Piramidi e ziqqurat
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le piramidi, grandi edifici sepolcrali in pietra, ultima dimora di molti faraoni, sono senza dubbio il monumento simbolo dell’Egitto, come le ziqqurat, alti edifici a terrazze, lo sono della Mesopotamia. Ma questa è l’unica similitudine fra i due monumenti. Le ziqqurat sono piattaforme compatte sulla cima delle quali trova posto un tempio, la “casa” terrena del dio, mentre le piramidi sono edifici sepolcrali privati, solcati da cunicoli interni. Cambiano i materiali utilizzati per costruirle e alla pietra egiziana si contrappone in Mesopotamia il mattone crudo o cotto. È diverso anche l’orizzonte cronologico nel quale questi edifici sono costruiti: le piramidi sono erette fra XXVII e XIX secolo a.C., mentre la più antica ziqqurat conosciuta data alla fine del XXII a.C.
La più antica piramide conosciuta è quella a gradoni di Djeser, secondo sovrano della III Dinastia, costruita verso la metà del XXVII secolo a.C. a Saqqara. Secondo la tradizione, il suo architetto Imhotep fu il primo a progettare e a costruire edifici interamente in pietra e le incertezze e i progressi fatti nell’utilizzo del nuovo materiale sono ben visibili nei molteplici cambiamenti apportati al progetto originale e nel progressivo ingrandimento del complesso funerario del faraone, che dopo vent’anni di lavori giunge a comprendere decine di edifici disposti su un’area di 15 ettari. Molti di questi sono falsi edifici, cioè edifici dei quali sono realizzati solo i rivestimenti esterni, costruiti per simboleggiare la società egizia e creare un luogo familiare all’anima del faraone. Fra gli edifici “veri” ci sono un tempio funerario, di cui rimane praticamente solo il basamento in basalto, e molti magazzini. La recinzione del complesso, alta 10 metri, caratterizzata da un andamento a nicchie e dalla presenza di molte finte porte, riproduce le mura del Muro Bianco, la futura Menfi, città fondata oltre 300 anni prima da Narmer, l’unificatore di Alto e Basso Egitto.
Il monumento funebre di Djeser viene concepito dapprima come una mastaba, la tradizionale tomba utilizzata dai faraoni delle prime dinastie, un gradone dalla struttura tronco-piramidale realizzato in mattoni che può contenere cappelle e magazzini e uno o più pozzi sepolcrali. In una seconda fase, alla prima mastaba ne sono sovrapposte altre due di misura inferiore, fino a giungere ai 40 metri di altezza, mentre sotto il livello del suolo, partendo da un pozzo centrale profondo 28 metri, si dipana un dedalo di gallerie, nelle quali immagazzinare i beni necessari alla vita ultraterrena del faraone. In fondo al pozzo si trova la camera sepolcrale, alta 6 metri e realizzata con grossi blocchi di granito rosa. Successivamente la base della piramide viene ampliata (109x121 m) e il numero dei gradoni aumenta a sei, portando l’altezza a 62 metri. L’esterno viene ricoperto di lucente calcare bianco mentre alcune stanze nei sotterranei sono rivestite di piastrelle di faïence turchese. Altri 11 pozzi profondi 30 metri, destinati ad accogliere le spoglie dei parenti del faraone, sono scavati nei pressi della base orientale della piramide e una camera sepolcrale secondaria per il faraone si trova sotto una mastaba costruita all’estremità meridionale del cortile.
Le sperimentazioni con la pietra continuano coi faraoni seguenti; Snefru (faraone dal 2575 al 2551 a.C.), primo faraone della IV Dinastia, alla fine del XXVI secolo a.C. fa costruire ben tre piramidi, tutte diverse fra loro. La prima si trova a Meidum, misura 144 metri di lato e giunge oggi a 42 metri d’altezza. Progettata in origine come una piramide a gradoni, è rivestita in seguito da una copertura esterna che la trasforma nella più antica piramide a superfici lisce conosciuta. Durante la sua progettazione si commette però un grave errore: si costruisce la struttura partendo dal nucleo interno, sovrapponendogli poi strati obliqui di altezza decrescente, che, caricando il peso dell’intero edificio verso l’esterno invece che verso l’interno, ne provocano il collasso. Potrebbe essere questo il motivo per cui nella così detta Piramide Romboidale (lato 188 m, altezza 105 m), costruita a Dahshur, si decide di ridurre la pendenza del lato a metà dell’alzato, portandola da 54° a 43°. È possibile anche che il collasso della prima piramide sia avvenuto solo molti secoli dopo la sua costruzione e che il cambiamento di pendenza nella seconda sia dovuto a cedimenti della sua stessa struttura, causati da un’errata progettazione della camera sepolcrale, il cui tetto, costruito piatto invece che piramidale, non è in grado di scaricare il peso dell’edificio. Le crepe oggi visibili sulla superficie esterna della piramide sono i segni evidenti di questo cedimento.
