PIO X papa
Giuseppe Melchiorre Sarto, nato a Riese (Treviso) il 2 giugno 1835, morto a Roma il 20 agosto 1914. Di umilissima famiglia (suo padre, Giovanni Battista, era cursore comunale, sua madre, Margherita Sanson, era una piccola sarta campagnola), fu il primo di dieci figli. Pio e religioso, si volse subito alla carriera ecclesiastica. Compì i primi studî a Castelfranco (1846-1850), poi nel seminario di Padova, ove fu assai benvoluto per l'animo buono e l'intelligenza vivace. Il 18 settembre 1857 fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Castelfranco, nell'ottobre 1858 nominato vicario nella borgata di Tombolo; poi passò a Salzano (1867). E dovunque il futuro pontefice esercitò un efficace apostolato, non soltanto dal pergamo e dall'altare. La modestia delle origini gli faceva più cari i poveri e gli umili, con i quali spartiva spesso il poco che aveva. Durante l'epidemia colerica del 1873, si prodigò incessantemente assistendo materialmente e spiritualmente gl'infermi. Due anni dopo, fu nominato canonico del capitolo di Treviso, nel 1879 primicerio, nel 1884 vescovo di Mantova. Natura semplice e schietta, lontana da ogni ambizione terrena e da ogni intrigo, rigido verso di sé, misericordioso con gli altri, il Sarto fu durante nove anni attivo, energico, infaticabile capo della diocesi mantovana, finché nel concistoro del 12 giugno 1893 fu proclamato cardinale prete del titolo di San Bernardo alle Terme e tre giorni dopo preconizzato patriarca di Venezia. Per il conflitto sorto tra il governo italiano e il Vaticano, intorno al diritto di designazione del patriarca, il Sarto dovette attendere a Mantova l'exequatur fino al 5 settembre 1894. Fino dalla sua prima lettera pastorale, il nuovo patriarca si rivelò severo e inflessibile nella tutela dei diritti della Chiesa, nell'esaltazione dell'autorità pontificia, nella denunzia del liberalismo laicizzante: "I cattolici liberali sono lupi coperti con il manto degli agnelli". Lo spirito della Pascendi già si rivelava. Anche a Venezia fu grande l'operosità del Sarto in tutti i campi e grandi furono le simpatie che seppe conquistarsi per l'affabile semplicità dei modi, il sano equilibrio, la pietà grande per tutte le miserie. Nato povero, volle restare povero: e i Veneziani non ignoravano che il loro patriarca indossava la veste pontificale del suo predecessore e che il suo orologio d'oro, come già a Salzano e a Treviso, era impegnato per alleviare miserie altrui.
Quando morì Leone XIII (19 luglio 1903), il cardinale Sarto fu dei 62 cardinali intervenuti al conclave, che in quattro giorni e sette scrutinî portò all'esclusione del card. Rampolla, in forza del veto austriaco (2 agosto), e all'elezione del patriarca di Venezia a pontefice con 50 voti (4 agosto). Aveva fatto di tutto per scongiurare l'elezione; richiesto secondo il rito se intendeva accettarla, dichiarò di accettarla come una croce e di prendere come nome quello stesso dei papi che più avevano sofferto, Pio X. Anche elevato alla tiara, l'uomo restò semplice e schietto di modi. Ma della sua dignità sentì tutto il valore e la grandezza. Lavoratore instancabile, diresse per undici anni la Chiesa, fermo al principio della sua prima enciclica (4 ottobre 1903): "instaurare omnia in Christo". Non fu quello che si dice un papa politico; fu un papa pio, sollecito soprattutto della saldezza della fede, dell'intangibilità della dottrina, della dignità della Chiesa. Questo spiega gli atti che egli compì, l'accordo intero con il suo segretario di stato R. Merry del Val (v.), che, uscito da altro ambiente sociale e ricco di diversa esperienza di vita, ebbe come lui viva e sincera la fede. Sono del pontificato di Pio X la riforma della musica sacra (22 novembre 1903), il motuproprio sull'azione popolare cristiana (18 dicembre 1903), l'obbligo della comunione frequente, la condanna del diritto di veto al conclave (costituzione apostolica Commissum nobis), la riorganizzazione della Curia (costituzione apostolica Sapienti consilio), la creazione dell'istituto biblico a Roma (lettera apostolica Vinea electa), ecc. Più gravi di conseguenze, in campi diversi, il conflitto con la Francia, divenuto più acuto dopo la visita del presidente Loubet al re d'Italia (1904), e la separazione della Chiesa dallo Stato, votata dal parlamento francese (11 dicembre 1905); e la lotta contro il modernismo (v.). Con l'enciclica Vehementer dell'11 febbraio 1906, egli protestò contro l'atteggiamento assunto dal governo francese; con la Gravissimo officii respinse le proposte associazioni cultuali; con l'enciclica Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907), condannò il modernismo. Lo stesso austero senso di dignità apostolica gli dettò l'enciclica sulla separazione dello Stato dalla Chiesa in Portogallo, l'altra all'episcopato polacco, mentre la bontà per gli oppressi gli suggeriva la lettera ai vescovi dell'America latina per il miglioramento della condizione degl'Indiani. Verso l'Italia, tenne un atteggiamento che apparve ispirato a maggiore benevolenza e a maggior comprensione di quello prima tenuto dal Vaticano. E, pur mantenendo il punto di vista della S. Sede a proposito della questione romana, mitigò d'assai l'atteggiamento vaticano verso lo stato italiano, consentendo, tra l'altro, l'afflusso dei cattolici alle urne (v. non expedit) e permettendo di fatto un'azione di gruppi politici cattolici. Politica questa che portò qualche volta a singolari contatti e a ibride alleanze elettorali ("patto Gentiloni" del 1913), ma che preparò gli animi alla necessità e alla possibilità di future soluzioni conciliatrici della questione romana.
Lo scoppio della guerra mondiale lo atterrì. Nella sua esortazione ai cattolici di tutto il mondo, del 2 agosto 1914, vibra tutto il dolore di un'anima profondamente religiosa di fronte alla minaccia di un flagello mondiale. Morto, fu oggetto di grande compianto, dapprima, di commossa venerazione poi. Ché se di alcuni atti politici o dottrinali del suo pontificato non poté il popolo comprendere il significato e il valore, bene intese, però, la profonda bontà e la sincera fede dell'uomo.
Bibl.: A. Marchesan, P.X nella sua vita, nella sua parola e nelle sue opere, n. ed., Roma 1910; P. X., numero unico, Napoli 1914; M. Pernot, La polit. de Pie X (1906-1910), Parigi 1910; R. Bazin, P. X, ivi 1928.