BERLINO, Pittore di
Ceramografo attico della tecnica a figure rosse, così chiamato da un suo capolavoro, un'anfora conservata a Berlino. La sua attività può stabilirsi fra il 500 ed il 460 a. C., ossia nel periodo che si suol chiamare dell'arcaismo maturo; ma le opere sue più significative appartengono al periodo giovanile, fra l'inizio del secolo ed il 480. Egli è quindi contemporaneo di Kleophrades di cui rappresenta la polarità opposta: egli è il pittore della χάρις (termine che comprende, naturalmente, l'eleganza e l'armonia), mentre l'altro è piuttosto il pittore della forza (v. attici, vasi). Il Pittore di B. continua perciò la tradizione di Epiktetos, la cui eleganza, talora quasi fragile, è però in lui irrobustita nell'anatomia del nudo e nella sagoma dei vasi. E mentre per Epiktetos - come in genere per i pittori a figure rosse del periodo che va dal 520 al 500 - la forma prediletta è la coppa, il Pittore di B. si può dire che la ignori.
Una delle sue prime opere, una pelìke a New York con Achille e Pentesilea, già mostra la sua personalità. Ma le sue predilezioni vanno ai vasi a grandi dimensioni, che gli permettono di isolare le figure per farle maggiormente spiccare, come si vede sul vaso che gli ha dato il nome, che da un lato rappresenta Hermes, un satiro ed un cerbiatto, sull'altro un satiro in atto di suonare la cetra. Acciocché le figure risaltino meglio, il pittore rinuncia infatti ad ogni ornamento, eccetto una piccola raggera in basso, uno stretto fregio di edera sul collo dell'anfora ed una piccola base, ridotta al minimo indispensabile, sotto il gruppo figurato. Pochi - anzi forse nessun altro pittore vascolare - seppero spingere come lui sino alle estreme conseguenze il principio della prevalenza dell'elemento figurativo sull'elemento decorativo.
La forza in lui non è massiccia, bensì nervosa, tutta nervi e muscoli. La figura del satiro sul vaso citato ne è certo l'esempio più spiccato; ma le altre figure del gruppo, pur secondarie, rispondono allo stesso modello ideale. Esso riappare, forse ancor più evidente, nella figura di discobolo di un vaso di Monaco e, forse già con una leggerissima punta di leziosità, nell'anfora di Würzburg in cui è raffigurata la contesa tra Apollo ed Eracle per il tripode. La forza compatta (ma quanta eleganza in questa compattezza!) dell'eroe pronto a difendere con la clava la preda e l'agilità aerea del dio che trasvola lo spazio per riconquistare il suo magico strumento oracolare, sono rese con mirabile contrasto. E mirabilmente caratterizzate sono anche le due anatomie: in Eracle, l'occhio rotondo, i capelli ricciuti, la testa a sfera poggiata su un breve collo taurino, bene rispondono al corpo da lottatore; alla snellezza di Apollo ben si addice, invece, la capigliatura quasi femminea, l'occhio lungo e sottile. Rare volte il cratere a colonnette assurse ad un'eleganza di sagome così perfettamente equilibrata e cosciente come sul vaso di Londra col duello fra Achille e Memnone. Non senza ragione si è detto che chi lo ha plasmato doveva possedere il sentimento delle proporzioni non meno di un architetto templare.
A questo stesso periodo appartiene una serie di piccoli capolavori, che collocano il Pittore di B. fra i più eminenti pittori ceramici di questo periodo e ne spiegano il largo influsso. Tali sono l'anfora di Monaco con due satiri lyricini, il cui aspetto belluino contrasta con la profondità del loro sentimento musicale; altri vasi con discoboli; il vaso di Napoli con Eros; un vaso di Harvard con un Tritone, il cui viso (come nota il Beazley) è quello di un onesto e burbero lupo di mare; il vaso di Madrid con la contesa fra Aiace ed Ulisse per le armi di Achille (i due caratteri sono splendidamente interpretati); un vaso del Louvre con un gentile Ganimede; un vaso della Collezione Hearst di New York con un citaredo; la hydrìa del Vaticano con il viaggio di Apollo agli Iperborei; ed altri ancora, con straordinaria varietà di temi e di caratteri.
Le opere più tarde del maestro (posteriori cioè al 480), pur conservando l'attrattiva di una formula sicura, mancano di quella fiamma interiore che aveva dato scatto e nerbo alle opere giovanili. Il comasta di Londra è perfetto nel suo ritmo; ma in questo ritmo non circola più il fuoco della gioventù. Moltissimi sono i vasi sui quali si trova, infiacchito ed annacquato, il suo stile. Come età, vanno assegnati al periodo fra il 470 ed il 460. Sono opere del maestro vecchio che copia se stesso, o opere di bottega? Difficile dirlo. Il Pittore di B. non disdegnò inoltre dipingere anfore panatenaiche, nella tecnica antica che la tradizione religiosa esigeva.
Bibl.: J. D. Beazley, Der Beliner Maler, Berlino 1930 (opera fondamentale). Qualche piccola aggiunta e correzione in Beazley, Red-fig., p. 952; M. Robertson, in Journ. Hell. Stud., LXX, 1950.