PIRATERIA AEREA
. Tratta dal linguaggio giornalistico ma prontamente affermatasi anche nella terminologia diplomatica, questa espressione tende a indicare il complesso fatto criminoso che consiste nel violento impossessamento di un aeromobile, nell'imposizione con minaccia armata di deviarne la rotta, nell'assunzione dei passeggeri e dell'equipaggio come ostaggi, al fine di esigere dalle autorità di uno stato, in nome di pretese rivendicazioni politiche, comportamenti contrari al suo ordinamento giuridico, quali, tipicamente, la liberazione pura e semplice d'individui sottoposti a detenzione, e, in certi casi, l'esborso altresì di somme a titolo di riscatto degli ostaggi, e, persino, di pagamento agli autori materiali dell'operazione.
Così intesa, la p. a. costituisce un fatto criminoso che presenta alcune caratteristiche di natura, a un tempo, giuridica ed extra giuridica. Esso riveste, innanzi tutto, una plurima rilevanza internazionale: avuto riguardo all'ordinamento giuridico dello stato d'immatricolazione dell'aeromobile; rispetto all'ordinamento dello stato sul cui territorio, o nel cui spazio aereo, il fatto è stato compiuto; nei confronti degli stati i cui cittadini sono vittime del comportamento delittuoso; nei riguardi, infine, dello stato nel cui territorio l'aereo illecitamente catturato cerca e trova rifugio. La p. a. assume, di solito, anche e soprattutto significazioni politiche, in quanto s'inserisce in un contesto di rivendicazioni sovversive e di azione rivoluzionaria; esige da parte di stati decisioni costituenti altrettante abdicazioni ai loro poteri sovrani e violazioni delle loro leggi; e tende a proclamare innanzi all'opinione pubblica l'esistenza di una forza operante e di un asserito ideale politico, che si pretende non restino ignorati. La p. a. può considerarsi pertanto una forma moderna di terrorismo internazionale (v.), specializzato nella sua strumentalità tecnica. La p. a. si ripercuote gravemente, altresì, sull'economia dell'aviazione civile: introduce nelle comunicazioni aeree un elemento di pesante incertezza; pone a repentaglio la vita dei passeggeri e dei membri dell'equipaggio; costituisce, inoltre, pericolo per gli apparecchi e il materiale di volo; impone, infine, un aumento dei premi di assicurazione e l'aggravio, quindi, dei trasporti aerei di persone. Nel corso dell'ultimo decennio, i fatti criminosi di p. a. si sono accresciuti in modo drammatico: i plurimi movimenti sovversivi operanti nel mondo e le molteplici guerre locali in atto, segnatamente le singole fasi della guerra arabo-israeliana, hanno moltiplicato i dirottamenti di aeromobili per passeggeri, e hanno provocato sanguinosi incidenti negli aeroporti internazionali. (Dolorosamente memorandi rimangono, tra gli altri analoghi episodi, la cattura e il dirottamento di un aereo, avvenuti nell'aeroporto di Fiumicino il 17 dicembre 1973). La consapevolezza, da parte degli stati, di essere tutti esposti a un comune pericolo ha indotto la diplomazia plurilaterale a elaborare convenzioni internazionali intese a fronteggiare in diverso modo il pericolo stesso.
Riunitasi in sedi diverse, ma tendente a uno stesso fine di cooperazione internazionale, la diplomazia plurilaterale ha elaborato e concluso tre convenzioni generali, che sono dirette a completarsi reciprocamente nel comune scopo di proteggere l'aviazione civile, e la stessa comunità degli stati, contro la nuova e ormai imperversante forma di criminalità internazionale. Convocata sotto gli auspici dell'ICAO (Organizzazione dell'Aviazione Civile) e preparata dagli studi preliminari del Comitato giuridico dell'organizzazione stessa, la Conferenza di Tokyo adottò il 14 settembre 1963 una "Convenzione concernente le infrazioni e altri atti commessi a bordo degli aeromobili". Tale strumento diplomatico tende unicamente alla tutela degli specifici interessi dell'aviazione civile; e concentra la sua portata normativa nell'obbligo della restituzione dell'aeromobile, e nelle agevolazioni in favore dei passeggeri e dell'equipaggio ai fini della prosecuzione del viaggio interrotto dall'atto criminoso. La Convenzione elaborata all'Aia, e ivi aperta alla firma il 16 dicembre 1970, è rivolta a un fine distinto: la repressione della cattura illecita di aeromobili. Essa pone, cioè, una normativa intesa a regolare la cooperazione internazionale per punire il complesso crimine dell'impossessamento di aeromobili, del dirottamento di essi, e dei ricatti che possono essere conseguentemente fatti agli stati. Tale cooperazione si attua nell'obbligo alternativo, previsto per gli stati partecipi della Convenzione, di punire essi stessi gli autori del crimine, ovvero, di concedere l'estradizione di essi (aut dedere, aut iudicare). La Convenzione elaborata e aperta alla firma in Montreal il 23 settembre 1971 completa la precedente, nel senso che stabilisce, sempre ai fini della repressione, lo stesso obbligo alternativo, avuto riguardo ai delitti di sabotaggio e ad altri atti pregiudizievoli all'aviazione civile.
