PIROPLASMOSI (sin. babesiosi, theileriosi, nuttaliosi, malaria degli animali)
Comprendono varie malattie degli animali, a decorso acuto o cronico, dovute alla presenza nel sangue, e soprattutto nei globuli rossi, di un ematozoo della famiglia Piroplasmidae (v. babesia). Esso, causando la distruzione dei globuli rossi, dà origine ad anemia e spesso a emoglobinuria e itterizia. Le prime basi sulla conoscenza delle piroplasmosi furono gettate da Th. Smith, H. Kilborne e V. Babes. Esistono varie specie di piroplasmi differenziati per la loro forma e grandezza, per il modo di moltiplicarsi nel sangue degli animali, ma soprattutto per il loro diverso potere patogeno. Ogni specie parassitaria, cioè, svolge la propria attività patogena nell'ambito d'una sola specie animale. Le piroplasmosi sono malattie di alcune regioni; non sono contagiose nello stretto senso della parola, perché sono trasmesse dalla puntura di un ectoparassita, della famiglia Ixodidae (zecche). L'infezione non è propagata dalla zecca che ha succhiato il sangue del mammifero ammalato, ma dalla sua discendenza mediata o immediata. Alla diffusione della malattia contribuiscono, a mezzo delle zecche, gli animali ammalati, quelli clinicamente guariti, certi animali che non hanno mai presentato segni clinici di malattia, perché tanto questi quanto quelli albergano per anni i parassiti nelle emazie. L'immunità, o meglio la marcata resistenza acquisita dagli animali guariti, dura fino a quando i parassiti sono presenti nel loro corpo. Le varie forme di piroplasmosi che possono colpire la stessa specie animale, non conferiscono una resistenza reciproca.
Piroplasmosi bovina (piroplasmosi bovina europea). - È sostenuta dalla Babesiella bovis ed è trasmessa generalmente dalle larve e ninfe dell'Ixodes ricinus. La Babesiella passa dalle uova della zecca sessualmente matura che ha succhiato il sangue infetto, alle larve e ninfe che da essa derivano. Nel sangue dei bovini febbricitanti i parassiti si presentano ora isolati, di forma tondeggiante, del diametro di 1-2 micron e con movimenti ameboidi, ora appaiati, piriformi, della lunghezza di 2-4 micron e immobili. I due elementi sono allora disposti con le estremità acuminate sulla stessa linea retta, o in modo da formare un angolo. Si colorano col Romanowski o col Giemsa. La malattia è diffusa specialmente negli animali al pascolo sui territori paludosi e boschivi; nei bovini in stabulazione si sviluppa solo in via eccezionale. I bovini giovani mostrano una maggiore resistenza degli adulti; quelli indigeni, delle regioni dove domina l'infezione, contraggono questa in forma più mite che non quelli importati da regioni indenni, soprattutto per una forma di resistenza naturalmente acquisita per precedenti attacchi di malattia. L'infezione domina in tutti i paesi europei; in Italia in tutte le prealpi, dove fu scoperta da G. Finzi, P. Sacco e L. Cominotti, nelle regioni centrali, meridionali e nelle isole. Al tavolo anatomico, i reperti più significativi sono dati da ipertrofia della milza, da tinta itterica dei tessuti e dall'aspetto anemico del sangue. Hanno ancora un certo valore per la loro frequenza, l'infiammazione catarrale, con numerose emorragie della mucosa gastrointestinale, i fatti infiammatorî e degenerativi a carico del fegato e rene. Il periodo incubatorio è di 8-10 giorni. La malattia, nelle forme gravi, esordisce con alta febbre, che perdura per parecchi giorni, con manifestazioni piuttosto allarmanti a carico delle grandi funzioni; non mancano quasi mai i sintomi di gastroenterite. In pochi giorni il sangue si fa rossochiaro e acquoso; il numero degli eritrociti