più (piue)
1. Dell'avverbio e aggettivo (anche sostantivato) p. le attestazioni, circa 1200 complessivamente, sono 54 nella Vita Nuova, 78 nelle Rime, 391 nel Convivio e 661 nella Commedia, un poco meno frequenti nell'Inferno (182) che nel Purgatorio (241) e nel Paradiso (238). Caratteristici dell'uso di p. sono i passi, specialmente del Paradiso, nei quali D. pone tra loro in rapporto intensità di grazia, di moto e di luminosità, come ad es. in XXVIII 35-39 ciascheduno / più tardo si movea, secondo ch'era / in numero distante più da l'uno; / e quelli avea la fiamma più sincera / cui men distava la favilla pura, / credo, però che più di lei s'invera.
1.1. I sintagmi comparativi e intensivi in cui p. appare, nominali o verbali, a seconda che p. - in ordine di frequenza - si riferisca ad aggettivi e avverbi (v. 2.), sostantivi (v. 4.) o a verbi (v. 3.), o sia esso stesso sostantivo (v. 5.), oltre a costituire elementi di singole proposizioni, a volte sono coordinati all'interno di una proposizione (v. 6.1.) e, specialmente nella Commedia, ne caratterizzano la struttura (v. 6.2.) o ne coordinano tra loro due (v. 6.3.): più importante, però, è l'uso di sintagmi con p. in due (o anche più) proposizioni di una frase, delle quali il tratto costituente più significativo è il valore elativo (v. 6.4.). Specifiche funzioni avverbiali ha p. in vicinanza di ‛ non ', con valore di limite sia temporale che logico (v. 7.); aggettivali, in espressioni numeriche (v. 8.) e nel nesso ‛ e più ' dopo numerali (v. 8.1.). Di frequenza limitata sono gli usi intensivi (v. 9.) e il contrasto con ‛ meno ' (v. 10.).
1.2. Tutte in rima sono le 7 ricorrenze della forma con epitesi ‛ piue ', in Pg XXII 107 e in Pd VI 14, VIII 46 E quanta e quale vid'io lei far piùe [" crescere in intensità luminosa "] / per allegrezza nova che s'accrebbe, / quando parlai, a l'allegrezze sue; XIII 88, XV 92, XXV 115 e XXVII 39.
2. L'uso di p. con aggettivi è il più diffuso nelle opere di D. (specialmente nel Convivio). L'aggettivo (in pochi casi, il sostantivo con funzione aggettivale) con il quale p. forma un sintagma per lo più intensivo, meno spesso comparativo e in poche ricorrenze superlativo relativo, segue immediatamente p., tranne in un numero ridotto di casi, stilisticamente differenziati (v. 2.4.).
2.1. La prima disposizione è in Vn III 1 donne... di più lunga etade; X 1 lo mio parlare sia più brieve; XVII 1 matera nuova e più nobile che la passata; XXVI 4 e 14, XXIX 4, XXXI 2 questa canzone paia rimanere più vedova dopo lo suo fine; XLI 20; Rime LXXXIII 68 con rima più sottile / tratterò il ver di lei; C 12 la mente mia ... più dura che petra (cfr. CII 13 io che costante più che petra, con p. posposto all'aggettivo; v. 2.4.); CII 45, CVI 56; Rime dubbie VIII 1 Nulla mi parve mai più crudel cosa / di lei; XVIII 5; Cv I I 13 degni di più alto sedere (cfr. IV 13 più alto stilo); II 5, VIII 11; If IX 117, XI 3 venimmo sopra più crudele stipa; XIII 38 ben dovrebb'esser la tua man più pia (cfr. XXIX 36); Pg IX 124, XI 106 è più corto / spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia / al cerchio che più tardi in cielo è torto (in XI 41 da qual mano... / si va più corto, ‛ corto ' è avverbio); XII 116, XVIII 42 e 77. Come mostrano gli esempi, in poesia i sintagmi con p. tendono a occupare sedi determinate del verso, più spesso le ultime 3 sillabe, con aggettivi bisillabici o trisillabici inizianti con vocale: cfr. If II 117 per che mi fece del venir più presto; VI 85, IX 75, e 117 salvo che 'l modo v'era più amaro; Pg XXV 43, XXVII 110, XXVIII 28, Pd III 34, 48 non mi ti celerà l'esser più bella (cfr. VIII 15, X 109, XII 105), 51 e 130, V 73 e 87, VII 49 e 63.