L’inclinazione di 43° è mantenuta nella terza piramide (lato 220 m, altezza 104 m) fatta costruire dal faraone, quella che probabilmente utilizzò come sepoltura, chiamata Piramide Rossa per la copertura in calcare che un tempo la rivestiva.
Con Snefru sono introdotte nella struttura dei complessi funerari molte modifiche, che diventano canoniche con le dinastie successive. La camera sepolcrale non è più scavata sotto la piramide, ma è ricavata nella sua base ed è raggiungibile per mezzo di un passaggio in discesa, la cui entrata è posta ad un terzo della facciata settentrionale del monumento. Oltre alla piramide nel complesso rimangono solo la tomba secondaria, che assume la forma di una piccola piramide, e il tempio funerario, spostato da nord ad est. L’asse del complesso, prima allineato al corso del Nilo (sud-nord), segue adesso la direzione del cammino del sole (est-ovest), lungo la quale è allineata anche la Via Cerimoniale, una lunga rampa rialzata e in salita, che collega il tempio funerario con il tempio a valle, costruito a ridosso del Nilo e destinato a ricevere la barca sacra con il corpo del faraone. La via guida il faraone defunto verso Ra, il Sole, il cui simbolismo è onnipresente nelle piramidi: la forma triangolare corrisponde alla rappresentazione grafica dei raggi luminosi; il rivestimento in pietra chiara riflette la luce e fa quasi brillare l’intera struttura; la collocazione è ad ovest del Nilo, dove ogni sera tramonta Ra, il quale, dopo aver percorso con la sua barca il fiume dell’oltretomba, risorge ad est la mattina seguente.
La capacità di costruire con la pietra giunge a maturazione con la più nota e imponente delle piramidi, quella che il successore di Snefru, il faraone Khufu, oggi più noto con il nome greco di Cheope, fa costruire su uno sperone roccioso nei pressi di Giza nella prima metà del XXVI secolo a.C. La Grande Piramide, una delle sette meraviglie del mondo, l’unica ancora oggi visibile, è alta 146 metri e ha per base un quadrato perfetto di 230 metri di lato. La struttura interna è realizzata con 2,3 milioni di blocchi di pietra; la maggioranza sono di calcare, ma i più grandi, il cui peso può superare le 50 tonnellate, sono quelli di granito utilizzati per la camera sepolcrale. Il rivestimento esterno era in calcare di Tura, liscio e lucido, ma è stato in gran parte rimosso nel corso dei secoli e riutilizzato come materiale da costruzione.
Sulla cima della piramide era collocato un gigantesco pyramidon d’oro, una raffigurazione simbolica della collina emersa dalle acque primordiali del Nun. Innumerevoli passaggi solcano la struttura all’interno: dall’entrata parte un corridoio in discesa lungo 100 metri che scende fino a 30 metri sotto terra; dal tunnel se ne dirama un secondo in salita che si divide in un corridoio inferiore e uno superiore; il primo conduce alla camera sepolcrale della regina, il secondo a quella del faraone, costruita non più alla base della piramide, ma nel corpo della stessa.