scende a 4-3-2 milioni per mm3, e anche meno nei casi letali. Le mucose si fanno dapprima pallide poi itteriche. Compare precocemente albuminuria seguita da emoglobinuria. Nella forma benigna, come si presenta generalmente nei vitelli, la malattia è caratterizzata da febbre moderata e di poca durata, da fatti generali poco apprezzabili e da assenza di emoglobinuria. Nei casi gravi, la morte può sopravvenire in pochi giorni, specie negli animali lasciati al pascolo. La mortalità oscilla dal 5 al 50%. La piroplasmosi bovina può essere complicata dalla febbre del Texas. La diagnosi si fonda sull'ipertermia, sull'emoglobinuria, sui caratteri del sangue, ma soprattutto sull'esame microscopico delle emazie. Nei casi iperacuti può essere confusa col carbonchio ematico. Il trypanblau (come pure la tripaflavina, la gonacrina, il pirobleu, l'esametilentetrammina) per via intravenosa corrisponde bene come curativo. Il trattamento chemioterapico in certi casi dev'essere sorretto da quello igienico e sintomatico. Sono stati indicati e attuati diversi metodi d'immunizzazione intesi a rendere resistenti i giovani bovini che dovranno essere esposti al contagio naturale, mediante l'infezione provocata con sangue di bovini guariti. I risultati ottenuti sono buoni. Possono anche condurre a benefici effetti le misure di profilassi diretta. Esse mirano all'esclusione dei pascoli infetti (ritirando i bovini nella stalla e alimentandoli con foraggi secchi, oppure ritirandoli su pascoli non infestati da zecche) e alla distruzione delle zecche tanto sugli animali quanto sui pascoli. Sugli animali possono essere allontanate manualmente, il che è possibile negli allevamenti poco numerosi; in quelli a forte contingente numerico, il procedimento più pratico è quello del bagno arsenicale. Per la distruzione delle zecche sui pascoli si può ricorrere, quando è possibile, alla coltivazione intensiva dei terreni, all'incendio delle erbe nella tarda primavera, ma meglio ancora all'allontanamento per un certo tempo (12-15 mesi) dei bovini dai pascoli stessi. Nel frattempo le erbe possono essere consumate da altre specie animali. I bovini provenienti da zone infette non devono essere importati in quelle indenni. Studî classici sulle piroplasmosi in genere e sulla piroplasmosi bovina argentina in specie dobbiamo a J. Lignières.
Febbre del Texas. - È una forma di piroplasmosi bovina, specie dei territorî tropicali e subtropicali, dovuta al Piroplasma bigeminum e trasmessa dalla larva della zecca Boophilus annulatus. La malattia è diffusa nell'America dal 38° parallelo N. al 35° S., in gran parte dell'Africa, dell'Australia, nei territorî orientali e meridionali dell'Asia. Nell'interno dei globuli rossi i parassiti si rinvengono di solito accoppiati, in forma di pera, della lunghezza di 2-4 micron, riuniti con le estremità appuntite in modo da formare un angolo acuto. Si colorano come la Babesiella bovis. Circa la recettività all'infezione naturale, v. sopra: Piroplasmosi bovina. Anche le lesioni anatomiche ripetono in generale quelle di quest'ultima malattia; di diverso si reperiscono soltanto emorragie sulla mucosa vescicale e della cistifellea e una forma di proctite e colite emorragica. Anche la sintomatologia è analoga a quella della piroplasmosi europea. L'infezione decorre generalmente in forma acuta e altamente mortale nei bovini di località indenni e in forma cronica e benigna in quelli delle regioni dove essa domina. Nei territorî tropicali e subtropicali può essere confusa con le theileriosi. Per la diagnosi differenziale, la profilassi diretta e indiretta e la terapia, v. sopra: Piroplasmosi bovina.