2.1.1. Sono più rari i sintagmi che occupano le ultime 4 sillabe del verso, con aggettivi trisillabici non inizianti con vocale: cfr. If XXIII 17 ei ne verranno dietro più crudeli; Pg XV 58 Io son d'esser contento più digiuno; XXIII 93, Pd III 63 sì che raffigurar m'è più latino, e 73, VII 75 (v. 6.2.), X 97, XXXII 99.
2.1.2. Non è disgiunto da una certa enfasi l'uso di questo sintagma nella sede iniziale del verso: cfr. If III 93 più lieve legno convien che ti porti; XXIV 55 Più lunga scala convien che si saglia; Pg IX 124, XXIX 53, Pd X 66 più dolci in voce che in vista lucenti.
2.2. P. forma sintagmi comparativi con aggettivi semanticamente o etimologicamente elativi, in Cv I XII 4 la cosa più prossima... lo figlio è più prossimo al padre, e 5; II IV 10, IV XVII 11; If XV 102 li... compagni... più sommi.
2.3. Sintagmi analitici sono attestati in Cv IV XIV 8 con più buona memoria, e XI 11; XXVII 16 più belle e buone novelle (ma v. I X 11 più bello e migliore); II X 7 nulla cosa sta più bene in donna che cortesia; If XIV 25 Quella che giva 'ntorno era più molta.
2.4. P. è distaccato dall'aggettivo e posposto ad esso in un numero ridotto di casi, più frequenti in poesia che in prosa, nei quali non è sempre ovvio se p. si riferisce esclusivamente all'aggettivo; l'enfasi di quest'uso è sottolineata, in poesia, dal ritmo. Cfr. Vn XL 5 acciò che più paresse pietoso; Rime LXVI 11 molto più m'entra ne lo core amara; Cv III VII 15 la... fede... più che tutte l'altre cose è utile (v. 11.2.); IX 14, IV XVI 6, XXII 17, XXX 4; If I 122 anima fia a ciò più di me degna; VII 25 gente più ch'altrove troppa (cfr. Pg XIII 136 Tropp'è più la paura), e 103 L'acqua era buia assai più che persa (cfr. Pg XXVII 9 in voce assai più che la nostra viva; If XXIV 63); IX 129, XVII 63 (cfr. Pg IX 97), XXIV 34, Pg VII 91, IX 17 peregrina / più da la carne e men da' pensier presa (si osservi il chiasmo nell'uso di p. e ‛ meno '); X 21, XII 26, XIV 47, XXIII 95, XXXI 87, XXXII 91, Pd VII 73, IX 38, XII 89 La sedia che fu già benigna / più a' poveri giusti; XXIII 108, XXVIII 24.
2.5. L'aggettivo è implicito in Cv IV XII 16 ricchezza non grande, e poi grande, e poi più; XXII 10 l'uso del nostro animo è doppio... l'uno e l'altro dilett[os]issimo, avvegna che quello del contemplare sia più, e XXVII 15; If I 7 Tant'è amara che poco è più morte; Pg XXIV 14 La mia sorella, che tra bella e buona / non so qual fosse più: si osservi in questi passi la posizione ritmicamente ricercata di ‛ più '.
3. L'uso di p. in riferimento a verbo, con significato intensivo (" massimamente "), estensivo (" oltre ") e, più raramente, relativo ("maggiormente [di X] "), appena attestato nella Vita Nuova (VIII 7 s'acconcino più ad ascoltarmi; XIII 1, e XXIX 4), è un poco più frequente nelle Rime (L 20 la sua doglia più m'incende; cfr. CIV 43; XC 3-4 là s'apprende più lo suo valore / dove più nobiltà suo raggio trova; CIII 27, CVI 69).
3.1. Nel Convivio è relativamente scarso: cfr. I V 4 più adorna e commenda l'umana operazione; in XII 12 e 13, e XI 15 credono più essere ammirati, il participio non ha funzione aggettivale, come invece in alcune attestazioni in I XII 4-7, ad es. lo volgare è più prossimo quanto è più unito, e, con il participio presente, IV 12 quanto la cosa è più divina è più di Dio simigliante; IV Le dolci rime 99 l'una val ciò che l'altra vale, / e ancor più (cfr. If XXII 117); Cv IV XI 9, XII 16, e 17 quanto da la punta ver la base più si procede (e cfr. XVIII 6 di quella... proceda maggiormente che d'altro terzo); XV 13, XVII 12, XIX 3, XXII 8 più ama quelle... quello più ama... amando di sé la migliore parte più, manifesto è che più ama l'animo che 'l corpo... lo quale animo... più che altra cosa dee amare (vi si osservino le varie posizioni di p. rispetto a uno stesso predicato verbale); XXVII 12 e 16 un'ombra d'autoritade, per la quale più pare che lei [la vecchiaia] l'uomo ascolti che nulla più tostana etade (ove si osservi p. assai distaccato dal verbo, ascolti, " obbedisca ", " rispetti ").
