COPENAGHEN, Pittore di
Ceramografo attico, attivo entro il terzo e il quarto decennio del V sec. a. C. È considerato come una sorta di gemello del Pittore di Syriskos con la cui opera la sua presenta, a tratti, significativi punti di contatto. Tuttavia, accanto alla versatilità un poco dispersiva e superficiale di quest'ultimo, l'opera del Pittore di C. risulta più coerente ed elevata come ispirazione. Sono stati attribuiti al Pittore di C. solo grandi vasi con figure monumentali gravemente atteggiate e di qualità statuaria, anche se impegnate in fatti drammatici. E in tutte le sue opere l'elevatezza del tono, certo purismo puntiglioso e schivo del disegno tendono a fare del Pittore di C. la figura centrale degli artisti accademici. Nonostante una indiscutibile freddezza di temperamento il Pittore di C. riesce a muoversi con perfetta coerenza nel clima della tragedia e a toccare toni di intensa drammaticità. Così nelle figurazioni cruente come nell'uccisione di Egisto (Berlino 2184) o di Ipparco (Würzburg 315) il dramma si fissa in attitudini spettacolari di grandiosa dignità ed evidenza. Mentre nell'estrema reticenza formale, altrettanto ricche di tensione intima risultano la lotta per il tripode nello skỳphos dell'Acropoli (504), o l'attesa di Medea e delle Peliadi intorno al magico lebete nella hydrìa del British Museum E 163.
La tendenza a forme estremamente allungate, comune in molti pittori del tardo stile severo e divenuta strumento di squisita poesia nel Pittore di Berlino, nel Pittore di C. assume un carattere assai peculiare. In quest'ultimo, in luogo di figure tenuissime sapientemente modulate e atteggiate, i corpi appaiono ampiamente sviluppati e compatti, con teste ed arti piccolissimi ad accentuare questo singolare aspetto manieristico.
Bibl.: J. D. Beazley, Vasenm. rotfig., 156; Thieme-Becker, s. v.; J. D. Beazley, Vas. Pol., pp. 21, 35, 80; id., Red-fig., p. 192.