Nonostante negli ultimi secoli siano state avanzate varie ipotesi, alcune decisamente fantasiose, sulla costruzione delle piramidi, sappiamo poco al riguardo. Per costruire edifici così imponenti è necessario approntare dapprima un progetto e scegliere un luogo adeguato per realizzarlo, nel quale vanno eseguite accurate misurazioni. Bisogna poi cavare la materia prima, che può provenire o dalla stessa piana di Giza o da zone limitrofe (il calcare locale o quello di Tura) ma anche da molto lontano (il granito di Aswan). Quest’operazione avviene con l’uso di scalpelli di pietra o di rame, martelli e cunei di legno. I massi vanno quindi trasportati fino al luogo designato alla costruzione, sagomati con estrema precisione in modo che le giunture fra essi risultino quasi invisibili e infine messi in opera. Verosimilmente si possono usare rulli o slitte per trasportarli, piani inclinati per sollevarli e rampe di sabbia e detriti, che dovevano essere costantemente elevate col procedere della costruzione, per portarli in posizione.
I blocchi di pietra provenienti da lontano sono trasportati per via fluviale, approfittando del periodo delle piene del Nilo, durante le quali si ha anche una maggiore disponibilità di mano d’opera, non essendo i contadini impegnati nella coltivazione dei campi. La forza lavoro, che risiede in quartieri costruiti vicino alle piramidi, è formata, secondo le stime più recenti, da non oltre 20-30 mila individui.
Le piramidi continuano ad essere costruite fino all’inizio del I Periodo Intermedio, (fine del XXIII secolo a.C.), senza mai più raggiungere le mastodontiche dimensioni di quelle appena descritte e l’unica novità di rilievo, introdotta nel corso del XXIV secolo a.C., è l’incisione di testi sacri sulle pareti delle camere interne.
Nuove piramidi sono costruite solo nel Medio Regno, a partire dal XX secolo a.C., ma rinunciando all’uso esclusivo della pietra, che viene riservata solo per il rivestimento esterno, applicato su un nucleo in mattoni. A causa di questo sistema di costruzione, più veloce ed economico ma meno efficace, di queste piramidi restano oggi solo cumuli di macerie.
Le prime ziqqurat sorgono nei cortili dei grandi santuari mesopotamici e elamiti assieme ad altri edifici sacri e loro resti sono stati individuati in 16 siti, ma certamente nell’antichità ne esistevano molte di più: quelle di Ninive, Susa e Akkad, ad esempio, sono note solo per le loro menzioni nei testi cuneiformi. Le più antiche sono costruite in epoca neosumerica, fra la fine del XXII e l’inizio del XXI secolo a.C., dai re della III Dinastia di Ur. La loro struttura architettonica è l’evoluzione di un tipo molto antico, quello del tempio costruito su un’alta terrazza, già attestato in epoca Ubaid (V millennio a.C.) a Eridu, che secondo i Babilonesi fu la prima città della storia.
La costruzione della ziqqurat di Ur, una delle meglio conservate, inizia con il primo re della III Dinastia di Ur, Ur-Namma e termina con suo figlio Shulgi. L’edificio, restaurato più volte nel corso dei millenni, sorge sui resti di un tempio più antico, all’interno del recinto sacro del dio lunare Nanna, ed è realizzato in mattoni crudi ricoperti all’esterno da uno strato di mattoni cotti spesso 2 metri. La pianta è rettangolare (62,5x43 m) e l’alzato era un tempo formato da tre gradoni successivi, sull’ultimo dei quali sorgeva il tempio. Le pareti oblique dei gradoni conferiscono alla struttura un notevole slancio verso l’alto e il susseguirsi di nicchie e lesene movimenta le facciate. La terrazza del primo livello sorge ad 11 metri dal suolo, circa a metà dell’alzato totale. A quest’altezza, si trova un bastione nel quale convergono tre scalinate, due laterali, lunghe quanto la facciata a ridosso della quale sono costruite, e una centrale, perpendicolare alle altre.
La quasi coeva ziqqurat di Uruk, costruita nell’area sacra di Anu, l’Eanna, la “casa del cielo” si presenta oggi come un ammasso quasi informe di mattoni crudi, talmente eroso da non poter stabilire se in origine fosse sviluppata su uno o su più livelli. Il pessimo stato di preservazione permette, in compenso, di osservare il metodo di costruzione di questi edifici. La massiccia parte interna del monumento è formata da mattoni crudi quadrati, ai quali si alterna periodicamente uno strato di canne. I canaletti ricavati nei mattoni che attraversano la struttura permettevano l’essiccamento della malta utilizzata durante la costruzione e accoglievano al loro interno i tiranti di canne intrecciate che legavano i muri da un lato all’altro. Tutta la struttura è attraversata su più livelli da canali di scolo per le acque foderati in cotto, i cui sbocchi sono ben visibili nel rivestimento esterno della ziqqurat di Ur.