3.2. Nella Commedia questo sintagma è molto diffuso, ad es. in If IV 33 innanzi che più andi, XIII 16 Prima che più entre; IV 130 innalzi un poco più le ciglia (cfr. X 30 m'accostai / ... un poco più al duca mio, Pg XXIII 6); XIII 81 (cfr. XI 26, Pg III 78), If XXII 34, XXIII 48, XXX 72, XXXI 27, Pg I 55, IV 4; VI 53 innanzi... / quanto più potremo (cfr. Cv IV XXII 1 quanto puote [utili] più al ricevitore; Pd II 47 sì devoto / com'esser posso più); Pg XI 15 e 82, XIII 148, XIV 5 e 117, XVII 20, XVIII 30, XXI 111, XXII 17, XXIV 36, 80 e 90, XXVI 48, XXVII 75 ci affranse / la possa del salir più e'l diletto; XXVIII 25, XXXI 83 e 87, XXXII 41 e 141, Pd II 40 accender ne dovria più il disio; IV 28, V 21, VI 102, VII 73, VIII 112, IX 97, XI 34, XVI 58, XVII 61, XX 44, XXI 91, XXII 3, 24 e 127, XXVII 85, XXVIII 39, XXX 25, XXXI 99, XXXII 86, XXXIII 75.
3.3. Per l'uso di p. in indicazioni di spazio, cfr. If XVIII 111 ove lo scoglio più sovrasta; XIX 35 per quella ripa che più giace; XX 72, Pd XI 50.
3.4. P. ha valore temporale, " in seguito ", " altra volta ", " ancora ", in If XXX 146 se più avvien che fortuna t'accoglie, e Pg XXIII 80.
3.5. Quando il verbo cui p. si riferisce è transitivo e manca il secondo termine di paragone, si può essere incerti se p. ne sia il complemento oggetto, con valore di " altre cose ancora ", " ulteriori cose ": cfr. If XXII 62 se più disii / saper da lui; Pd III 66 (v. 4.), V 111.
È espresso il secondo termine di paragone in If XXVIII 137 Achitofèl non fé più d'Absalone / e di Davìd.
3.6. Il nesso avverbiale ‛ di p. ', la cui funzione è analoga a quella di p. sopra osservata, ricorre soltanto in Cv I XII 1 qual di costoro fosse da schernire di più, e If XV 115 Di più direi.
3.7. In frase negativa e in riferimento a verbo transitivo o copulativo, ‛ non p. che ' significa " nient'altro che ", in Vn XIV 5 non ne rimasero in vita più che li spiriti del viso, e Pd XIII 63 più non fa che brevi contingenze.
4. Quale aggettivo, p. è attestato in un numero limitato di casi e in sintagmi relativamente costanti (con ‛ cose ', ‛ volte '). Di fronte a sostantivo plurale, p. è poco meno frequente che di fronte a sostantivo singolare (tranne che nella Vita Nuova), e significa " un maggior numero di X ", sia nel senso di " la maggior parte di X " (quale superlativo relativo), " parecchi ", sia in quello di " ulteriori ", " altri ancora ": cfr. Vn V 3 le più persone che di me ragionavano; XIII 4 la sua operazione sia ne le più cose altro che dolce (cfr. Cv IV XVIII 4 in noi sono più cose laudabili... quello che comprende più cose); XIX 21 (cfr. XXXV 5), XXXVII 2 (cfr. al § 4, Rime XCIX 7, CXIV 5; Cv I II 6 del non sapere ben sé menare le più volte non è l'uomo vituperato; II XIV 1, IV II 8, V 17, XI 8, 9 e 10, XV 3; If I 36 i' fui per ritornar più volte vòlto, XII 43, XXVIII 3, Pg II 96, Pd IV 90, XIII 118); Vn XXXII 5 6 molte fiate più ch'io non vorria (cfr. Cv III I 4 ad esso m'accostai per più fiate; If V 130 Per più fïate li occhi ci sospinse / quella lettura); Rime LXXXIII 85, CIV 89 più lune ha volto il sol (cfr. If XXXIII 26 m'avea mostrato... / più lune già); Cv I IV 9 l'uomo è da più parti maculato; VII 5 per più ragioni è mostrato; III IX 11, II III 5, IV 12, III II 15, VIII 2, IX 6, IV II 11 ‛ valore ' intendere si possa per più modi; If XVII 16 Con più color, sommesse e sovraposte; XXI 12, XXXII 67, XXXIII 137, Pg XIV 52 per più pelaghi cupi; XV 87, XXVI 126, XVII 72, XXIX 33; Pd III 66 per più vedere [v. 3.5.] e per più farvi amici; IV 33, X 66, XXI 136, XXIII 82 vid'io... più turbe di splendori (per questo uso indefinito di p., v. 8.).
