DONATI, Pino
Nacque a Verona il 9 maggio 1907da Felice e da Teodora Maceri, famiglia originaria di Santa Croce Bleggio nel Trentino.
Avviato dapprima agli studi commerciali, si dedicò poi a quelli classici che abbandonò per darsi completamente àlla musica. Iniziati gli studi di violino con P. Comino, intraprese poi anche quelli di pianoforte con E. Rovato. A diciassette anni cominciò ad esibirsi in varie orchestre durante stagioni liriche dirette da figure tra le più rappresentative del mondo direttoriale italiano, quali T. Serafin, A. Guarnieri e S. Failoni. Interrotta la breve carriera violinistica, si trasferì a Milano per proseguire gli studi ed entrò nel conservatorio "G. Verdi", ove fu allievo di G. C. Paribeni per la composizione, rivelando particolari attitudini e versatile fantasia creativa; diede prova delle sue capacità componendo pregevoli liriche su versi di R. Tagore, A. Negri, S. Baganzani e altri poeti, nonché cori per, voci sole, una fiaba per bambini e il melologo Hungaria per voce recitante, coro e orchestra su testo di A. Rossato.
Affermatosi anche come direttore d'orchestra, partecipò alle tournées italiane della compagnia di Seni Benelli, per il quale scrisse il commento musicale al poema Fiorenza; fino al 1928 seguì la compagnia di Seni Benelli come direttore delle musiche di scena. Nel 1929, al teatro Argentina di Roma, diresse le musiche di scena composte da E. Grieg per il Peer Gynt di Ibsen.
Dedicatosi a lavori di più ampio respiro, nel 1931compose l'opera Corradino lo Svevo, sulibretto di A. Rossato, che diresse con esito più che lusinghiero al teatro Nuovo di Verona il 4 apr. 1931. Nel 1932, perdute la prima moglie Diomira Rizzotti, sposata nel 1929, e la figlia da lei avuta, Doretta, si ritirò a Santa Croce Bleggio, rimanendovi per circa tre anni in condizioni di pressoché totale isolamento. Portò tuttavia con sé il pianoforte e il libretto di Lancillotto del lago, che A. Rossato gli aveva fatto pervenire in quei giorni; ne nacque un lavoro in cui, con grande sensibilità, riversò la sua dolorosa vicenda. Durante il soggiorno nel Trentino compose anche i Dueacquarelli paesani per quartetto d'archi, eseguiti a Castelvecchio (Verona) nella primavera del 1933.
Rientrato a Verona nel 1935, il D. riprese i contatti con gli ambienti musicali e giornalistici della città; negli anni della prima giovinezza aveva collaborato come critico musicale e con articoli d'attualità regionale al Corriere padano e al Brennero, e successivamente aveva pubblicato vari articoli nella rubrica "Clessidra" de L'Arena. Nel 1936 il sindaco di Verona gli affidò la direzione del neonato Ente spettacoli lirici Arena di Verona, con cui diede inizio alla sua attività più congeniale. Nominato sovrintendente e direttore artistico, svolse il suo incarico con grande impegno e straordinarie capacità organizzative fino al 1941, quando gli eventi bellici imposero la sospensione degli spettacoli all'aperto. Frattanto il 9 ott. 1938 aveva messo in scena al teatro delle Novità di Bergamo l'opera Lancillotto del lago, che, pur avendo avuto una felicissima accoglienza, venne presto dimenticata.
Nel settembre del 1939 aveva sposato il soprano Maria Caniglia, protagonista acclamata di varie opere durante le stagioni all'Arena di Verona, dalla quale ebbe il figlio Paolo, nato il 6 luglio 1940. Si trasferì poi con la famiglia a Milano e iniziò a collaborare con il nascente Ente lirico teatro Comunale di Bologna in qualità di sovrintendente. Richiamato alle armi, fu assegnato alla banda presidiaria dislocata a Bolzano; fatto prigioniero, fu internato a Duisburg e poi a Brunswick. Durante la prigionia poté, anche se faticosamente, dedicarsi alla composizione, grazie all'interessamento di un graduato dell'esercito tedesco amante della musica: nacquero così i Cantidella brughiera.
Tornato in patria al termine della guerra, raggiunse la famiglia che nel frattempo si era trasferita a Roma. Con la ripresa dell'attività artistica nell'immediato dopoguerra, il D. segui la moglie nel corso di numerose tournées in Argentina, Brasile, Egitto, dedicandosi all'attività direttoriale. Nel 1946 diede inizio a una intensa collaborazione come consulente e direttore artistico con il teatro S. Carlos di Lisbona, quindi nel 1950 riprese i rapporti con il teatro Comunale di Bologna, sempre come direttore artistico, conservando tale incarico sino al 1956.
Impegnato su vari fronti, dal 1960 la sua attività si fece sempre più frenetica: fatta eccezione per una breve parentesi al teatro Comunale di Firenze, si divise tra il S. Carlos di Lisbona e la stagione invernale alla Civic Opera House di Chicago, ove organizzò memorabili stagioni liriche. Colpito da un primo infarto nel 1969, rientrò a Roma per un breve periodo di riposo, ma riprese ben presto l'attività rispettando tutti gli impegni presi in precedenza.
