PISTOIA (A. T., 24-25-26 bis)
Città della Toscana, fra le più importanti dal punto di vista storico ed artistico della regione e del regno, dal 1927 capoluogo di provincia. Pistoia sorge a 65 m. s. m. all'estremo nord-ovest del piano di Firenze, distante 32 km. dalla detta città, a 2 km. dalla riva sinistra dell'Ombrone Pistoiese. Di antica origine (dai Romani fu denominata Pistoriae o Pistoria), il suo attuale aspetto è in gran parte quello che le diedero le costruzioni dei secoli XIII e XIV. Entro il recinto delle sue mura bastionate, la città misura un'area di circa 140 ha., ma con l'aggregazione dei comuni suburbani di Porta al Borgo, Porta Lucchese, Porta Carratica e Porta S. Marco, avvenuta nel 1877, la città si è andata estendendo oltre le mura, specialmente a ovest, nelle adiacenze della stazione ferroviaria. Allo sviluppo edilizio della città corrisponde quello demografico, tanto per il centro urbano quanto per l'intero comune. Questo, che al censimento del 1881, cioè dopo le aggregazioni sopra indicate, contava 54.920 ab., salì nel 1931 a 70.397. Pistoia è quindi per popolazione il 4° comune della Toscana, venendo dopo Firenze, Livorno e Pisa, mentre come centro urbano occupa il 5° posto, essendo superato anche da Siena. Pistoia con le sue ampie strade ben pavimentate, fiancheggiate da palazzi cospicui e da fabbricati decorosi, adorna di monumenti insigni, si presenta con l'aspetto di una bella e civile città che molto ricorda Firenze. La città bene illuminata, largamente provvista di acqua, dotata di istituti culturali (liceo-ginnasio, istituto tecnico, istituto magistrale, ecc.), biblioteche, accademie; centro agricolo di una regione feracissima specialmente vinicola e orto-frutticola, è altresì un notevole centro industriale (tessitura, paste alimentari, lavorazione del ferro). Il clima della città, ben difesa dai venti settentrionali dal retrostante Appennino, è alquanto più mite che a Firenze. La media temperatura annua è di 14°,6, superiore di 0°,3 a quella di Firenze; ma quella invernale di 6°,5 la supera di un grado, mentre è uguale quella estiva (23°,3). Notevolmente più elevata è la piovosità, che vi raggiunge 1399 mm. distribuiti in 126 giorni. Il comune di Pistoia, fra i più estesi della regione, comprende parte della pianura adiacente e della retrostante Montagna Pistoiese per un'area di kmq. 238,76 e una popolazione di 70.397 ab. (1931). Di questi circa 30.000 si trovano nel centro urbano, mentre il resto è ripartito in numerosi villaggi e casali, specialmente nella zona appenninica, quali Cireglio (alt. 607 m., 500 ab.), Le Piastre (alt. 740 m., 450 ab.), Piteccio (alt. 227 m., 550 ab.), Pracchia, tutte località frequentate come soggiorno estivo.
Monumenti. - La cattedrale ha nella parte superiore della facciata tre ordini di colonnette romaniche; in basso un porticato del 1311 finito nel 1449; nella lunetta della porta centrale un rilievo di terracotta (1505) ove Andrea della Robbia fu aiutato da un figlio e da un garzone. L'interno a tre navate ha colonne con capitelli dei secoli XII e XIII. Probabili autori della tomba di Cino da Pistoia (1337-1339) sono i senesi Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura. Il monumento del cardinale Niccolò Forteguerri fu cominciato nel 1477 dal Verrocchio, continuato da seguaci e poi dal Lorenzetto, e infine manomesso in parte (sec. XVIII). Nel 1478 Antonio Rossellino fece in bassorilievo il ritratto del vescovo Donato de' Medici. In documenti dal 1497 al 1499 si può seguire la storia artistica del fonte battesimale di Andrea Ferrucci su disegno di Benedetto da Maiano. La tavola della "Madonna di Piazza" commessa nel 1477 al Verrocchio fu eseguita in grande parte da Lorenzo di Credi, il quale è stato qui diretto e influenzato dal suo maestro.