Febbre della costa. - È una forma di piroplasmosi dei bovini sostenuta dalla Theileria parva. Le basi fondamentali sull'esistenza di questa malattia furono date da R. Koch, A. Theiler, K. F. Meyer, Gonder. Essa è diffusa in quasi tutta l'Africa. Come reperto occasionale è stata riscontrata anche nei bovini dell'Italia centrale, meridionale e insulare dove, secondo M. Carpano, non determina un importante e definito processo morboso. La Th. parva è un piccolo parassita (0,5-3μ), che si presenta in forma bacillare, o di croce, o di foglia di salice; non si moltiplica nel sangue, ma nella milza e ganglî linfatici. La malattia è trasmessa specialmente dalla ninfa e dalla forma adulta del Rhipicephalus appendiculatus, dal Rhip. simus, dal Rhip. nitens, dal Rhip. capensis. Le forme larvali di queste zecche non sono mai infettanti, perché il parassita non passa nelle uova. Le infezioni più gravi sono sofferte dai bovini giovani, nei quali la mortalità oscilla dal 50 al 90%; in quelli guariti, il parassita scompare dal sangue e in essi si stabilisce una forma di solida resistenza. I reperti anatomopatologici più significativi sono dati da tumefazione delle ghiandole linfatiche, con infiltrazione gelatinoso-emorragica del connettivo perighiandolare, sottocutaneo e sottosieroso, da ulcerazioni della mucosa del quarto stomaco, e da spandimenti emorragici sulla mucosa del tenue. Il fegato è degenerato con focolai nodulari o raggiati bianco-grigiastri; il rene è pallido con noduli biancastri. La causa immediata della morte è dovuta a edema polmonare. Il periodo d'incubazione è di 10-12 giorni. Come nelle altre piroplasmosi, la febbre è intensa e accompagnata da gravi fenomeni generali. L'appetito è conservato; i ganglî esplorabili si mostrano tumefatti, non compare emoglobinuria e di rado anemia e itterizia. Nei casi mortali, a decorso tipico, la morte sopravviene in 14-15 giorni. La malattia può essere complicata dalla febbre del Texas. La diagnosi si fonda specialmente sulla dimostrazione microscopica del parassita. La cura, essendo solo sintomatica, dà scarso affidamento; tuttavia la gonacrina recentemente adoperata, specie nell'Africa settentrionale, sembra corrispondere, se usata tempestivamente. Le norme profilattiche sono quelle delle altre piroplasmosi bovine; siccome poi i vitelli sono da considerarsi come portatori e diffusori di contagio, la loro sistematica uccisione per 15 mesi, può condurre all'estinzione della malattia. Negli allevamenti da poco infetti, dove l'infezione potrebbe condurre fino a oltre il 90% di mortalità, è indicata la vaccinazione secondo il metodo A. Theiler (emulsione di milza e ganglî linfatici di bovini ammalati), pur essendo causa di reazioni febbrili e spesso mortali (fino al 40%).
Pseudofebbre della costa. - Malattia scoperta e studiata specie da A. Theiler (1906); è sostenuta dalla Theileria mutans, morfologicamente simile alla Th. parva e biologicamente da essa distinta perché si moltiplica nel sangue. L'infezione viene diffusa dalla forma adulta del Rhip. Evertsi; essa è nota nell'Africa meridionale, in molte regioni dell'Africa occidentale, dell'Asia, dell'Italia centrale, meridionale e insulare. Può associarsi alla febbre del Texas. Ha un decorso assai benigno e si manifesta con lievi oscillazioni termiche, moderata anemia e itterizia e dimagramento. Solo nei vitelli si può verificare qualche caso mortale.
Piroplasmosi tropicale (febbre transcaucasica). - È sostenuta dalla Theileria annullata, parassita morfologicamente simile alla Th. parva, dalla quale si differenzia per la predominanza delle piccole forme ad anello. La malattia è propagata dalle larve del Boophilus annulatus calcaratus; essa è presente in varie zone dell'Africa, Asia, Italia centrale, meridionale e insulare. Può decorrere in forma abbastanza grave. Tanto il quadro clinico, quanto la necroscopia, non rivelano reperti tali da poter differenziare la malattia dalle altre piroplasmosi. Soltanto l'esame microscopico del sangue può condurre a un giudizio decisivo.
