LIGORIO, Pirro
Pittore, architetto e "antiquario" del sec. XVI.
Nacque a Napoli nel 1513 o ΄14 da famiglia nobile (cappella a S. Maria di Monte Oliveto, con sculture di Giovanni da Nola) e fu avviato agli studî "delle lettere, come anche al disegno et alla pittura". Nel 1542 affrescava, con storie romane e soggetti mitologici, il palazzo dell'arcivescovo di Benevento sul Corso, a Roma. Eseguì in seguito molti affreschi del genere, tutti perduti, e si dedicò all'architettura.
Dal 1549 a circa il 1555 era al servizio del cardinale Ippolito d'Este, a Roma, come "antiquario"; quindi divenne l'architetto di Paolo IV Carafa (1555-1559); sotto il successore Pio IV, Medici, era, per un anno, dopo la morte di Michelangelo, primo architetto della fabbrica di S. Pietro, carica da cui fu rimosso per la sua presunzione di voler modificare il disegno michelangiolesco (il Vasari raccoglie anche le voci circa i mormorii di P. L. contro il grande Michelangelo quando questi era ancora in vita); dal 1567 era di nuovo "antiquario" del cardinale estense sinché, il 10 dicembre 1568, passava al servizio del duca Alfonso d'Este succedendo nella carica di "antiquario" a Enea Vico. Rimase al servizio degli Estensi a Ferrara, sino alla morte, avvenuta il 30 ottobre del 1583.
Lungi dall'essere un impiego puramente letterario, la carica di "antiquario" equivaleva per P. L. a quella di un soprintendente alle molte iniziative artistiche dei suoi patroni estensi, come risulta per esempio da documenti che si riferiscono all'allestimento di feste e tornei. Oltre alla sbalorditiva e varia erudizione di P. L., era certamente apprezzata la sua preparazione di architetto, e le due qualità egli doveva aver posto specialmente in valore nello scavo della Villa Adriana (v.) per il cardinale Ippolito, governatore di Tivoli.
Nella stessa architettura di P. L. - in modo ancor più significativo che nella pittura - la rievocazione dell'antico è spesso il tema centrale, di sapore letterario, della costruzione. Ne è l'esempio insigne il "casino di Pio IV" nel bosco del Belvedere (Vaticano), modello di un tipo particolarissimo di "villa suburbana" romana (Villa Medici, di Annibale Lippi, 1574-80; villa di Giulio III, del Vignola, 1572; Villa Giustiniani, del Lambardi e altri, sulla fine del secolo; Villa Borghese, del Vasanzio, 1613-1615). Al di là di una fontana a tempio, decorata da statue antiche e da grottesche, due scale adducono a un recesso isolato dominato dalla facciata del casino, interamente ricoperta di statue e di rilievi antichi disposti in un ordine che inevitabilmente spinge a ricercarvi l'allusione a una storia o a un emblema. La povertà della struttura architettonica sembra dar maggior risalto ai frammenti antichi, che nello strano contesto acquistano una intensa drammaticità, anzi "terribilità", secondo l'estetica del tempo; ancora più sottile è l'evocazione dell'antico nel complesso simbolismo della Villa d'Este a Tivoli, intrecciato ai miti di Ercole e di Ippolito (in omaggio alla fantastica genealogia degli Estensi), di Tivoli e Roma. Ispirandosi alla descrizione di Sparziano della Villa Adriana (Script. Hist. Aug., ed. Pehr, i, p. 28), P. L. pensò la villa come un favoloso itinerario attraverso i luoghi più celebrati dell'antichità ricordati nella toponomastica o addirittura bizzarramente ricostruiti, come nella stravagante fontana di "Roma". Tipico del cerchio di interessi di P. L. il ricorso a un automa descritto da Erone di Alessandria nell'invenzione della "fontana del gufo".
Questo compiacimento del particolare erudito, unito al gusto per la rielaborazione e per l'inserimento in un contesto di rapporti attuali, secondo una disposizione tipica del manierismo, doveva naturalmente portare al "pasticcio" e alla falsificazione, non tanto - o non soltanto - con intenti di frode, quanto in gara con l'antico, sentito non più, come nel primo Rinascimento, quale norma e regola, ma esplorato con l'animo di chi ricerchi la meraviglia e le bizzarrie della natura e tenti di uguagliarle e di superarle.
È così che dell'antico si perde la limpida visione d'insieme che ne aveva il primo Rinascimento per inseguirvi il particolare inconsueto, apprezzarne il frammento smembrato e la congerie illogica e "pittoresca" della rovina, fino a tentarne la ricostruzione e l'imitazione, con un atteggiamento opposto al senso di rispetto che era implicito nelle misurazioni degli umanisti.
