PITTI
. Famiglia fiorentina, che pare accertato provenga da Simifonte (la notizia che la fa oriunda di Roma è priva di qualsiasi fondamento). Nel sec. XII un Accurso Pitti, che si dice fosse capitano del popolo a Simifonte, appare tra coloro che, dopo la resa della città, giurarono fedeltà a Firenze, e nel sec. XIV un Corso di Maffeo fu mallevadore ai guelfi nella pace del cardinal Latino. In mancanza d'una sicura ricostruzione genealogica, si ritiene che il ramo principale della famiglia risalga verso la fine dei sec. XII a un Buonsignore, fra i discendenti del quale fu, nella seconda metà del Trecento, Buonaccorso di Neri. In quest'epoca la famiglia godeva già di molta autorità. Suoi membri furono tredici volte gonfalonieri di giustizia. Giannozzo, figlio d'un fratello di Buonaccorso, fu ambasciatore a Niccolò V e al re di Napoli. Ma quello che trasse la casa a grande potenza finanziaria e politica fu Luca di Buonaccorso, nato nel 1395. Questi a uno dei più fidati sostenitori di Cosimo de' Medici, il quale, nel suo intento di reprimere qualsiasi tentativo di resurrezione oligarchica, si servì di lui come di contrappeso al grande prestigio di cui godeva nei consigli Neri Capponi. Morto Neri nel 1457, Luca divenne il primo cittadino di Firenze dopo il Medici, e fu il suo principale collaboratore nella riforma costituzionale del 1458. Le ricchezze che venne accumulando gli permisero d'iniziare la costruzione della villa di Rusciano e del palazzo di Firenze. Alla morte di Cosimo, Dietisalvi Neroni e Agnolo Acciaiuoli approfittarono dell'ambizione di Luca per indurlo a cospirare con loro contro Piero, promettendogli di farlo signore della città. Ma Piero riuscì a staccarlo in tempo dai suoi nuovi compagni; e una volta soffocato il tentativo di ribellione, Luca ebbe il castigo del suo duplice tradimento, perché cadde in odio a vincitore e vinti, e, perduta ogni autorità pubblica, visse e morì oscuramente.
Nel sec. XV la famiglia si frazionò in molteplici rami. Durante l'assedio di Firenze troviamo fra i sostenitori del governo popolare Bernardo, Andrea e Buonaccorso. Al partito mediceo appartenne invece Francesco, il cui figlio Iacopo (1519-1589), sebbene senatore del granduca, lasciò scritti nei quali si rivela ardente fautore delle idee liberali: due libri e frammenti di Istorie fiorentine; una Vita di A. Giacomini Tebalducci, e specialmente la prima parte di un'Apologia de' Cappucci (scritta tra il 1570 e il 1575), difesa della sua fazione contro le accuse del Guicciardini. Tanto le Istorie fiorentine quanto e specialmente l'Apolofia de' Cappucci sono opere d'un uomo di parte e per di più d'un uomo di parte dalle vedute assai limitate e dalla sensibilità storica ridottissima: quindi, nonostante la larga fama dell'Apologia, assai sfruttata specialmente in rapporto all'attività politica di Francesco Guicciardini, di scarso valore storico. Due figli di Iacopo, Cosimo e Camillo, furono anch'essi senatori. Camillo fu nel 1591 erede dei Gaddi. Durante il sec. XVII i P. continuarono a coprire cariche pubbliche. Sembra che la famiglia si sia estinta nel sec. XVIII.
Bibl.: Le opere di Iacopo Pitti sono pubbl. nell'Arch. storico italiano, s. 1ª, I (1842), e IV, ii (1853). Cfr. A. Giorgetti, Il Dialogo di Bartolomeo Cerretani fonte delle "Istorie fiorentine" di J. P., in Miscellanea fiorentina di erudizione e storia, I (1886); E. Fueter, Geschichte d. neueren Historiographie, 2ª ed., Monaco-Berlino 1925.