Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Si afferma nel Settecento, accanto alla veduta e al capriccio, il genere del paesaggio pastorale, ispirato alle regole dell’Accademia d’Arcadia. Se nella pittura di Watteau il tema della festa galante, ambientata in parchi e giardini, si ispira ai personaggi della commedia dell’arte, in Boucher e Fragonard il pastore d’Arcadia, carico di significati allegorici per il classicismo secentesco, si trasforma nella figura aristocratica del berger galant.
L’affermazione di un ideale di bellezza scevro da ogni impegno morale, il ritorno alla chiarezza dell’espressione e alla semplicità del sentimento sono i valori propugnati dall’Accademia letteraria d’Arcadia che sorge a Roma nel 1690, all’interno degli ambienti culturali già legati a Cristina di Svezia. Alla morte di Cristina, il cardinale Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII, diviene il principale animatore dell’Accademia: nel palazzo della Cancelleria – dove si svolgono le riunioni settimanali dell’Arcadia – egli dà vita a un’intensa stagione artistica, musicale e teatrale, coinvolgendo un vasto numero di artisti tra cui l’architetto Filippo Juvarra, il pittore Francesco Trevisani e il musicista Arcangelo Corelli.
In pittura, come in poesia, le nuove regole dell’Arcadia impongono modi chiari e convenevoli, ritmo giocoso e forma elegante. Sono queste normative a dominare la cultura romana del primo Settecento, detta del “rococò arcadico”, cui attingono ben presto i pittori appartenenti alla cerchia del cardinal Ottoboni, quali il veneto Francesco Trevisani – nominato primo pittore del cardinale – con l’allievo piemontese Claudio Francesco Beaumont, Sebastiano Conca e gli artisti dell’Accademia di Francia a Roma, tra cui Charles-André van Loo, François Lemoyne, Charles Natoire e Noël Hallé: interpreti tutti della maniera leggiadra che privilegia l’idillio e i toni graziosi e patetici, anche nell’affrontare temi storici o sacri.
A Venezia insieme al genere della veduta e del capriccio si afferma quello del paesaggio pastorale che trova ispirazione nell’universo idillico dell’Arcadia: suoi rappresentanti sono il toscano Francesco Zuccarelli, attivo tra il 1731 e il 1752 nella Serenissima e in seguito in Inghilterra, e Giuseppe Zais.
Mentre il primo è l’autore di un paesaggio idealizzato e senza tempo, reso con tinte pastello e animato da graziose figure, Zais è il seguace della tradizione paesistica veneta e filtra la lezione dello Zuccarelli – suo maestro – facendo proprio il gusto galante degli artisti francesi nel genere di Jean-Antoine Watteau.
A Bologna il clima d’Arcadia passa attraverso Marcantonio Franceschini e Donato Creti, artisti che recuperano un’intera tradizione classica (da Veronese ad Annibale Carracci e a Francesco Albani), introducendo ritmi eleganti, cadenze garbate anche se non leziose e una nuova semplicità di espressione che è all’origine del diverso sentire settecentesco.
In Francia il passaggio dall’assolutismo di Luigi XIV alla reggenza di Filippo d’Orléans determina un progressivo mutamento dei costumi e del gusto. Il trasferimento del potere politico dalla corte di Versailles al Palais Royal è uno dei segni più significativi di tale mutamento. In pittura i primi sintomi della reazione agli eccessi del grand goût – lo stile aulico e declamatorio che aveva dominato in Francia per oltre mezzo secolo – si manifestano con l’abbandono dei soggetti storici a favore di temi a soggetto galante. Uno stile più leggero, capriccioso e sensuale invade Parigi e i cenacoli aristocratici a essa legati: caratteri frivoli, attitudini graziose, colori chiari e brillanti alleggeriscono i temi storici e sacri e sono anche all’origine di una nuova interpretazione del genere mitologico-pastorale.
Accanto alla pastorale antica si delinea la scena moderna di genere campestre e significativa è l’evoluzione che la figura del pastore d’Arcadia subisce nella pittura francese tra Sei e Settecento: da personaggio carico di significati allegorici, che scopre la morte nella terra felice d’Arcadia (Nicolas Poussin), si trasforma in figura aristocratica, acquistando i tratti spensierati di berger galant (François Boucher). La favola pastorale tardoellenica di Dafni e Cloe, riletta in un’ottica di corte, diviene allora testo alla moda e ispira temi per decorazioni: nel 1718 esce l’edizione curata da Filippo II d’Orléans Gli amori pastorali di Dafni e Cloe, ornata di raffinate incisioni.