Nel cortile del Belvedere, sistemato ad anfiteatro per Pio IV, l'esedra fu decorata da P. L. con ventidue nicchie, ciascuna (tranne la centrale) contenente una statua di "filosofo" antico (tra cui quella di Ippolito [v.], che P. L. aveva fatto completare), sormontate da altrettante mensole con busti di pensatori antichi uniti a ritratti moderni. Per completare la costruzione, diversi ritratti antichi ricevettero false iscrizioni da P. Ligorio.
Numerose sono le falsificazioni di iscrizioni, di medaglie, di monete, negli stessi scritti di P. L., per altro abbondanti e ricchi di osservazioni di fatto, di piani, di alzati e di trascrizioni su cui si innestano complicate e spesso fantastiche interpretazioni che tuttavia rivelano uno straordinario possesso di tutte le fonti antiche allora accessibili.
Il successo antiquario di P. L. doveva essere coronato a Ferrara, la città in cui non esistono tracce romane rilevanti, ma così ansiosa di far discendere la propria nobiltà, eventualmente documentandosi sulle rivelazioni di Merlino a Bradamante, da Antenore o Caio Azio, se non addirittura da Ercole o da Noè.
La sua "archeologia" fu dai contemporanei (tra cui il Tasso) apprezzata assai più della sua architettura, che appariva certamente più sgrammaticata di quella.
Nel 1550 iniziava l'opera sulle antichità di Roma, in 50 libri stampati parzialmente a Venezia nel 1553: Libro di Messer Pyrro Ligorio napolitano, delle Antichità di Roma etc. Scrisse, verso il 1550, una prima Descrittione della villa Adriana a Tivoli dedicata al cardinale Ippolito, da cui deriva la versione pubblicata da J. G. Graevius e P. Burmann, Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, Leida 1723, viii, part. 4°; non si hanno notizie di una seconda edizione dedicata al cardinale, Alessandro Farnese (cfr. Torino, Arch. di Stato, Ms. J. a. ii, 7, vol. xx, fol. 3); un'altra redazione è nota in manoscritti (Vat. Lat. 5255, in parte copiato da L. Canina, Edifizi antichi, v, pp. 152-193; una redazione più tarda è nel volume citato di Torino, folii 29-58; ivi, fol. 51 r, spaccato della "Torre di Roccabruna" [Coffin]). I disegni della villa furono portati a Ferrara da un certo M. Autreville, e di lì in Francia, dove andarono dispersi o perduti (Biblioteca di Windsor, cod. vii, 36; cfr. R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma, ii, Roma 1903, p. 113); la pianta della villa disegnata da P. L. nel 1550, ora perduta, è alla base di quella di F. Contini, stampata a Roma nel 1751.
Disegnò una veduta dell'antica Roma sotto il titolo: Urbis Romae Situs cum iis quae adhuc conspiciuntur veterum monumentorum reliquiis, 1552 (si ricordi che il primo progetto di un'opera simile era stato di Raffaello) e due ricostruzioni della città: una, incisa da Giulio de' Musi nel 1553, assai poco attendibile e un'altra, migliore, riveduta criticamente da L. Bufalini nel 1551 (Antiquae urbis imago accuratissime ex vetustis monumentis formata), stampata da Jacopo Rossi nel 1561.
Bibl.: Oltre alle opere segnalate nell'articolo di G. Ceci, in Thieme-Becker, XXIII, 1929, p. 219 ss.; v.: T. Tasso, Le Rime, a cura di A. Solerti, III, Bologna 1900, sonetti 422-424; F. G. Seni, La Villa d'Este in Tivoli, Roma 1902; V. Pacifici, Ippolito II d'Este Cardinale di Ferrara, Tivoli 1920; D. Métal, Blaise de Vigenère, archéologue et critique d'art, 1523-1596, Parigi 1939, pp. 14, 15, 196-200; C. Elling, Villa Pia in Vaticano: et Renaissance-anlaeg og dets Forhold til Antiken, Copenaghen 1947; E. Mandowsky, Some Observations on Pyrrho Ligorios Drawings of Roman Monuments in Cod. B. XIII at Neaples, in Rend. Pont. Accad. Rom. Arch., XXVII, 1952-54, pp. 335-358; J. Seznec, Dessins à la gloire des princes d'Este à l'Ashmolean Museum, in La Revue des Arts, IV, 1954, p. 25; D. R. Coffin, P. L. and Decoration of the Late Sexteenth Cent. at Ferrara, in Art Bulletin, XXXVII, 1955, pp. 171 ss.; id., The Villa d'Este at Tivoli, Princeton 1960.