Morì improvvisamente a Roma il 24 febbr. 1975.
Della sua produzione musicale, oltre alle opere citate, si ricordano: la fiaba per bambini La tana e il nido (libretto di G. Fanciulli, non rappr.: comunic. E. Donati); il commento musicale per la commedia Serenata al vento di C. Veneziani e il completamento del balletto Biancaneve di R. Zandonai. Inoltre, per orchestra: Pastorale della trincea, primo premio al concorso internazionale indetto dall'Opera Campana dei caduti di Rovereto (Milano s.d.); per soprano e orchestra: Preghiera a S. Sergio (Firenze s.d.); Notte, divina notte (Milano s.d.); musica da camera: Intermezzo e romanza per violino e pianoforte (ibid. s.d.); Notturno per quattro violoncelli (Firenze s.d.); Piccola partita per pianoforte (Milano s.d.); Coro delledonne per voci femminili (Firenze s.d.); Quartetto per archi; Sonata per pianoforte; Chimere per voce e pianoforte da un testo di R. Tagore (Cagliari 1935); infine varie liriche per soprano e pianoforte, tra cui Preghiera contro i ladri (Firenze s.d.); Canti della brughiera (Milano s.d.) e altro.
Compositore sensibile e ricco di fantasia, diede prova di un notevole istinto teatrale e un innato buon gusto nell'opera Corradino lo Svevo, doti confermate poi dalla seconda opera, Lancillotto del lago, accolta con lusinghiero successo; si distinse inoltre nel repertorio sinfonico con i deliziosi Acquarelli paesani, usciti direttamente dal filone della grande tradizione strumentale italiana, maturata alla scuola del suo maestro e amico Zandonai. Animatore entusiasta e instancabile, dotato di notevoli capacità manageriali, preferì abbandonare la carriera di musicista per intraprendere quella di organizzatore teatrale, guadagnandosi fama internazionale per l'intuito e la capacità di risolvere i problemi più ardui. Rivelatosi fin dalla sua prima collaborazione con l'Arena di Verona tra il 1936 e il '40, legò il suo nome ad allestimenti di particolare prestigio, come Giulietta e Romeo di Zandonai, Loreley di A. Catalani e la Favorita di G. Donizetti.
Consolidata la sua fama di organizzatore all'ente lirico di Bologna, ebbe la consacrazione internazionale quando fu chiamato a ricoprire l'incarico di consulente e direttore artistico alla Civic Opera House di Chicago: riuscì allora a risollevare le sorti del teatro che entrò in diretta concorrenza con il Metropolitan di New York. Tra l'altro il D. si adoperò per la diffusione del repertorio contemporaneo e organizzò la prima americana del Wozzek di A. Berg, contribuendo alla realizzazione del congresso di studi verdiani in occasione della prima rappresentazione del Simon Boccanegra negli Stati Uniti.
Non meno significativa a tale riguardo l'attività svolta a favore della corrente meno esasperata del mondo musicale italiano; allorché nel 1932, in pieno clima fascista, si determinò una frattura tra i compositori della generazione dell'80 divisi in due fazioni opposte che sostenevano da una parte l'ala più tradizionale della musica italiana, dall'altra i movimenti più modernisti individuabili soprattutto in G. F. Malipiero e A. Casella, il D. si dichiarò in favore del "soggettivismo in musica" ("cuore, sensibilità, vita") contro la paventata irreggimentazione burocratica di un'arte di Stato: "Manifesto" e "Contromanifesto". Battuta di chiusura, in IlBrennero, 27 genn. 1933 (cit. in Nicolodi). Tali idee, manifestate nel timore di una "fascistizzazione" dell'arte dei suoni, erano già state espresse nello scritto Concetti nebulosi e parole chiare (ibid., 22 genn. 1933, cit. ibid.).
Fonti e Bibl.: Notizie documentarie fornite dalla signora Elisabetta Donati (Verona); necr., in Il Resto del carlino, 25 febbr. 1975 (L. Pinzauti); L'Arena, 26 febbr. 1975 (C. Bologna); critiche in Il Messaggero, 13 marzo 1929; M.V. Recupito, Artisti e musicisti moderni, Milano 1933, p. 96; Due secoli di vita musicale. Storia del teatro Comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, I, Bologna 1966, p. 42; La musica a Verona, Verona 1976, pp. 372, 374, 384, 412, 419; M. Rinaldi, Due secoli di musica al teatro Argentina, Firenze 1978, III, p. 1388; F. Nicolodi, Musica e musicisti nel Ventennio fascista, Fiesole 1984, pp. 145 s.; Il teatro di S. Carlo, a cura di C. Marinelli Roscioni, II, Napoli 1987, ad Indicem; C. Schmidl, Diz. univ. dei Musicisti, Suppl., p. 263; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, II, p. 321; Enc. dello spett., IV, col. 841; Grande encicl. della musica lirica, II, pp. 376 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei music., II, Le biografie, p. 518.