4.1. In alcuni casi si osserva il contrasto tra pluralità e unità, come in Cv I XIII 4 a una cosa esser più cagioni efficienti; II IX 4, IV IV 5; Pg XV 62 un ben, distributo / in più posseditor; Pd X 63 mia mente unita in più cose divise.
4.2. Accordato a un sostantivo singolare (per lo più astratto, e in dipendenza da un verbo quale ‛ avere ' e ‛ dare '), p. significa " maggiore ", in senso sia numerico che intensivo, e " alquanto ": Vn XIII 3 lo suo fedele più fede li porta; XXVII 4 12 per darmi più salute (cfr. Rime XC 45); Rime XLVII 7 una più ch'altra ben ha più valore / inverso lui (vi si osservi l'uso pleonastico di p.); LXVII 74, XC 23 con più diletto quanto è più piacente (cfr. Cv II III 2, Pd XVIII 58 per sentir più dilettanza); XCI 14 e 47, CIII 81 quello ond'io ho più gola (cfr. If I 99 dopo 'l pasto ha più fame che pria); Rime dubbie III 3 3 di sentir lui meno ho più paura (cfr. Pg XXIII 27 più n'ebbe tema); Cv I I 10, XIII 6, II III 13 e 15 ha più movimento e più attualitade e più vita e più forma (ove sono coordinate due coppie di sostantivi preceduti da p.; v. 6.2.); XI 5, XV 6 dà cagione... di più amore (cfr. Pd XXI 67 né più amor mi fece esser più presta); III II 10, IV Le dolci rime 58 dàn più cura (cfr. IV XII 5, Pg XVII 100 con più cura / o con men; XXX 106, If XXIII 41); Cv IV VIII 6 la più gente, " la maggior parte degli uomini "; XII 1 e XXIII 7 più ha durare (per l'uso con infinito sostantivato, cfr. If XVII 76 temendo no 'l più star crucciasse / lui); XXVI 13, XI 27, XXIX 39, Pg IX 71, X 138, XXIV 82 quei che più n'ha colpa, e 103, XXVIII 9 mi feria per la fronte / non di più colpo che soave vento (cfr. XXXI 59), e 73; XXXI 69, Pd IV 111, V 136, XXIV 19 e 21 di più carezza / ... di più chiarezza (e cfr. XXV 33); XXIX 84, XXXII 63.
4.3. Quale predicato nominale, p. ricorre in Cv I V 12 più è la vertù sua che quella del volgare; IV XXIX 10 dico ‛ vincere ' essere più [" superiore "] che li altri; If XIX 79 più è 'l tempo già (cfr. Cv I I 10, cit. in 4.2.); I 101 Molti son li animali a cui s'ammoglia, / e più saranno ancora.
4.4. Il sostantivo concordato con p. non è ripetuto, sia nel rapporto tra un dato elemento e un maggior numero di essi (Cv IV XV 16 tutti li uomini da una sola Idea dependano, e non da più; If XXX 117 son qui per un fallo, / e tu per più ch'alcun altro demonio), sia in quello tra diverse quantità di uno stesso elemento (Pg I 33 degno di tanta reverenza in vista, / che più non dee a padre alcun figliuolo).
5. Quale aggettivo sostantivato seguito da complemento partitivo, p. è appena attestato, in Rime C 36 'l freddo lor spirito ammorta: / e 'l mio più d'amor porta; Cv III VI 4, e 8 più hanno di pace; Pg XIII 153 perderagli / più di speranza; XV 56-57 tanto possiede più di ben ciascuno, / e più di caritate arde in quel chiostro, e 60 più di dubbio ne la mente aduno; XXI 123, XXX 120, Pd IV 27, VIII 81, XX 144, XXVI 30. Il significato di ‛ p. di ' corrisponde in questi casi a quello di p. con funzione aggettivale, " maggiore ", " più intenso ".
