CANI, Pittore dei
Ceramografo corinzio attivo tra il 670 e il 640 a. C. (Protocorinzio Medio e Tardo). Deve il nome ai caratteristici cani frequenti nella sua produzione. Lo Johansen è stato il primo a riunire tre tazze del pittore, attribuendole a un'unica mano. Altri studiosi hanno allargato il numero delle attribuzioni. Un coperchio di pisside da Perachora, che il Benson attribuisce alla cerchia del pittore, è dato dal Dunbabin e dal Robertson al Pittore della Caccia (v.). Su due suoi frammenti da Egina il Kraiker ha riconosciuto pantere invece di cani (v. pantere, pittore delle).
La tecnica usata è quella a figure nere, con sopradipintura rossa e, occasionalmente, gialla. Il disegno è accurato e sicuro; la linea è elastica, ricca di tensione, forza e vita. Il pittore ha una straordinaria abilità nel trasformare le forme naturali in decorative. L'atteggiamento preferito dei suoi animali - parte anteriore del corpo quasi strisciante sulla linea del terreno, zampe rigide puntate in avanti, schiena fortemente arcuata - è atto a dar sviluppo alle curve potenti e ad aumentarne l'efficacia; tuttavia il pittore non cade mai nel manierismo. Questo atteggiamento del corpo animale è usuale nel Protocorinzio Medio, ma nessun altro pittore di questo periodo raggiunge l'effetto decorativo e la forza del Pittore dei C.: è la tensione della molla che sta per scattare. L'incisione, netta e sicura, è limitata ai particolari indispensabili e non attenua l'effetto delle larghe superfici non interrotte.
Le sue tazze con cani hanno dei contatti con il Pittore di Bellerofonte, ma gli sono un poco anteriori.
Della tarda produzione del pittore abbiamo solo un'òlpe da Veio, al Museo di Villa Giulia, a Roma, eseguita nella tecnica policroma su fondo nero, òlpe che il Payne pone entro il secondo venticinquennio del VII sec. a. C., ma che dovrà essere datata intorno al 640 a. C. Il gruppo dei due animali sulla spalla dell'òlpe - un leone che atterra un toro - ricorda quello su una tazza frammentaria del Pittore di Boston 397, anteriore di un venticinquennio circa. La composizione abile e ricca di effetto è incisa con linea sicura sul fondo nero. Mancano tuttavia il vigore e la tensione che distinguono la produzione più antica del pittore e i corpi degli animali sono visti in modo meno decorativo.
Il Payne ha supposto che la croce dipinta su alcuni vasi al disopra del cane possa essere non un motivo di riempimento, ma la firma del pittore.
Bibl.: K. F. Johansen, Vases Sicyoniens, Parigi 1923, p. 94; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, pp. 11 s.; 342, n. xi; W. Kraiker, Aigina. Die Vasen des 10. bis 7. Jhdts., Berlino 1951, p. 48, n. 252; p. 50, n. 263; J. L. Benson, Geschichte d. korinthischen Vasen, Basilea 1953, p. 15, n. 6; M. Robertson, Excavations in Ithaca, in Annual Brit. Sch. Athens, XLIII, 1948, p. 22; T. J. Dunbabin-M. Robertson, Some Protocorinthian Vase-Painters, in Annual Brit. Sch. Athens, XLVIII, 1953, p. 177; J. L. Benson, Some Notes on Corinthian Vase-Painters, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 221.