Pio III
Francesco Todeschini-Piccolomini nacque a Siena o a Sarteano il 9 maggio 1439, quarto figlio di Nanni di Piero Todeschini, e di Laodomia, sorella di Enea Silvio Piccolomini. Non si hanno molte notizie sulla sua infanzia e sulla sua giovinezza: probabilmente la prima formazione gli fu impartita tra le mura domestiche per poi approfondire a Ferrara la preparazione giuridica e umanistica. Frequentò in seguito l’Università di Vienna. Con l’ascesa al papato di Piccolomini – che prese il nome di Pio II –, Francesco fu investito della prepositura di Sankt Viktor a Xanten sul Reno e ricevette quattro arcidiaconati in terra tedesca. Il 5 marzo 1460 divenne cardinale con il titolo diaconale di S. Eustachio. Prese parte al conclave del 1464 che elesse papa Paolo II. Per la sua conoscenza della lingua tedesca, il 18 febbraio 1471 venne nominato ambasciatore in Germania, giungendo a Ratisbona il 18 marzo e prendendo parte alla Dieta locale. Non partecipò all’elezione di Sisto IV nel conclave dell’agosto 1471 proprio perché impegnato in Germania. Il nuovo pontefice lo nominò protodiacono. Prese parte invece al conclave del 1484 che elesse papa Innocenzo VIII e, come cardinale protodiacono, ebbe il compito di annunciare l’elezione del nuovo pontefice e di incoronarlo l’11 settembre di quello stesso anno. Partecipò anche al conclave del 1492 che elesse papa Alessandro VI; questi lo nominò legato a latere presso Carlo VIII dal 1º ottobre 1493. Alla morte di Alessandro VI, venne finalmente eletto papa come figura di transizione, nella previsione di un regno non lungo («per vecchiaia», secondo una battuta di Francesco Vettori contenuta in una lettera a M. del 30 marzo 1513, Lettere, p. 239), su iniziativa di Georges d’Amboise e con il consenso di Giuliano Della Rovere (22 sett. 1503). Incoronato l’8 ottobre 1503 con il nome di Pio III, accordò a Cesare Borgia il permesso di rientrare a Roma e avviò la riforma della curia. Durante i ventisei giorni del suo pontificato, in memoria dello zio Pio II, fondò la Biblioteca Piccolomini presso la cattedrale di Siena. Morì per un’ulcera alla gamba il 18 ottobre 1503, dopo aver celebrato un concistoro nel quale non creò cardinali. Secondo alcune voci fu fatto avvelenare da Pandolfo Petrucci, signore di Siena.
M. nomina P. solo in relazione al suo brevissimo pontificato e senza nessuno spessore descrittivo. P. viene infatti menzionato nel primo Decennale ai vv. 457-59: «E così fu creato papa Pio, / ma pochi giorni stiè sotto a quel pondo / che li aveva posto sulle spalle Dio». Ma non è nominato nei due capitoli del Principe che trattano della successione ad Alessandro VI. In Principe vii M. fa comunque buon conto della sua elezione nel descrivere l’azione del Valentino, che la favorì per sbarrare il passo a Giuliano Della Rovere: «[el duca] possé fare, se non chi e’ volle, papa, almeno ch’ e’ non fussi chi e’ non voleva». Operazione che il Valentino non riuscì a ripetere nel conclave inatteso apertosi il 31 ottobre, quando improvvidamente concesse il suo appoggio proprio al nemico Della Rovere. In questa pagina, dunque, P. è presente, ma solo come personaggio sottinteso, funzionale a uno schema argomentativo di M. che serve a lodare la perspicacia della condotta del Valentino nel primo conclave del 1503, in contrasto con la successiva elezione. Nel capitolo xi 14 la vicenda storica di P. viene addirittura rimossa: «Surse di poi Alessandro VI [...] venne di poi papa Iulio». Non hanno alcun rilievo anche i riferimenti a P. nelle lettere della legazione del 1503 (1° e 4 nov.).
Bibliografia: Fonti: P. Piccolomini, Il Pontificato di Pio III secondo le testimonianze di una fonte contemporanea, «Archivio storico italiano», V s., 1903, 32, pp. 102-38; L. von Pastor, Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters, mit Benutzung des päpstlichen Geheim-Archives und vieler anderer Archive, 3° vol., Geschichte der Päpste im Zeitalter der Renaissance von der Wahl Innozenz’ 8. bis zum Tode Julius’ 2. (1484-1513), Freiburg i.B. 1926 (trad. it. Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, compilata col sussidio dell’Archivio segreto pontificio e di molti altri archivi, 3° vol., Storia dei Papi nel periodo del Rinascimento dall’elezione di Innocenzo VIII alla morte di Giulio II, Roma 1932, pp. 645-79); I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a cura di P. Cherubini, Roma 1997.
Per gli studi critici si vedano: A.A. Strnad, Pio II e il suo nipote Francesco Todeschini Piccolomini, «Atti e memorie della Deputazione di storia patria delle Marche», VIII s., 1964-1965, 4, 2, pp. 35-84; A.A. Strnad, Francesco Todeschini-Piccolomini: Politik und Mäzenatentum im Quattrocento, «Römische historische Mitteilungen», 1964-1966, 8-9, pp. 101-426; G. Sasso, Coerenza o incoerenza del settimo capitolo del Principe, «La cultura», 1972, 1, pp. 1-35, poi in Id., Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 2° vol., Milano-Napoli 1988, pp. 119-63; C. Dionisotti, Machiavellerie. Storia e fortuna di Machiavelli, Torino 1980, pp. 55-58; M. Sanfilippo, Pio III, in Enciclopedia dei papi, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2000, ad vocem.