ACHILLE, Pittore di
Ceramografo attico della seconda metà del V sec. a. C. così denominato da una splendida anfora, trovata a Vulci e conservata oggi nei Musei Vaticani, in cui sono raffigurati Achille e Briseide. I più che 18o vasi che la critica oggi riunisce sotto tale nome, permettono di farsi un'idea ben chiara dell'arte di questo pittore. La sua prima maniera risente molto dello stile del cosiddetto Pittore di Berlino, soprattutto in una descrittività accentuata delle figure e della loro anatomia, di cui l'esempio più esplicito è il cratere a campana di New York. Le opere della sua maturità - e fra queste il vaso vaticano - mostrano invece una capacità di sintesi straordinaria, che gli serve a creare nelle figure un aspetto di serenità e di grandezza quale nessuno dei suoi contemporanei raggiunse; capacità di sintesi che lo porta a esprimersi con sempre maggiore semplicità, come per esempio nella pelìke di Londra, da datarsi nel suo periodo più tardo. Fu anche attivissimo pittore nel campo delle lèkythoi, nel quale genere egli è forse la figura più rappresentativa. Tra le lèkythoi sono da ricordare quelle del museo di Boston e quella del museo di Monaco con una Musa citareda sul monte Elicona. Nei vasi dipinti da questo pittore sono iscritte moltissime acclamazioni; alcuni nomi sono anche accompagnati dal patronimico. Ricorderemo Alkaios, Alkimedes di Aischylides, Axiopeithes, Diphilos di Melanopos, Dromippos di Dromokleides, Epeleios, Hygiainon, Kleinias, Lichas, Meletos, Pistoxenos di Aresandros. I vasi decorati da questo maestro ebbero moltissimo successo e ne sono stati ritrovati esemplari sparsi in tutto l'ambito del mondo antico, dall'Asia Minore alla Sicilia e all'Etruria, oltre naturalmente alla Grecia. Moltissimi altri vasi si debbono ad artisti del suo ambiente che da lui ripetono il loro stile.
Bibl: J. D. Beazley, Red-fig., p. 634 ss. (ivi la bibl. precedente); G. M. A. Richter, Attic Read-figured Vases, New Haven 1946, p. 117 ss.