Nel corso dei secoli la pianta rettangolare è progressivamente sostituita da una pianta quadrata e le dimensioni degli edifici tendono ad aumentare considerevolmente.
La ziqqurat di Dur-Kurigalzu, l’odierna Aqar Quf, voluta nel XIV secolo a.C. dal fondatore della città, il re cassita Kurigalzu, fa parte dell’Eugal, la “casa del grande signore”, il santuario di Enlil, supremo re del pantheon sumero-accadico. Sorge in un grande cortile lastricato del quale facevano parte anche i recinti di Ninlil ed Ninurta, la sposa e il figlio di Enlil. Rispetto alle prime ziqqurat, la pianta è diventata da rettangolare a quasi quadrata e le dimensioni complessive sono aumentate notevolmente (i lati misurano circa 80 metri e l’alzato arriva ancora oggi ai 45 metri di altezza). Un’unica scala fortemente aggettante, che ne esaltava la verticalità, conduceva forse fino alla cima del monumento, mentre scale minori partivano dai lati dei vari gradoni e giravano a metà altezza proseguendo sulla facciata anteriore. All’alternarsi di filari di mattoni e strati di canne, si aggiungono due livelli di mattoni sbriciolati misti a malta, a 20 e a 35 metri dal suolo, utilizzati per livellare i piani e probabilmente corrispondenti ai livelli delle prime due terrazze.
La più famosa ziqqurat è quella di Babilonia, l’Etemenanki, la “casa delle fondamenta del cielo e della terra”, dedicata a Marduk, la cui prima costruzione risale all’epoca di Hammurabi. Agli inizi del VII secolo a.C., con il proposito di annientare per sempre la nemica Babilonia, il re assiro Sennacherib (re dal 704 al 681 a.C.) rade al suolo l’edificio assieme agli altri monumenti della città. Per rimediare all’“empietà” del padre, il figlio Esarhaddon (re dal 680 al 669 a.C.) si fa promotore di una politica favorevole a Babilonia e dà il via alla sua ricostruzione. I lavori che conferiscono alla ziqqurat il suo aspetto definitivo iniziano con il re caldeo Nabopolassar (re dal 625 al 605 a.C.), che però non riesce a portare a termine l’impresa, offrendo lo spunto per la nascita della storia biblica della Torre di Babele. La costruzione continua sotto il figlio Nabucodonosor II (re dal 604 al 562 a.C.) e si protrae per quasi un secolo.
Di quello che fu uno degli edifici più ammirati del mondo antico, oggi resta solo la base del nucleo in crudo e un largo fossato intorno, risultato dell’asportazione del rivestimento in mattoni cotti spesso 15 metri. La forma del fossato corrisponde alla pianta dell’edificio, un quadrato di 91,5 metri di lato, con una scalinata frontale aggettante e altre due laterali perpendicolari ad essa. Indirettamente, attraverso i testi antichi, possiamo farci un’idea di quale fosse l’aspetto del suo alzato. Erodoto nelle sue Storie ci informa che la ziqqurat aveva sette terrazze, sulla più alta delle quali sorgeva il tempio dove si svolgeva il rito del matrimonio sacro, celebrato fra una donna babilonese e la divinità.
Una tavoletta cuneiforme del III secolo a.C. trovata ad Uruk afferma che l’altezza dell’edificio era uguale alla misura della base, mentre una stele neobabilonese di Nabucodonosor, oltre ad offrirci una visione frontale dell’edificio a bassorilievo, parla del suo rivestimento, realizzato in mattoni cotti tenuti insieme da bitume.
Strabone racconta che l’Etemenanki fu distrutto da Serse e che Alessandro Magno tentò di farla restaurare, ma l’immane impresa (solo per pulire i lati dell’edificio ci vollero 10 mila uomini e due mesi di lavoro) rimase incompiuta a causa della morte improvvisa del re macedone.