Il dossale d'argento dell'altare di S. Iacopo fu iniziato nel 1287, ebbe un secondo riordinamento nel 1394 con riprese di lavoro negli anni 1399, 1407, 1456 e vi furono impiegati numerosi orafi senesi, pistoiesi e fiorentini, tra i quali Brunelleschi. I tre scomparti del paliotto sono dovuti ad Andrea di Iacopo d'Ognabene, Lionardo di Ser Giovanni e Francesco Niccolai. Nella sacrestia, che Dante ricordò pei "begli arredi", si conservano reliquarî, calici e altri oggetti di oreficeria sacra dei secoli XIV e XV e di epoche posteriori. Da un'iscrizione su un capitello del chiostro della cattedrale si viene a conoscere la data approssimativa della costruzione, cioè circa la metà del sec. XII. Il campanile (1199-1225) è sormontato da una guglia messa a posto nel 1576 su parere del Buontalenti.
Del battistero ottagonale sembra che primo architetto sia stato Cellino di Nese (1337-1359), il quale si attenne a un disegno di Andrea Pisano. La fondazione del Palazzo comunale risale al 1294, quando era podestà Giano Della Bella, e già verso la fine del Trecento ne erano ultimati i lavori. Nella sua sala maggiore ricordiamo una targa marmorea con lo stemma della città (1494), della scuola di Verrocchio, e la residenza in noce, intagliata da Giovanni di Pietro Mati e suo figlio Bartolommeo tra il 1534 e 1535. Nel Museo civico si trovano pitture della scuola di Bernardo Daddi, di Niccolò di Pietro Gerini, di Rossello di Iacopo Franchi, di Gerino da Pistoia, di Cosimo Rosselli, della scuola del Botticelli, di Ridolfo Ghirlandaio, di fra Paolino, ecc., sculture di Tommaso Fiamberti, della maniera di Antonio Rossellino, di Agnolo di Polo, di Benedetto Buglioni e del Lorenzetto, stoffe, ceramiche, armi, monete, sigilli, ecc. Fu supposto che Cellino di Nese fornisse nel 1367 il disegno del Palazzo di giustizia, nel cui cortile, ornato di stemmi di podestà, vicarî e commissarî dal sec. XV al XVII, si conserva il sedile in pietra (1507) dal quale era data giustizia. Alla decorazione robbiana dell'ospedale del Ceppo concorsero Giovanni della Robbia e aiuti, Santi Viviani (126-28), Filippo Paladini (1583-86), mentre Benedetto Buglioni (1510) avrebbe eseguito la lunetta di terracotta invetriata della cappella. La chiesa di S. Bartolomeo in Pantano, con facciata di tipo pisano, ha la porta con architrave (1167) scolpito da Gruamonte; nell'interno, a forma basilicale, il pulpito marmoreo (1250) di Guido da Como e collaboratori. Nella facciata della chiesa di S. Pietro, la cui costruzione è della seconda metà del sec. XIII, sono da notare l'architrave attribuito a maestro Buono di Bonaccolto e una statua di S. Pietro. La facciata della chiesa di S. Paolo, finita pare nel 1302, ha un portale cuspidato nella cui lunetta sono sculture di Iacopo di Mazzeo pistoiese. Nelle case Tonini, ove era originariamente la chiesa trecentesca di S. Antonio di Vienna con l'attiguo convento, si conservano ancora gli affreschi di Niccolò di Tommaso. Nella chiesa di S. Domenico, che ha un portale trecentesco, Bernardo Rossellino e il suo fratello Antonio fecero il monumento marmoreo al legista Filippo Lazzari. Nella chiesa di S. Francesco, dove i lavori di ripristino non sono ancora ultimati, si trovano affreschi pistoiesi, senesi e fiorentini dei secoli XIV e XV, tra i quali quelli del coro dovuti in parte a Puccio Capanna. La sala capitolare del convento, iniziata nel 1291, fu decorata di affreschi dopo il 1386. Nella facciata romanica della chiesa di S. Andrea è un architrave del 1166 scolpito da Gruamonte e dal fratello Adeodato, oltre a una statua di S. Andrea attribuita a Giovanni Pisano. Nell'interno l'opera d'arte dominante è il pulpito di Giovanni Pisano (1298-1301). La chiesa della Madonna dell'Umiltà, di tipo brunelleschiano, è opera di Ventura Vitoni (1494-1519), poi in parte modificata dal Vasari. Annesso alla chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, iniziata nella metà del sec. XII e continuata nel corso del Trecento, è un piccolo chiostro duecentesco. Delle opere d'arte che si conservano nell'interno della chiesa, ch'è ad una sola navata, ricordiamo il pergamo marmoreo di fra Guglielmo (1270), un'acquasantiera probabilmente sua, un trittico di Taddeo Gaddi, un gruppo di terracotta invetriata - la Visitazione, del primo Cinquecento - attribuito erroneamente a Luca o ad Andrea della Robbia. Uno dei più notevoli edifizî civili del secolo XIV, sebbene in cattivo stato, è il palazzo Panciatichi, ora dei Sozzifanti. A poca distanza dalla città, in S. Michele in Groppoli è un pulpito istoriato romanico. (V. tavv. CXIII-CXVI).