5.1. Da queste attestazioni si distinguono le seguenti nelle quali il sostantivo riferito a p. è preceduto da preposizione articolata, e p. significa " una buona parte di X ", " la maggior parte di X ": If VII 17 pigliando più de la dolente ripa; Pg XII 73 Più era già per noi del monte vòlto; Pd I 4 Nel ciel che più de la sua luce prende. In frase negativa, però, a questa struttura si associa lo stesso valore osservato in 5.: Pg XXV 79 Làchesis non ha più del lino (‛ di lino ').
5.2. Quale sostantivo, al plurale e preceduto da articolo, con significato di " la maggior parte degli uomini ", p. ritorna in Cv IV III 9 quello che pare a li più, impossibile è del tutto essere falso (e così VIII 6); XXIII 9 ne li più (così XXIV 3); senza articolo, in Cv IV I 1 Ne l'amistà si fa uno di più, " parecchi uomini ".
5.2.1. Al singolare, ‛ il più ' è sempre contrapposto a ‛ il meno ', in Cv III V 9 e 10, XI 3, e Pd XXVIII 65 (v. 10.1.).
6.1. Non è rara la coordinazione di due aggettivi comparativi, ad es. in Rime L 39 morte n'ha più tosto e più amara; LXVII 47-48 vie più bella ora / che mai e vie più lieta (v. 9.1.); Cv II IV 10, IV XXX 2 più celebre e più prezioso; XXIV 7, XXV 6, III I 4; If XV 102 compagni più noti e più sommi; XXXI 54, e 84 trovammo l'altro assai più fero e maggio (cfr. Pg II 21 rividil più lucente e maggior fatto, XXVII 90); XXXII 90, XXXIII 103. Sono coordinati due sostantivi in Cv II III 15 (v. 4.2.) e Pd XXIX 84 ne l'uno è più colpa e più vergogna. Due avverbi, in Pd XVI 72 taglia / più e meglio una che le cinque spade.
6.1.1. Rarissimo, invece, è il tricolon di Cv I V 14 concedesi esser [il latino] più bello, più virtuoso e più nobile, e IV IV 10 più dolce natura [in] segnoreggiando, e più forte in sostenendo, e più sottile in acquistando né fu né fia.
6.2. Due sintagmi comparativi sono correlati tra loro all'interno di una proposizione in Pd XIV 134 i vivi suggelli / d'ogne bellezza più fanno più suso; XVII 134 come vento, / che le più alte cime più percuote; XXI 67 né più amor mi fece esser più presta; VII 75 ne la più somigliante è più vivace.
6.3. Sono coordinate tra loro due proposizioni relative in Pg XXI 85 col nome che più dura e più onora; Pd XXIII 97-98 Qualunque melodia più dolce suona / ... e più a sé l'anima tira, e 113, XXVIII 72. Per una struttura diversa, cfr. Vn XLI 9 Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più sottilmente fare intendere; Cv III VIII 2 Più alte cose di te non dimanderai e più forti cose di te non cercherai; Pd VII 73 Più l'è conforme, e però più le piace; III 66.
6.4. L'uso di sintagmi comparativi in proposizioni tra loro collegate da un rapporto di progressione intensiva (specialmente nella correlazione ‛ quanto più... tanto più ') è rarissimo nella Vita Nuova (XIII 3, XIX 22 a più aprire lo intendimento... si converrebbe usare di più minute divisioni), nelle Rime (LXII 1-2 Com più vi fere Amor... / più li vi fate in ubidirlo presto; XC 23, Rime dubbie IV 7), mentre è piuttosto frequente nel Convivio (I XII 7 perché più propinqui, più amati, e 9, II III 14, 15 e 16; III II 8, X 2 quanto la cosa desiderata più appropinqua al desiderante, tanto lo desiderio è maggiore, e l'anima, più passionata, più si unisce a la parte concupiscibile e più abbandona la ragione) e nella Commedia (If VI 107 quanto la cosa è più perfetta, / più senta il bene, e XXVI 12; Pg XIV 49 quant 'ella più 'ngrossa, / tanto più trova di can farsi lupi; XXX 118, XXXI 87, XXXII 41, XXXIII 84; Pd VII 106-107, XI 128-129 quanto le sue pecore remote / e vagabunde più da esso vanno, / più tornano a l'ovil di latte vòte; XII 101-102, XVII 108, XXI 8-9, XXVIII 35-36, 50-51, XXX 72 tanto mi piace più quanto più turge).
