PITEA (Πυϑέας, Pythĕas)
Navigatore e scrittore greco di Massalia (Marsiglia) del sec. IV a. C. Il periodo preciso della sua attività non è conosciuto, ma per varî indizî si può porre approssimativamente al tempo di Alessandro Magno o poco dopo. La sua opera era già nota a Dicearco e a Eratostene. Egli fece un viaggio nei mari del nord, di cui ci dànno confuse notizie Strabone, II, 104 (cfr. anche I, 64; II, 75; III, 148, ecc.), Diodoro, V, 21-23, Plinio, Nat. Hist., IV, 94-95, e altri minori. Queste notizie devono derivare tutte nel complesso dall'opera perduta di P. "Intorno all'oceano" (Περὶ ὠκεανοῦ, ma il titolo non è ben certo). È perciò tanto più strano che esse siano così manchevoli e contraddittorie; ma ciò in parte si spiega con la difficoltà di capire i risultati di esplorazioni in terre del tutto ignote e anche con la incredulità che in molti destò il viaggio di P. Infatti, mentre geografi e matematici come Ipparco ed Eratostene non esitarono a dargli pieno credito e ad elaborare le sue osservazioni sulle latitudini dei paesi visitati, sulle maree, sul circolo polare artico (da lui forse per primo determinato) in rapporto con la stella polare, altri scrittori, tra cui Evemero, Antifane, che fece, a quanto sembra, una parodia del libro di P., e Polibio, gli negarono assolutamente fede e lo ritennero un mentitore. Oggi, naturalmente, non si ha più nessun dubbio sulla veridicità sostanziale del racconto di P., confermato dalle conoscenze attuali nei punti essenziali. Dubbî restano invece i particolari del suo viaggio.
Partito da Marsiglia, P. dovette percorrere le coste della Francia e della Spagna e, dopo avere varcato lo Stretto di Gibilterra, eludendo la sorveglianza cartaginese, essersi inoltrato nell'Atlantico e di lì essere penetrato nella Manica e avere circumnavigato in tutto o in gran parte l'Inghilterra. Lo scopo del suo viaggio non è chiaro. Che egli, come molti moderni suppongono, avesse una missione ufficiale della città di Marsiglia per combattere il commercio oceanico dei Cartaginesi e assicurare a Marsiglia dirette relazioni con le miniere della Cornovaglia, sembra escluso dall'asserzione di Polibio in Strabone, II, 104, che P. viaggiò da privato. Certo qualche scopo commerciale P. poté avere, se appunto visitò con cura le miniere della Cornovaglia; ma nel complesso il viaggio ebbe direttive scientifiche. Tanto è vero che P., dopo avere raccolto anche notizie sull'isola di Thule (che non sembra doversi identificare con l'Islanda e quindi resta d'incerta localizzazione), proseguì il suo viaggio per le coste germaniche fino a luogo impreciso. L'asserzione di Strabone che P. giunse fino al Tanais (Don) ha fatto ritenere che P. abbia anche fatto un altro viaggio nel Mediterraneo, ma si tratta più probabilmente di espressione inesatta. Che l'Ora maritima di Avieno risalga a P. per la descrizione delle coste occidentali non è ora più creduto.
Bibl.: K. Müllenhoff, Deutsche Altertumskunde, I, Berlino 1870, p. 211 segg.; G. Hergt, Die Nordlandfahrt des Pytheaes, Halle 1893; H. Brger, Geschichte d. wissenschaftlichen Erdkunde der Griechen, 2ª ed., Lipsia 1903, p. 327 segg.; G. Knaack, Antiphanes von Berge, in Rhein. Museum, LXI (1906), pag. 135 segg.; G. V. Callegari, Pitea di Marsiglia, in Riv. st. antica, VII (1903), pp. 522, 701; VIII (1904), pp. 231, 547; IX (1905), p. 242 (con molte indicazioni bibliogr.); M. Cary e E. H. Warmington, The ancient explorers, Londra 1929, p. 33 segg.