Storia. - Dell'antica Pistoriae o Pistoria ben poco si sa dalle fonti: l'unico episodio storico di una certa importanza riferibile al suo territorio è la sconfitta riportata dall'esercito di Catilina nel 62 a. C. in un punto non ben determinato dell'agro pistoiese. Plinio ricorda la città tra i municipî dell'Etruria; l'Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana l'ascrivono tra le stazioni del tratto della via Cassia compreso tra Firenze e Lucca.
Dei monumenti antichi ben poco si conosce: abbastanza conservata è la pianta romana della città, in cui si può delimitare anche il circuito delle mura. In uno scavo fatto nel 1902 in Piazza del Duomo, apparvero i ruderi di una ricca domus privata del sec. II- III d. C. con alcuni pavimenti di musaico bianchi e neri ed altri di opus sectile, spicatum, ecc.
Pistoia fu sede di vescovo dal sec. V. La sua diocesi ebbe in origine estensione maggiore dell'attuale, comprendendo anche le terre di Pescia, Fucecchio e Prato. Sotto i Longobardi (che vi si stabilirono in gran numero e vi lasciarono tracce indelebili nelle leggi e nelle consuetudini) fu città regia e perciò sede di un gastaldo, indipendente dai duchi che risedevano a Lucca e a Firenze. Come città di confine coi territorî bizantini di Bologna e dell'Esarcato, Pistoia ebbe nel secolo VIII grande importanza. Famose e notevoli le abbazie allora fondate di S. Bartolomeo in Pantano, di S. Michele in Forcole (suburbane) e di S. Salvatore a Taona (sull'Appennino). Dei molti hospitia sorti lungo le sue vie, il più importante fu quello di Prato del Vescovo (Spedaletto), presso l'attuale passo della Porretta. La città languì sotto i Franchi, ma diede segni di risveglio durante il regno italico e sotto gl'imperatori Sassoni. Il suo comune, sorto sul finire del sec. XI, divenne nel XII, e si mantenne fino al 1300, uno dei più vigorosi della Toscana, pur senza riuscire a frenare pienamente le tendenze centrifughe dell'antica judicaria longobarda. Esaurita la sua missione di vedetta della Toscana, allontanando con le armi i Bolognesi dalla Sambuca e assicurandosi in tal modo i passi dell'Appennino (1219), Pistoia si trovò paralizzata nel suo ulteriore sviluppo da una parte da Lucca, dall'altra da Firenze. La decadenza fu accelerata dalle fazioni dei Bianchi e dei Neri (polarizzatesi nel corso del Duecento intorno alle divisioni della potente famiglia Cancellieri), che gettarono città e contado in una spaventosa anarchia. La prevalenza dei Bianchi attirò contro Pistoia Firenze e Lucca, che si reggevano a parte nera. Assediata, la città si difese per undici mesi. Quando si arrese (aprile 1306), Fiorentini e Lucchesi ne abbatterono le mura e le torri e se ne divisero il contado. Dopo il 1310, ritornata in possesso del suo territorio, s'illuse di poter grandeggiare ancora; ma, sorta la guerra fra Castruccio e Firenze, Pistoia fu presa e ripresa ora dall'uno ora dall'altra. Morto Castruccio, non poté mantenersi libera, e cadde sotto l'egemonia fiorentina (1329), che finì col privarla di ogni autonomia (1401). Durante il sec. XIV, col fallimento o la cessazione delle grandi case bancarie degli Ammannati, dei Chiarenti, dei Panciatichi, dei Partini, dei Cancellieri e dei Dondori, le condizioni economiche di Pistoia si fecero tristi. Per liberarla dalla soggezione a Firenze, Ricciardo Cancellieri tentò di darla a Gian Galeazzo Visconti (1401); ma la morte del duca fece fallire il piano. Per oltre due secoli dalla metà del Trecento, città e contado furono agitate da continue lotte di parte, che presero il nome dalle due grandi casate avverse dei Cancellieri e dei Panciatichi. Dispersi i Cancellieri e domati i Panciatichi, i Medici trattarono Pistoia con riguardo e migliorarono le condizioni del contado; ma non poterono impedire che essa divenisse una "città del silenzio", povera e triste. Alla fine del Settecento, richiamò l'attenzione europea con le innovazioni giansenistiche del suo vescovo Scipione de' Ricci (per il sinodo, v. sotto). Prese parte assai fervida al moto del Risorgimento.