7. In frase negativa, p. ha per lo più funzione avverbiale e significa " oltre ", " ancora ", " ulteriormente ", " ormai ", rispetto a un processo che è prevalentemente presentato sub specie temporali; di fronte a sostantivo, p., in questa struttura, può valere " ulteriore ", " altro ". Nella disposizione più frequente p., preceduto da negazione, ne è distaccato da altri termini interposti: Vn XIV 8 non si puote ire più per intendimento di ritornare (cfr. Pg XXXIII 141 non mi lascia più ir lo fren de l'arte); XVII 1 credendomi tacere e non dire più (cfr. If XXVII 2 per non dir più); XXIII 12, XLI 9, Rime LIX 2, CXVI 81, Rime dubbie I 7, Cv II IV 3 credettero... essere tante... quante circulazioni fossero ne li cieli, e non più (" più numerose ", " di più "); VIII 7, III XII 1 non è più mestiere di ragionare (cfr. 5 Né più è mestiere di ragionare, ma If II 81 più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento, per cui v. 7.2.); IV VII 15 rimane quadrangulo e non più pentangulo, XXVIII 17; If XX 77 non più Benaco, ma Mencio si chiama; XXV 16, XXIX 81, XXXII 95 e 109, Pg VIII 73, XIV 15, XIX 2 e 139, XXIV 62 non vede più da l'uno a l'altro stilo (" ulteriore, altra differenza tra i due stili "); XXV 79, XXVI 58, XXVII 139, XXXI 57, XXXIII 33 e 141, Pd XIX 143, XX 125, XXI 99, XXVII 39, XIII 88.
7.1. Il significato di " ancora ", " ulteriormente ", è esplicito nel sintagma ‛ p. oltre ', in Cv I VII 9 al termine del comandamento va, e non più oltre; IV IX 9 tanto quanto le nostre operazioni... si stendono, siamo subietti; e più oltre no; If XXXII 64 non veggio oltre più.
7.2. La disposizione ‛ p. non ' è più frequente in poesia (particolarmente, in inizio di verso e nella prima sillaba tonica dopo la cesura) che in prosa (generalmente, a inizio di proposizione), e forse non è disgiunta da una certa enfasi retorica. Cfr. Vn VIII 10 17 Più non voi discovrir qual donna sia, e XXIII 26 63; Rime LXXI 4, XCIII 3, CXVI 38 ma più non posso (e si ricordi il drammatico explicit di Pg X, intessuto di p. e di allitterazioni: più e meno eran contratti / secondo ch'avien più e meno a dosso; / e qual più pazïenza avea ne li atti, / piangendo parea dicer: ‛ Più non posso ', vv. 136-140); Cv IV II 3, XXV 10, V 8, XIII 14; If III 96 e V 24 e più non dimandare, e 138, VI 57, 90 più non ti dico e più non ti rispondo (cfr. Pg IV 96 Più non rispondo, e questo so per vero; XI 139), e 94 Più non si desta; VIII 21 e 64, IX 120, X 72, XIV 118, XV 120, XXIII 110, XXIV 85, XXVII 21; Pg VI 8, XVI 145 Così tornò, e più non volle udirmi; XVII 76, XVIII 140, XXVIII 135, XXIX 97, Pd II 87, XXIX 117. Gli esempi mostrano che l'uso di ‛ p. non ' si accompagna con strutture ritmiche quasi completamente estranee al Paradiso.
7.3. Assimilabile a questa struttura sintattica è l'uso di p. dopo ‛ senza ', in If XXVII 63 questa fiamma staria sanza più scosse; XXVIII 114 io avrei paura, / sanza più prova; Pg XXX 37. Attenuativo, anche se non negativo, è il senso della frase in Pd XXX 132 vedi li nostri scanni sì ripieni, / che poca gente più ci si disira (" non si attendono ancora molte anime ", data l'ormai prossima fine del mondo).
8. P. ha la funzione di accrescere un numero nelle disposizioni ‛ p. di X ', ‛ X e p. ', in indicazioni generiche - spesso iperboliche -, nelle quali i numeri usati sono l'unità (1, e particolarmente il quadrato di 10, 100, il cubo 1000) e, una sola volta, il perfetto 7. Per il primo tipo cfr. Rime LXXIII 12 Piange la madre, ch'ha più d'una doglia; CIII 73 io mi vendicherei di più di mille; Rime dubbie XXVII 2, XXVI 14 non son pur cento, / anti più d'infinite ed altrettante; Cv IV XI 8 forse più di dumilia anni l'aveano aspettato. È particolarmente diffuso nella Commedia: If V 67 più di mille / ombre mostrommi; VIII 82, IX 79, VIII 97 0 caro duca mio, che più di sette / volte m'hai sicurtà renduta; X 118, XXI 52, XXVI 92, XXXII 104, Pg II 45, XI 41, XXI 96 la... fiamma / onde sono allumati più di mille; Pd V 103, XVIII 103, XX 129 più d'un millesmo; XXVI 78, XXX 113, XXXI 131. L'ambito semantico di questo tipo espressivo è piuttosto costante, collegandosi con la descrizione dell'apparizione di un numero imprecisato di anime (v. 4.).
