TLESON, Pittore di
Ceramografo attico operante nella tecnica a figure nere intorno alla metà del VI sec. a. C. Dipinge coppe di stile miniaturistico delle quali più di due terzi firmate dal vasaio Tieson. Si può anzi dire che la sua personalità si sovrappone o coincide con quella di questo ultimo artista.
Si tratta infatti di un blocco di opere singolarmente omogeneo e compatto. Tutte le coppe firmate sono della stessa mano, ad eccezione forse di una coppa del British Museum (B 440): e quando non vi siano altro che iscrizioni, i caratteri e le forme delle palmette sono identici a quelli delle coppe figurate.
Non è da dimenticare che nella classe delle coppe miniaturistiche il problema centrale non è puramente pittorico: l'immagine figurativa è infatti assai spesso limitatissima e a volte inesistente. Mentre la formulazione e la codificazione dei varî tipi di coppe in uso, la lip-cup dal labbro riservato e con una lunga iscrizione che ha una precisa importanza decorativa nella zona delle anse, la band-cup con il labbro nero e un lungo fregio figurato, e altre varianti minori, costituisce un problema che tocca da vicino così il vasaio come il pittore e in cui per noi è praticamente impossibile tentar di scindere le due attività. È comunque presumibile che T. abbia avuto una parte considerevole in questo processo di codificazione. A parte infatti l'importanza delle tradizioni familiari, costantemente ricordate con la menzione della paternità del grande ceramografo Nearchos, nella sua produzione si contano gli esempî più perfetti e anche tra i più antichi di lip-cups: segnalati tutti per l'accuratezza tecnica, il carattere decorativo della lunga iscrizione e l'immagine pittorica concisa ed essenziale.
Il Pittore di T. infatti è un maestro insuperabile nella formulazione di un'immagine breve e conchiusa che ha la ben dissimulata semplicità di un epigramma. Si tratta in generale di un animale, più raramente di un essere favoloso come una sfinge o una sirena, a volte nel tondo centrale, più spesso posto come un accento centrale sul labbro. Si hanno così cervi, capri e arieti, galli e galline, cigni con le ali aperte e più raramente pantere e leoni. E trattandosi di immagini miniaturistiche è evidente che in dignità e in incisiva verità poetica i galli superino di gran lunga i leoni, minuti giocattoli senza consistenza. Una suggestiva sintesi narrativa si ha nell'immagine del cervo trafitto da un dardo che ritorna nella nota coppa da Vulci a Boston e in un frammento dell'Acropoli n. 1768, in cui la tensione drammatica si riassume in uno squisito arabesco decorativo. Ma in generale il pittore preferisce immagini distaccate e con un senso compiuto nella loro mera presenza. Di qui senza dubbio lo scarso favore per le band-cups in cui il fregio lungo e diffuso è d'obbligo. L'unico esempio di figurazione con un racconto, un'azione sviluppata in cui le figure si trovano impegnate a fondo scendendo dal piano della loro imperturbata esistenza, è la coppa di New York dove due galli furiosi, le penne irte e lacerate si affrontano dinanzi a due galline. J. D. Beazley esprime qualche riserva su un piccolo numero di coppe, sempre firmate da T., in cui appaiono figure umane, in particolare la coppa con un cacciatore, forse Orione, del British Museum B 421.
Bibl.: J. C. Hoppin, Black-figured Vases, 1924, p. 365 ss.; J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., LII, 1932, p. 195 ss.; id., Raccolta Guglielmi, p. 65; id., Development, p. 55, 111; id., Vases in the Cyprus Museum, p. i; id., Black-fig., 1956, p. 178 ss.; R. M. Cook, Greek Painted Pottery, Londra 1960, p. 81; J. Boardman, in Ann. Brit. Sch. Athens, LIII-LIV, 1959, p. 35.