Costituitosi lo stato italiano, Pistoia partecipò al generale incremento della ricchezza e della cultura.
Vita musicale. - Le rappresentazioni teatrali ci dànno le notizie più antiche della vita musicale di Pistoia. Infatti, già nel sec. XIV si facevano sacre rappresentazioni prima nella cattedrale e poi, dal 1476, nella loggia attigua, fra il campanile e la porta laterale, detta del "giuramento" o della "montata", ora demolita. Verso la fine del sec. XVI si cominciarono a dare intermedî in una sala del Comune, e celebri rimasero quelli di Giovanni di Pino. Nel genere del melodramma fiorentino ben presto si rese celebre Iacopo Melani (1623-1676), che con la Tancia può riguardarsi il creatore dell'opera buffa e con l'Ercole in Tebe uno dei maestri rappresentativi dell'opera di passaggio dal tipo recitativo al tipo arioso. Per gustare questo nuovo genere di melodramma fu creato, ad iniziativa dell'Accademia dei Risvegliati, un teatro costruito nel 1694 sul tiratoio dell'Arte della lana. Altri teatri particolari nacquero nelle sale dei nobili e, ad iniziativa degli artigiani, un teatrino popolare. Nel Teatro grande, che ebbe nel 1755, per opera del Bibbiena, una forma più rispondente alle nuove esigenze, venivano dati grandi spettacoli, specialmente durante le feste patronali di S. Iacopo, ai quali intervenivano anche i membri della famiglia granducale di Toscana. Vi si rappresentavano non solo i melodrammi degli autori più in voga in Italia, come P. F. Cavalli, G. B. Bassani, L. Vinci, B. Galuppi, N. Piccinni, A. Sacchini ecc., ma anche quelli di maestri pistoiesi come i Gherardeschi, Sebastiano Cherici e Nereo Neri. Nel sec. XIX il Teatro massimo prese il nome di R. Teatro Manzoni e fu inaugurato un secondo teatro, il politeama Mabellini. L'Accademia dei Risvegliati amava anche dare, nelle frequenti sue tornate letterarie, concerti di musica strumentale e da camera: se ne fa cenno nel Diario del Dondori dall'anno 1642 alla metà del '700.
A lato del teatro un altro luogo fu particolarmente centro di notevole attività musicale: la cappella del duomo. Essa risale a tempo remotissimo, come attestano i libri corali in pergamena esistenti nel prezioso Archivio capitolare e che contengono musica proporzionale a più voci. La cappella, durante il sec. XVI, dovette essere abbastanza in fiore se dopo lunghe trattative, nel 1574, ambì e ottenne quale direttore, chiamandolo da una grande città come Milano, Vincenzo Ruffo, uno dei più grandi precursori del Palestrina, che a Pistoia compose forse i famosi Salmi Soavissimi a 5 voci, dedicati appunto al vescovo Alessandro de' Medici. Maestri di cappella pistoiesi furono poi, oltre al già ricordato I. Melani, i suoi fratelli Alessandro e Bartolomeo, G. P. Franchi, fra Girolamo Guiducci, B. Viviani, fra F. Passerini, fra Antonio Urio. Nel '700 e '800 pure si succedettero maestri quasi tutti pistoiesi, assai apprezzati al loro tempo, come S. Cherici, G. Antonio e G. C. Clari, F. Manfredini, Nereo Neri, Filippo Domenico e Luigi Gherardeschi e, ultimo, il vivente maestro Edgardo Binelli. Fra i maestri che non furono alla cappella ma che si distinsero come compositori, si devono menzionare V. Manfredini, don L. Giustini, L. Niccolini, G. Pillotti, P. e G. Bracciolini e T. Mabellini. Né solo nella composizione, sì anche nell'arte del canto eccelsero alcuni pistoiesi, dai più antichi ricordati dal Ciampi, A. Cilli e I. Iacopetti, dal fratello di I. Melani (il castrato Atto che fu alla corte di Francia con il cardinale Mazzarino) a L. Rafanelli, a G.F. Boccaccini, a G. Vianesi, a D. Gordigiani, a G. Giovannelli, a Silla Carobbi. Fra gli strumentisti si ricordano ancora l'organista G. Baldi, il violista A. Nervini, il sonatore di tromba Tommaso Tesi, il violinista Luigi Tonelli, il contrabbassista G. Boccaccini.