Piroplasmosi del cavallo. - È causata dal Piroplasma caballi Nuttal o dalla Nuttalia equi. È diffusa nell'Italia centrale, meridionale e insulare, nella Russia, nei Balcani, nell'Africa, nelle Indie. L. Guglielmi, A. Theiler, G. H. F. Nuttal e M. Carpano portarono i maggiori contributi sulle attuali conoscenze della malattia. Il Pir. caballi Nuttal è piriforme, della lunghezza di 3-4 micron, nei globuli rossi si presenta isolato, più spesso in numero di due o di quattro, si moltiplica per gemmazione e divisione. La Nuttalia equi è molto più piccola e si presenta in forma di rosette e di croce, composta di quattro elementi distinti, originatisi per divisione. Il Pir. caballi è limitato a poche regioni della Russia, della Romania e Bulgaria. Ambedue i parassiti possono colpire nello stesso tempo il medesimo soggetto (infezioni miste). L'infezione naturale è trasmessa da varie specie di zecche. I cavalli indigeni contraggono la malattia solo nell'età giovanile o in quella avanzata, quando la loro resistenza viene frustrata da strapazzi, da carenza alimentare o da malattie intercorrenti. La resistenza presentata dagli equini dei territorî infetti è legata a una forma di "infezione labile" poiché i soggetti guariti albergano i parassiti nel sangue per parecchi anni. I due agenti delle piroplasmosi equine non conferiscono resistenza reciproca. Le principali lesioni anatomiche sono caratterizzate da tinta itterica dei tessuti, dall'aspetto idroemico del sangue nei casi a decorso protratto, da intumidimento dei ganglî linfatici e della milza, da emorragie sulle sierose e sulle mucose, da infiammazione catarrale, con formazione di ulceri, della mucosa intestinale. Non mancano mai processi degenerativi ai principali parenchimi. Il periodo d'incubazione è di 11-21 giorni. Accanto a una forte febbre, il primo sintomo obiettivo è dato dalla colorazione itterica delle mucose, sulle quali, nei casi gravi, si manifestano spandimenti emorragici. Si formano edemi nel connettivo sottocutaneo delle parti declivi dell'addome. Il sensorio è notevolmente depresso; tutte le grandi funzioni si presentano più o meno profondamente alterate. Sogliono essere presenti le manifestazioni di enterite. Nella nuttaliosi si ha emoglobinuria, mentre nella vera piroplasmosi questo sintomo fa solitamente difetto; nella prima, la febbre è di tipo intermittente o ricorrente con oscillazioni di oltre due gradi, nella seconda è di tipo continuo con lievi remissioni. Il numero degli eritrociti può scendere a tre milioni e mezzo nella piroplasmosi, a uno, uno e mezzo nella nuttaliosi. Le forme croniche conseguono generalmente a un attacco acuto e sono principalmente caratterizzate dal progressivo dimagramento, anemia, ittero, moderati rialzi termici. I piroplasmi sono allora presenti nella milza, fegato, reni. La malattia può evolvere in qualche giorno o in alcuni mesi; le infezioni dovute a nuttalia, sono più gravi di quelle a piroplasma; la mortalità nella prima, in Italia, va dal 5 al 10%. È necessario differenziare la malattia dalla peste equina, dall'influenza pettorale, dall'anemia infettiva, dall'anasarca, dalla mioemoglobinuria. La dimostrazione microscopica dei parassiti nel sangue, serve a differenziare le due forme di piroplasmosi equina e queste dalle altre malattie. I parassiti sono però facilmente dimostrabili nel sangue solo nei primi giorni di malattia. La cura è sintomatica. Come norme profilattiche si devono tenere lontani dai pascoli infetti, specie durante l'estate, i cavalli provenienti da regioni indenni oppure da queste regioni devono essere importati nei pascoli colpiti solo i puledri. Nell'Africa, A. Theiler ricorre con vantaggio all'immunizzazione preventiva contro la nuttaliosi, inoculando nei soggetti esposti al contagio sangue di giovane asino artificialmente infettato.
Piroplasmosi ovina. - È caratterizzata da anemia, emoglobinuria e itterizia ed è sostenuta dal Piroplasma ovis, parassita morfologicamente simile al Piroplasma bigeminum. L'infezione è specialmente diffusa nella pianura del Danubio; è nota però anche in Italia, in altri paesi dell'Europa, dell'America, dell'Asia e dell'Africa. Essa è diffusa dalle forme adulte del Rhipicephalus bursa. Il reperto necroscopico più significativo, oltre alle note anemiche, alla splenomegalia e alle solite degenerazioni organiche, è dato da infiltrazione sieroso-emorragica del connettivo sottocutaneo e mediastinico e da gastroenterite emorragica, con necrosi superficiale della mucosa. Le manifestazioni cliniche più salienti sono rappresentate da anemia, itterizia, emoglobinuria, spesso ematuria, paraparesi, enterite. Soccombono più facilmente le pecore vecchie e gli agnelli, in cui si può avere una mortalità del 50-60%. La malattia si può confondere col carbonchio ematico e con la setticemia emorragica. L'esame microscopico del sangue e l'inoculazione di questo negli animali da esperimento, conduce a una sicura diagnosi. A scopo curativo si raccomanda la gonacrina, il solfato di chinino, l'atoxil. I greggi sani devono essere tenuti lontani dai pascoli infetti. Si può provocare un'immunità attiva inoculando sangue virulento, solo o associato a bile.
