PIROELETTRICITÀ
. Taluni cristalli, elettricamente isolanti, sottoposti a una variazione di temperatura, si elettrizzano. Alla superficie del cristallo si rendono manifeste distribuzioni eteronome di elettricità, la cui somma algebrica è nulla. Al fenomeno D. Brewster (1824) diede nome di piroelettricità. Ad es., un cristallo di tormalina (v. figura), che a temperatura ordinaria risulti allo stato neutro, venga scaldato di alcune decine di gradi; allora esso presenta agli estremi dell'asse di simmetria ternaria z una distribuzione di cariche, positive sulla piramide più ottusa (polo analogo, perché una variazione "positiva" di temperatura, cioè un aumento di temperatura, vi produce una carica "positiva"), di cariche negative sulla piramide più acuta (polo antilogo).
Per un riscaldamento di 100°, la densità elettrica superficiale sulle facce polari di talune tormaline può giungere a 100 unità C. G. S. (elettrostatiche), cioè a valori rilevantissimi. L'elettrizzazione si può quindi osservare con mezzi grossolani (attrazione di corpiccioli leggieri, spolveramento della tormalina con la polvere elettroscopica minio-zolfo, ecc.). I metodi elettrometrici, ben più sensibili, permettono di osservare piroelettricità anche molto lievi.
A lungo andare, il cristallo, pur tenuto caldo, torna allo stato neutro: la lieve conducibilità del cristallo e dell'aria circostante ha permesso lo spostamento di cariche di conduzione che si sono portate a neutralizzare quelle liberatesi per piroelettricità. In queste condizioni il raffreddamento del cristallo fino alla temperatura iniziale fa apparire sui poli del cristallo cariche elettriche eguali e opposte alle precedenti.
W. Thomson (1878) ha mostrato che i fenomeni piroelettrici possono venire spiegati supponendo che i cristalli piroelettrici abbiano un'intensità di polarizzazione dielettrica (analogo elettrico della "intensità di magnetizzazione"; vedi magnetismo) funzione della temperatura. Per una particolare temperatura (circa 50° nella tormalina) questa intensità potrà essere nulla, ma quando un cristallo piroelettrico appare neutro, ciò di regola va attribuito alla neutralizzazione di cui si è parlato.
La piroelettricità fu forse nota agli antichi; il lincurium, capace secondo Teofrasto di attirare i corpi leggieri quando era riscaldato, era forse la tormalina. Verso il 1700 il fenomeno era noto ai fisici della scuola di Leyda; si sapeva cioè che un cristallo di tormalina, posto nella cenere calda, attirava la cenere stessa sulle facce "polari". F. U. T. Epino (1756) e J. Canton 1759) per primi studiarono il fenomeno con intendimento scientifico; R. J. Haüy (1796) fissò la relazione esistente tra simmetria cristallina e piroelettricità.
La piroelettricità si presenta soltanto (ma non necessariamente) nei cristalli della classe emiedrica del triclino e nei cristalli con un unico asse di simmetria cristallografica avente carattere polare, i cui estremi, cioè, non sono equivalenti (cfr. l'asse z della figura). In tali cristalli gli eventuali piani di simmetria devono passare necessariamente per l'asse polare; manca il centro di simmetria. Dieci delle trentadue classi di simmetria cristallina sono classi piroelettriche, contengono cioè cristalli che possono essere piroelettrici.
Tra i cristalli piroelettrici ricordiamo, oltre quelli di tormalina, quelli di zucchero, di acido tartarico, di solfato di litio, ecc. Nei cristalli non semplici (geminati, ecc.) la distribuzione delle cariche piroelettriche è di conseguenza più complessa.
Con la scoperta della piezoelettricità, osservato che tutti i cristalli piroelettrici sono piezoelettrici (ma non viceversa; p. es., il quarzo è piezoelettrico, ma non piroelettrico), si è molto discusso se la piroelettricità possa essere tutta ricondotta a un fenomeno di piezoelettricità prodotta dalle dilatazioni termiche del cristallo. Si ritiene oggi che buona parte della piroelettricità sia certamente "falsa", cioè si possa ricondurre a piezoelettricità, ma è anche probabile l'esistenza d'una "vera" piroelettricità.