Altra istituzione più recente, giovevole all'incremento degli studî e delle esecuzioni musicali, fu la Scuola musicale fondata nel 1858 dall'Accademia degli Armonici, consolidata poi nel 1864 dai cinque comuni che poi formarono il comune di Pistoia in unione all'Accademia degli Armonici e alla I. e R. Accademia di scienze, lettere ed arti, ora estinta.
Ebbe a insegnanti da principio il maestro Maraviglia, poi dopo il 1864 il maestro Del Buono e il maestro Galletti, e come direttori il maestro Luigi Gherardeschi, il maestro Giuseppe Daddi, allievo di Mabellini e autore apprezzato di opere teatrali e di cantate, e il maestro Icilio Orlandini, attuale direttore. Fra gli artisti fabbricanti di strumenti musicali si debbono ricordare i Tronci, che prima in comune con gli Agati, poi da soli si resero benemeriti dell'arte organaria. La fabbrica esiste fin dal 1700, prima cioè dei Serassi di Bergamo. Suo merito principale è quello di avere introdotto in Italia i registri a lingua e il sistema per ottenere le gradazioni del piano e del forte.
Esistono attualmente da varî anni due ottime società corali: la "Manzoni" e la "Mabellini" che ebbero varî successi in concorsi nazionali e che contribuiscono a importanti esecuzioni musicali.
Sinodo di Pistoia. - Fu tenuto nella chiesa di S. Leopoldo dal 18 al 28 settembre 1786, e si svolse in 7 "sessioni" sotto la presidenza del vescovo di Pistoia, Scipione de' Ricci, che lo aveva convocato (con la pastorale del 31 luglio) "per ripurgare la Chiesa dalle sozzure". Da quando era divenuto vescovo (1780), molte riforme aveva già attuato il Ricci; e per preparare il clero all'accoglimento di queste riforme, aveva fatto largamente diffondere dalla stamperia Bracali di Pistoia numerose pubblicazioni gianseniste, quasi tutte tradotte dal francese. Ebbe larga parte nell'elaborazione dei decreti del sinodo il caposcuola del cenacolo giansenista pavese, Pietro Tamburini, che era "la testa forte del giansenismo italiano". Il sinodo approvò i 57 punti in materia di fede proposti dal granduca (li aveva in parte ispirati, in parte elaborati o modificati il vescovo Ricci), coi quali si rivendicavano all'autorità dei vescovi "i diritti originarî loro stati usurpati dalla corte di Roma" (V), si prescriveva che tutti gli studî ecclesiastici dovessero essere diretti secondo la dottrina di S. Agostino, e che "chiunque non professasse la detta dottrina in tutte le sue parti fosse per l'avvenire incapace del confessionario e della cura di anime, né potesse essere ammesso ai concorsi" (VII); si esprimeva il desiderio che nelle chiese di campagna non fosse lasciato che "un solo altare" (XXXVII), e si prescriveva che i regolari, per l'ordinazione e per gli studî, fossero subordinati ai vescovi non diversamente dai preti secolari (LVII). Approvò inoltre i 4 articoli del clero gallicano del 1682, affermanti la superiorità del concilio sul papa; ed emise decreti sulla grazia, sulla predestinazione, sui sacramenti e su tutte le materie di fede, quasi fosse non un concilio diocesano, ma ecumenico, chiamato a rifare quello di Trento. Il sinodo pistoiese fu sconfessato dall'assemblea dei vescovi della Toscana tenuta in Firenze nel 1787 e condannato poi (1794) da Pio VI con la bolla Auctorem fidei.