Piroplasmosi del cane. - Colpisce specialmente il giovane cane da faccia, con manifestazioni di anemia, e, nei casi acuti, d'itterizia ed emoglobinuria; è causata dal Piroplasma canis, scoperto da A. Piana e G. Galli-Valerio (1895). L'infezione è assai frequente nei paesi tropicali, mentre è rara nelle zone temperate; è conosciuta anche nel nostro paese. Il Pir. canis è simile al Pir. bigeminum dal quale si distingue per le dimensioni maggiori e perché nello stesso eritrocita può raccogliersi in diversi esemplari. L'infezione naturale viene trasmessa nelle varie regioni da diverse specie di zecche. Le lesioni necroscopiche non rivestono nulla di caratteristico. Nel decorso acuto si rileva iperemia degli organi interni, ingrossamento della milza, dei ganglî linfatici, emorragie delle sierose e delle mucose, specie di quella intestinale, colorazione itterica dei tessuti. Nei casi cronici, fatta astrazione dell'itterizia che manca tali lesioni sono più accentuate, in più è presente intensa anemia. Nei casi acuti la febbre è molto elevata (40°-43°) e accompagnata da tutte le manifestazioni che le sono proprie; in parecchi casi si ha itterizia ed emoglobinuria; il numero degli eritrociti scende a una metà, a un terzo del normale. Nelle forme croniche, la febbre è effimera, talvolta intermittente; gli animali si presentano in preda a forte dimagramento e anemia; l'itterizia e l'emoglobinuria sono rare. Nel decorso cronico la prognosi è generalmente favorevole. I cani guariti albergano nel corpo i parassiti per qualche anno e la resistenza loro è legata soltanto alla presenza dello stato di "infezione labile", scomparso il quale si fanno di nuovo recettivi. La diagnosi può essere pronunciata con sicurezza soltanto dopo la dimostrazione dei piroplasmi. Il tryparont e il trypanblau spiegano contro il Pir. canis un'azione specifica.
Piroplasmosi dei Polli. - È una malattia descritta da M. Carpano nel 1928, in Egitto, sostenuta da un piroplasma del genere Aegyptianella pullorum. In seguito agli studî di M. Carpano, l'infezione è stata riscontrata in altri paesi. In Egitto colpisce solo i polli importati, sui quali evolve in forma acuta e generalmente mortale, e quelli migliorati per incroci con razze estere, nei quali decorre in forma subacuta e cronica e con esito parimenti infausto. I polli di razze locali, pur essendo parassitati, non manifestano disturbi di sorta. I sintomi più salienti sono dati dalla febbre, abbattimento, anoressia, paresi e paralisi degli arti.
Anaplasmosi. - È una malattia dei bovini, descritta da A. Theiler, classicamente studiata dal Lignières, caratterizzata da febbre, anemia, itterizia, e causata dall'anaplasma, parassita ematico piccolissimo, puntiforme. La malattia è diffusa specialmente nell'America Meridionale e nell'Africa meridionale; a piccoli focolai è conosciuta anche nell'Italia centrale e meridionale. L'anaplasma marginale si presenta sotto l'aspetto di granuli arrotondati, bene colorabili col Giemsa, delle dimensioni da 0,1-0,6 μ, costituiti da sola cromatina. Se ne trovano al massimo in numero di quattro per ogni eritrocita e spostati alla periferia dello stesso. L'infezione è trasmessa da alcune specie di zecche, da zanzare e mosche. Alla necroscopia si rileva principalmente dimagramento, infiltrazione sierosa dei tessuti connettivi, itterizia, tumefazione dei ganglî linfatici e della milza, gastroenterite. Il periodo d'incubazione è di 60-100 giorni. La febbre inizialmente si presenta di tipo continuo per diventare poi irregolarmente intermittente. Si nota spesso tinta subitterica delle mucose e costantemente anemia ed edemi in varie parti del corpo. Con frequenza si sviluppa gastroenterite. La guarigione avviene in alta percentuale, pur tuttavia in certe regioni la mortalità raggiunge il 50%. Nei vitelli la malattia decorre in forma benigna. Sono frequenti le infezioni miste, specie con la febbre del Texas. La gonacrina, la tripaflavina, sembrano corrispondere come curativi specifici. Come norme profilattiche si eviteranno i pascoli paludosi; a malattia comparsa si condurranno i bovini su terreni elevati. È possibile procedere alla vaccinazione preventiva eon sangue di bovino infetto. Per i bovini recettivi di razze selezionate è utile procedere alle vaccinazioni con sangue di capra o pecora artificialmente infettate, perché attraverso l'organismo di questi animali il virus subisce un'attenuazione di grado costante. Studî interessanti sull'anaplasmosi delle pecore sarde sono dovu̇ti a G. Finzi e A. Campus.