8.1. Il secondo tipo ricorre in Cv II XIII 28 ventinove anni e più; Pd VI 4 cento e cent'anni e più; XI 65, XV 92, XXVII 87; If XX 64 Per mille fonti... e più; XXX 111 sì e più l'avei [scil., la lingua sciolta].
8.1.1. Il sintagma ‛ e poco p. ' ricorre in Cv III V 14, 16 e 18 novanta e uno die e poco più; Pg XIX 103 Un mese e poco più. Quello ‛ e altri p. ' soltanto in Pg XXII 107 Simonide, Agatone e altri piùe.
8.2. Valore di aggettivo numerale indefinito ha il sintagma ‛ p. e p. ' in If XVIII 11 più e più fossi cingon li castelli, " un gran numero ", difficilmente precisabile alla vista.
9. Ha funzione intensiva l'avverbio reduplicato ‛ (e/a) p. e/a p. ', in If XII 124 a più a più si facea basso / quel sangue, e 130 a più a più giù prema / lo fondo suo; XXXI 38 più e più appressando ver' la sponda. Nei contesti semanticamente affini di Pg II 37 (come più e più verso noi venne / ... più chiaro appariva), IX 79 (come l'occhio più e più v'apersi, / vidil seder sovra 'l grado sovrano), XXIX 20, Pd IV 120, XXIII 18 (lo ciel venir più), XXXIII 53, p. esprime un intenso quanto ineffabile aumento di luminosità e di grazia.
9.1. L'avverbio intensivo ‛ vie / via p. ' ricorre soltanto in Rime LXVII 47-48 (cit. in 6.1.), Rime dubbie XII 6, If XXX 68 l'imagine lor vie più m'asciuga; Pd XIII 121 Vie più che 'ndarno da riva si parte, XVII 99, XXV 94.
10. La correlazione di p. con ‛ meno ', appena documentata nelle Rime (LXVII 56 'l mio sentire è meno assai / ed è più presso al terminar de' guai), è piuttosto frequente nel Convivio (II XIII 21 quando più e quando meno; III IV 8, V 9 e 10, VII 2, XI 3, IV XXI 2, XXII 7, XXIII 7, XXIV 5; in IV XI 9 quanto l'uomo più subiace a lo 'ntelletto, tanto meno subiace a la fortuna, la correlazione è suddivisa tra due proposizioni).
10.1. Nella Commedia, oltre che in un luogo dell'Inferno (IX 131 i monimenti son più e men caldi) e 4 luoghi del Purgatorio (X 66 più e men che re, e 136-137, cit. in 7.2.; XXXII 58; cfr. anche IV 90 quant'om più va su, e men fa male), la correlazione è attestata 10 volte nel Paradiso, in contesti affini tra loro (I 3 risplende / in una parte più e meno altrove, e 111; II 69, IV 33 e 36, VIII 20, X 19, XIII 69, XXVIII 65 secondo il più e 'l men de la virtute, XXXII 60).
11. Nella funzione comparativa, in cui p. è seguito da ‛ che ' più spesso che da ‛ di ', e p. è riferito prevalentemente a verbo (e ha valore di avverbio, tranne quando, riferendosi a verbo copulativo, ha valore predicativo, come in Cv I II 9 'l numero e la quantità e 'l peso del bene li pare più [" maggiore "] che se con giusta misura fosse saggiato; II XIII 29 [le dimostrazioni dell'Astrologia] sono più [" più numerose "] che d'alcuna de le sopra dette scienze, e If VI 111 di là più che di qua essere aspetta), ‛ che ' introduce una proposizione (anche con negazione cosiddetta abusiva; v. 11.1.), più spesso un sostantivo, un pronome (specialmente ‛ altro ', nell'espressione non di un paragone, ma di una caratteristica irripetibile e unica) o un complemento (v. 11.2.) e, in pochissimi casi, un aggettivo (11.3.) o un avverbio (11.4.).