La provincia di Pistoia. - Costituita con r. decr. del 2 gennaio 1927 con l'antico circondario omonimo della provincia di Firenze e la successiva aggregazione di 10 comuni già appartenenti alla provincia di Lucca, si estende sul versante meridionale dell'Appennino, dall'Alpe delle Tre Potenze sino al Poggio dell'Acquifreddula, e su parte del versante settentrionale dell'Appennino stesso comprendente l'alta valle del Reno sin presso alla Porretta, con una parte della pianura di Firenze, del Monte Albano e della Val di Nievole per un'area totale di 954,31 k q., onde dopo quella di Zara è la più piccola provincia del regno. La sua popolazione presente al censimento del 1931 risultò di 202.405 ab., mentre quella residente era di 209.590; la densità della popolazione presente risulta di 212 ab. per kmq., notevolmente superiore a quella generale della Toscana e del regno. Della popolazione censita oltre un terzo (36,8%) vive sparsa nella campagna e per gli altri ⅔ nei numerosi altri centri della provincia, dei quali oltre al capoluogo i principali sono Pescia, Montecatini-Terme, S. Marcello Pistoiese e Tizzana. L'occupazione prevalente della popolazione è l'agricoltura, cui è adibito il 23% degli abitanti mentre l'industria ne occupa il 17%. Abbastanza diffusa vi è l'istruzione; gli analfabeti che nel 1911 erano il 32,1% della popolazione di età superiore ai 6 anni, risultavano nel 1931 il 15%.
Bibl.: Per i monumenti medievali: S. Ciampi, Notizie inedite della sagrestia pistoiese de' belli aredi, ecc., Firenze 1810; F. Tolomei, Guida di Pistoia per gli amanti delle belle arti con notizie, ecc., Pistoia 1821; G. Tigri, Pistoia ed il suo territorio, ivi 1853; G. Beani, La chiesa pistoiese, 2ª ed., ivi 1912; id., S. M. dell'Umiltà, ivi 1890; id., L'altare di S. Iacopo apostolo nella cattedrale di Pistoia, ivi 1899; A. Marquand, The decoration of the Ceppo Hospital, in The brickbuilder, 1902, pp. 202, 224; L. Zdekauer, Opere d'arte senese nella chiesa di S. Giovanni Forcivitas di Pistoia, in Boll. storico pistoiese, IV, 1902, p. 147; G. Beani, La cattedrale pistoiese, Pistoia 1903; O. Giglioli, Pistoia nelle sue opere d'arte, Firenze 1904; B Fedi, La chiesa di S. Maria in Borgo strada (S. Biagio), Pistoia 1905; P. Bacci, Il gruppo pistoiese della Visitazione già attribuito a Luca Della Robbia, Firenze 1906; id., Gli orafi fiorentini e il secondo riordinamento dell'altare d'argento di S. Iacopo, Pistoia 1906; G. Beani, S. Bartolommeo apostolo, la chiesa e l'abbazia in Pistoia, ivi 1907; id., La chiesa di S. Andrea apostolo in Pistoia, ivi 1907; id., La chiesa di S. Maria Nuova, in Boll. stor. pist., 198, p. 109; id., Chiesa di San Pietro in Pistoia, ibid., 1910, p. 215; A. Chiti, Pistoia, 2ª ed., Pescia 1931; A. Chiappelli, Notizie e spigolature storico artistiche pistoiesi, in Boll. stor. pist., 1931, pp. 179-186.