Principale interprete francese del nuovo gusto che si afferma nel primo Settecento, Jean-Antoine Watteau si ispira a scene mitologiche galanti e a soggetti della commedia dell’arte.
Con l’artista diviene preminente il tema galante, ambientato nei parchi e nei giardini settecenteschi ornati di vasi, statue e fontane. All’interno dei suoi dipinti Watteau ricrea un olimpo mondano, un’Arcadia fittizia e nostalgica, dove coincidono spettacolo teatrale e clima di festa aristocratica.
L’azione eroica è del tutto assente nelle sue opere. In questo nuovo microcosmo pittorico, popolato di personaggi in costume, le figure si muovono nei giardini-fondale a passo di danza: sono gli stessi personaggi che rivivono negli opéras-ballets rappresentati a Parigi nei primi decenni del secolo, su libretti di Danchet, La Motte e Fuselier.
Con il dipinto Imbarco per Citera (1717), Watteau viene ammesso all’Accademia di pittura di Parigi e nominato “pittore di feste galanti”, titolo creato appositamente per lui. Il soggetto del dipinto, d’ispirazione teatrale, è stato messo in relazione con la commedia di Florent Carton Dancourt Le tre cugine, rappresentata a Parigi nel 1700 e più volte replicata. La scena è quella della partenza per l’isola promessa, l’isola del piacere: Watteau combina il tema del giardino d’Amore con la tradizione mitologico-pastorale che risale a Tiziano e Veronese.
Questa fusione risulterà determinante non solo per Jean-Baptiste Pater e Nicolas Lancret, i continuatori del genere mitologico a risvolto galante, ma soprattutto per l’opera di Boucher e Jean-Honoré Fragonard.
Interprete brillante dei soggetti pastorali, François Boucher inizia la sua carriera incidendo acqueforti tratte da soggetti di Watteau. Protetto dalla marchesa di Pompadour, favorita del re, Boucher viene definito dai suoi contemporanei “Anacreonte della pittura”. Con i suoi dipinti frivoli e brillanti l’artista rappresenta i caratteri dominanti dello stile Luigi XV: uno stile grazioso, decorativo e sensuale che punta all’effetto piacevole con allusioni all’universo erotico.
Nel tema mitologico-pastorale, ambientato entro artificiose cornici naturalistiche e sempre interpretato in chiave decorativa, Boucher trova il registro più adatto a ricreare un’Arcadia libertina, dove deità femminili, satiri, ninfe e pastori sono pretesti per rappresentare corpi nudi dalle forme seducenti.
L’attività di Boucher investe l’intera sfera delle arti: dai decori teatrali – del 1743 sono le scene per il balletto Les Indes galantes su musica di Jean-Philippe Rameau – ai disegni per arazzi, dalle illustrazioni per libri ai disegni per ventagli e alla decorazione d’interni. Dal 1736 l’artista collabora con la manifattura reale di Beauvais fornendo i disegni per gli arazzi e nel 1755 diviene ispettore della Manifattura reale dei Gobelins, infondendo il proprio gusto alla sfera delle arti minori. Il suo repertorio galante-pastorale, ampiamente divulgato attraverso incisioni, viene anche utilizzato per realizzare modelli in ceramica prodotti dalla manifattura di Sèvres.
L’evocazione di un’Arcadia moderna, vissuta all’interno dei parchi, è il tema centrale dell’opera di Fragonard, che compie la sua formazione presso Boucher. Con la serie delle tele pastorali, dipinte nel 1771 per la marchesa du Barry favorita di Luigi XV, il tema del giardino d’Amore tocca un culmine di raffinatezza e artificio mai raggiunti nella pittura francese. Le grandi tele, in seguito rifiutate dalla committente, dovevano rivestire interamente gli interni di una sala nel padiglione di Louveciennes progettato da Claude-Nicolas Ledoux: dall’esterno, l’osservatore poteva scorgere attraverso le grandi finestre scene di amanti nel giardino illusorio, tra vegetazioni, statue – ogni tela ne includeva una – e tripudi di rose, che creavano una sorta di continuità tra esterno e interno. I temi delle tele sono poi quelli dell’inseguimento e dell’incontro, dell’amante incoronato, delle lettere d’amore, della rêverie e dell’amore trionfante.