, testimoniata attraverso un'incisione nelle Imagines di Fulvio Orsini), se ne è recentemente aggiunta una di fondamentale importanza, costituita da un ritratto marmoreo in clipeo, rinvenuto nel 1981 in un edificio absidato a Ν del Sebastèion di Afrodisiade (in particolare R. R. R. Smith, 1990, p. 132 ss., con bibl.). Il ritrovamento ha evidentemente suscitato grande interesse poiché il ritratto, contrassegnato dall'iscrizione ΠΙΝΔΑΡΟΕ sul bordo inferiore del tondo, appariva subito riconoscibile come replica tardoantica di un tipo già noto da diversi esemplari, generalmente identificato sino ad allora con il ritratto del re spartano Pausania (v. vol. V, p. 993, s.v. Pausania), vincitore di Platea, secondo una proposta che aveva trovato numerosi consensi. L'identificazione con il poeta tebano - è estremamente improbabile che si tratti di un altro personaggio omonimo, come il tiranno di Efeso, vissuto intorno alla seconda metà del VI sec. a.C., come pure è stato ipotizzato: cfr. G. Hafner, 1987 - e il riesame complessivo del ritratto attraverso le numerose repliche e rielaborazioni (in particolare Bergemann, 1991, che rivendica tra l'altro l'antichità della replica del Museo Capitolino, Stanza dei Filosofi, 58, da molti contestata) non contrastano con l'analisi stilistica già elaborata, che rimane sostanzialmente valida. Sulla base di elementi specifici come la maniera di rendere la capigliatura, direttamente derivata nella struttura delle ciocche da quella del centauro D del frontone occidentale di Olimpia, si era infatti per lo più indicato un inquadramento cronologico del ritratto intorno alla metà del V sec. a.C., segnalandolo in tal modo come uno dei più antichi e significativi esempi di raffigurazione individuale nella scultura greca. Il ritratto di P. può quindi essere stato creato in un periodo corrispondente agli ultimi anni della sua vita, o immediatamente dopo la morte; non siamo tuttavia in grado di ricollegarlo ad alcuna delle statue del poeta testimoniate dalle fonti letterarie. Più difficile invece è valutare il ritratto nelle sue caratteristiche iconografiche e nel suo significato in rapporto al problema generale della ritrattistica del V sec. a.C., e questi temi necessitano di ulteriori approfondimenti. Incerta è ancora p.es. anche l'interpretazione del «nodo» della barba, segno di raffinatezza e lusso legati all'arcaismo nell'ambito dell'immagine di un poeta «conservatore» (Bergemann, 1991) o al contrario particolare realistico indicativo dell'uomo cui toccano lavoro e fatica, che lega per motivi pratici la barba (Himmelmann, 1993, 1994).
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