PIRAMO e TISBE (Πύραμος, Θίσβη)
Il nome T. è assegnato a una piccola città beotica, a una delle figlie del fiume Asopos e ad una ninfa di sorgente che, con ogni probabilità, sarà da identificare con quest'ultima.
Nel poema di Nonnos (Dionysiakà, vi, 344) è ricordata un'appassionata storia d'amore tra il fiume Piramo di Cilicia e una ninfa Tisbe, che per molti aspetti è parallela a quella di Alfeo e di Aretusa: come il fiume di Cilicia avesse inseguito per vie sotterranee la sua ninfa sino a Cipro. Invece, presumibilmente per effetto di un romanzo asiatico, ha più fortuna la versione imborghesita e lacrimevole degli amanti babilonesi tramandata a noi dalle Metamorfosi di Ovidio (iv, 55 ss.).
Nell'arte figurata il fiume Piramo compare a metà figura nello schema dell'Oronte in alcune monete di Hierapolis, opposto alla figura della Cilicia (British Museum, Lykaonia, ecc., tav. xiv, 2, 3). Tra i mosaici di Antiochia la testa di Piramo imberbe e incoronata di canne palustri appare due volte con il nome iscritto accanto, una volta nella Casa di Cilicia contrapposto al vecchio barbato Tigri, mentre nella Casa del Portico una serie di clipei lo raffigura accanto a Tisbe, ad Alfeo e ad Aretusa. A Cipro, dove Piramo avrebbe raggiunto Tisbe, è stato trovato nella Casa dei Mosaici a Kato Paphos (Nea Paphos) un mosaico raffigurante ambedue i protagonisti, l'uno sdraiato con canna palustre nella mano sinistra e il braccio poggiato su una anfora, e con cornucopia nella destra alzata, l'altra stante e fra i due un leopardo.
Nel repertorio degli affreschi pompeiani è invece il solito motivo ovidiano dei tragici amanti di Babilonia che s'incontra tre volte ripetuto. L'immagine più vivida nella sua incomposta veemenza è quella della Casa di Loreio Tiburtino, in cui in particolare la figura e il volto adolescente del giovinetto appena irrigidito dalla morte recente sono evocati con toccante immediatezza. Più composte e manierate le altre due edizioni della Casa di Lucrezio Frontone e del museo di Napoli, n. 111483, in cui l'eroina si trafigge con la spada dell'amante sul corpo esanime di quest'ultimo. L'effetto è tutto nell'opposizione tra la rigida orizzontalità del corpo disteso e l'aspra impennata del torso nudo di Tisbe sopra di esso. Schema che forse non a caso ricorda quello del demone alato, sogno o incubo, impostato ad angolo retto sul corpo disteso dell'uomo dormente in un noto rilievo ellenistico e in uno stucco di Begram (G. M. A. Richter, in Amer. Journ. Arch., 1958, tav. 90, nn. 13, 14).
In Olimpia è ricordato da Pausania un gruppo di Asopos con le figlie, ex voto dei Filiasii (v, 22, 5). Tra i nomi ricordati peraltro non s'incontra quello di Tisbe.
Bibl.: O. Immisch, in Roscher, III, 1902, cc. 3335-3340, s. v. Pyramos u. Thisbe; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, tav. CXXXIV; G. Türk, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, cc. 286-87, s. v.; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, p. 54 ss.; Archaeology, XXI, 1968, p. 51 (mosaico di Kato Paphos).