Storia: a) Fonti: G. Mazzatinti, Archivi della storia d'Italia, Rocca San Casciano 1899-1905, III e V; Guida stor. e bibl. d. archivi e bibliot. d'Italia, II, Roma 1934; Liber Censuum, Pistoia 1905-1915; Statuti di Pistoia del sec. XII, Bologna 1882; Statutum potestatis com. Pistorii, Milano 1888; Breve et ordinamenta pop. Pistorii, Milano 1891; Libro Croce, Roma 1935. - b) Storie generali: M. Salvi, Historia di Pistoia (voll. 3), Roma-Pistoia-Venezia 1656-62; I. Fioravanti, Memorie storiche d. città di Pistoia, Lucca 1758; R. Piattoli, Pistoia, in Guida storica e bibl. d. arch. e d. bibliot. d'Italia, II, i, Roma 1934. - c) Monografie: Bullettino stor. pist., edito a cura della Soc. Pist. di st. patr., 1899 segg. (finora, voll. 36), e in esso gli studî di L. Chiappelli (Studi stor. pist., XVIII-XX, 1916-18; Storia di Pistoia nell'alto Medioevo, XXXI-XXXIV, 1929-32; La donna pist. nel tempo antico, XV e VI, 1913-14); di Q. Santoli (Il distretto pist., XVIII-XX, 1916-18; Storia di Pistoia nell'alto Medioevo, XXXI-XXXIV, 1929-32; La donna pist. nel tempo antico, XV e XVI, 1913-14); di Q. Santoli (Il distretto pist. nei secoli XII e XIII, V, 1903; Dego dei Cancellieri, XVI, 1914; Pratum Episcopi, XVIII, 1916); di A. Chiappelli (Medici e chirurghi pist. nel Medioevo, VIII-X, 1906-08); poi id., Pistoia, Firenze 1924; G. Beani, La chiesa pist., cit.; L. Bargiacchi, Storia degli istituti di beneficenza in Pistoia, voll. 4, Firenze 1883-84; G. Tigri, Pistoia e il suo territorio, cit.; A. Chiti, Pistoia, cit.; A. Solari, Pistoriae, in Studi stor. p. l'ant. class., IV (1911); N. Nieri Calamari, Sulla topografia antica d. territ. pist., in Studi etruschi, VI (1932); L. Chiappelli, L'età longobarda e Pistoia, in Arch. stor. ital., del 1921: id., Un carteggio di parte nera, in Bull. d. Ist. stor. ital., 1925, n. 43; L. Zdekauer, Studi pist., Siena 1889; Q. Santoli, P. e Castruccio, in Atti d. R. Accad. lucchese, n. s. III, 1934.
In particolare, per la città antica: E. H. Bunbury, in Smith, Dictionary of Greek and Roman Geography, II, 1868, s. v.; E. Bormann, Corp. Inscr. Lat., XI, i (1888), p. 298; suppl. (1926), p. 1266; H. Nissen, Ital. Landeskd., II, i, Berlino 1902, pp. 292-93; Pellegrini, in Not. scavi, 1904, pp. 241-70; A. Solari, Pistoriae, cit.; id., Topografia storica dell'Etruria, Pisa 1918-20, passim, ma spec. III, pp. 160-64; F. Lanzoni, Diocesi d'Italia, Firenze 1927, I, p. 584; Edizione archeologica della carta d'Italia 1 : 100.000, f. 105 (Lucca), a cura di A. Cunster e N. Nieri, Firenze 1929, p. 5 segg. (Pistoia); sul territorio della città cfr.: ibid., p. i segg.; f. 97 (S. Marcello Pistoiese), a cura di N. Nieri, Firenze 1930 e f. 106 (Firenze), a cura di F. Magi, Firenze 1929; suppl. ai predetti fogli, in Studi etruschi, IV (1930), p. 343 segg.
Per la vita musicale: G. C. Rospigliosi, Notizie dei maestri ed artisti di musica pist., Pistoia 1878; A. Chiappelli, Storia del teatro in Pistoia dalle origini alla fine del sec. XVIII, 1913: id., Il maestro Ruffo a Pistoia, in Bull. st. pist., a. I, fasc. 1°; A. Damerini, Tradizioni musicali della cattedrale pist. e V. Ruffo, in Difesa rel. e soc., suppl. al n. 28, 1916; id., Pistoia, in La nuova musica, Firenze, marzo e aprile 1917.
Per il sinodo di Pistoia v.: Atti e decreti del concilio diocesano di Pistoia dell'anno 1786, Pistoia (1788), ristampati più volte nell'orig. ital. e nelle traduz. franc. (Parigi) e lat. (Pavia, Magonza); Punti ecclesiastici compilati e trasmessi da S. A. R. a tutti gli arcivesc. e vesc. d. Toscana e loro rispettive risposte, Firenze 1787; Atti dell'assemblea degli arciv. e vesc. della Toscana tenuta in Firenze nell'anno 1787, Firenze 1787, voll. 4; Il vesc. Scipione de' Ricci e le riforme religiose in Toscana sotto il regno di Leopoldo I, Firenze 1865-69, voll. 7; S. de' Ricci, Memorie, Firenze 1865, voll. 2; N. Rodolico, Gli amici e i tempi di Scipione de' Ricci, Firenze 1920; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928.