Ai fini di contrapporre al terrorismo aereo un'efficace cooperazione internazionale, anche la diplomazia bilaterale sta operando: a conclusione di negoziati spesso assai laboriosi, le più moderne convenzioni in materia di estradizione prevedono espressamente la cattura illecita di aeromobili (hijacking) tra i reati per i quali l'estradizione può essere richiesta e concessa (cfr., tra le altre, la Convenzione italo-spagnola sottoscritta in Madrid il 22 maggio 1973, i cui strumenti di ratifica sono stati scambiati in Roma l'11 ottobre 1977).
La reazione degli stati più gravemente offesi dai delitti di p. a. non si è limitata al piano giuridico-diplomatico, ma si è manifestata in energici atti di autotutela. Tipico esempio è offerto al riguardo dall'operazione di Entebbe (luglio 1976), nel corso della quale l'aviazione israeliana, effettuando un'incursione fulminea, riuscì a liberare gl'individui, di cittadinanza israeliana, presi in ostaggio in seguito a un dirottamento aereo, e illecitamente trattenuti nell'aeroporto ugandese. Altro esempio è offerto dalla fulminea azione svolta da parte tedesca nell'aeroporto di Mogadiscio (ottobre 1977) riuscita a liberare gli ostaggi che un gruppo di terroristi, autori della cattura di un aeromobile della Lufthansa, deteneva continuando a ricattare il governo federale.
Nonostante il carattere spiccatamente internazionale del crimine comunemente riassunto nel termine di p. a., non sembra - allo stato attuale dello sviluppo del diritto convenzionale - che esso possa comprendersi senz'altro nella categoria dei delicta iuris gentium, quali la tratta degli schiavi, la pirateria marittima, ecc. Ciò in quanto le Convenzioni per la repressione di tale fatto delittuoso non ne proclamano il carattere criminale nei confronti di tutti gli stati, legittimando e obbligando ognuno di essi a prender esso medesimo decisioni punitive verso gli autori; ma si limitano a stabilire che gli stati assumono inter se l'obbligo di operare ai fini di reprimere le forme di delinquenza minacciose per la sicurezza dei loro traffici aerei, e all'uopo prevedono, per gli stati, l'obbligo, ancora inter se, di perseguire i colpevoli, ovvero di effettuare la consegna di essi allo stato che ne richieda l'estradizione.
Contro la minaccia della p. a. gli stati hanno avvertito la necessità di rivedere e di adeguare, sul piano interno, la loro legislazione penale. In base a un progetto presentato nel 1972 (ministro della Giustizia G. Gonella), il Parlamento italiano ha approvato nel maggio 1976 una legge (l. 10 maggio 1976, n. 342, sulla repressione di delitti contro la sicurezza della navigazione aerea), la quale, per definire il reato di p. a., assume l'elemento della violenza, minacciata o esercitata a bordo di un aeromobile, e l'elemento altresì del perseguito scopo di effettuare la cattura, ovvero di mutare la rotta, oppure distruggere l'aeromobile stesso. La legge stabilisce la competenza del giudice italiano a conoscere del fatto penale, valendosi all'uopo di una pluralità di criteri di collegamento: l'immatricolazione dell'aeromobile in Italia; oppure, l'avvenuto atterraggio in Italia dell'aeromobile, avente ancora a bordo l'autore del crimine; ovvero, il domicilio in Italia delle persone locatrici o noleggiatrici dell'aereo; o anche, a richiesta del ministro per la Giustizia, il semplice fatto che l'autore del crimine si trovi in Italia e non ne sia stata disposta l'estradizione. La legge prevede la pena della reclusione da 7 a 21 anni, per la sola commissione del fatto. La pena è aumentata, se l'intento del fatto stesso è conseguito; e non può essere inferiore a 12 anni, se dal fatto derivano lesioni personali ai passeggeri o ai membri dell'equipaggio. La pena è stabilita da 24 a 30 anni se dal fatto deriva la morte di una o più persone.
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