11.1. Per il il primo caso cfr. Vn VII 1 assai me ne disconfortai, più che io medesimo non avrei creduto; XII 5 Non dimandare più che utile ti sia; XXXII 5 6, Rime LXXXIII 60, LXXXIV 8; Cv I IV 12 la presenza ristringe lo bene e lo male... più che 'l vero non vuole; XI 11 Molti... amano più d'essere tenuti maestri che d'essere; II VIII 3; If VIII 30 segando... / de l'acqua più che non suol con altrui; XII 75, XXIII 133, XXIV 133, XXVI 21, XXVII 56, XXXI 110, XXXIV 30, Pg IV 87, XIV 125 or mi diletta / troppo di pianger più che di parlare; XXI 102, Pd XXXIII 29.
11.2. Per il secondo tipo cfr. Rime XLVII 7, LXXXVIII 8 preso più ch'altro mi trove; Cv I VI 7 l'uno più che l'altro conoscesse; X 10 fidandomi di me di più che d'un altro; II V 9, III VI 10, IV VII 9, XXIV 15; If II 55 Lucevan li occhi suoi più che la stella; X 78, XIV 111, XVI 45, XVIII 119 e 123, XIX 32, XXII 125, XXXIII 75 più che 'l dolor, poté 'l digiuno; Pg VII 128, XVIII 83 si noma / Pietola più che villa mantoana; XX 11, XXII 93, 102 e 142, XXIII 4, XXIV 35, XXVI 121, Pd II 92, III 106 a mal più ch'a bene usi; X 132, XV 102, XVI 18 voi mi levate sì, ch'i' son più ch'io; XXVI 34, XXVIII 93, XXXIII 2 e 109.
11.3. Per il terzo tipo cfr. Rime LVIII 5 in forma più che umana (v. Cv II VIII 6 perpetualmente dura in natura più che umana; III XIV 11 più che umana operazione); XCI 53, Cv III VI 9 più che perfettissima.
11.4. Per il quarto tipo, cfr. If XXXI 109 Allor temett'io più che mai la morte (v. Pd XXVII 90 più che mai ardea; XXX 23 più che già mai); Pg VII 72 là dove più ch'a mezzo muore il lembo; XIII 46, XV 11, Pd XXV 115.
12. Tra le non frequenti attestazioni di p. nel Fiore, per l'uso in riferimento ad aggettivo o avverbio, cfr. II 11 I' sì son tutto presto / di farvi... fedeltate, / più ch'Assessino al Veglio; XXX 4 ad ogne porta mise su' portiere, / de' più fidati ch'avea; XXXIX 11 per più sovente star con esse in letto; XLI 5 e 14, LVI 6, LVII 6 e 12, LVIII 5, LXXXIX 4, CXXXIX 6 nella più bella maniera / che io potrò.
Per l'uso in riferimento a sostantivo, anche con uso partitivo del sostantivo stesso, cfr. III 5 per più sicurtà gli diedi in gaggio / il cor; XLI 6 che ti doni più di dilettanza. Per il nesso ‛ vie p. ' cfr. XVII 7 sarebbe assai vie più lungo sermone, LXXIII 13, XCVII 6. Per l'uso temporale in frase negativa cfr. XXVII 7 'n altra guardia non fie più lasciata, XXXVII 13, XLII 12 Di questo fatto non far più [" ulteriormente ", " in seguito "] sentore; XLVII 2, LXIV 12, CXXXIX 12, CXLV 5. In frase negativa, con valore di " (nient')altro ", in CXCIII 13 i' non ebbi più che gli donare. L'aggettivo è distaccato da ‛ p. che ' in CXXX 8 la sua scarsella avea pien'e fornita / di tradigion, più che d'argento o d'oro. Per l'uso in riferimento a verbo, con significato di " maggiormente " sia in senso assoluto che relativo, cfr. XXXII 7 'l nemico che più mi v'affese; LXI 13 ama più l'uom fermo che codardo, CXX 12, CXLVII 5, CLXXX 12; e con valore di " ancora ", " ulteriormente ", XXXIII 6 era follia se più navicava. Soltanto del Fiore è l'uso avverbiale con articolo: in LII 8 'l pagamento 'l più che può lo tarda; XCI 8 'l più ch'i' posso, CXCVIII 11 (ma CVI 11 più ch'i' posso). ‛ Di p. ' è soltanto in CCXIV 8 venti dì, o di più. Con numerali, in CLXX 14 Udita n'ho la pianta [" il lamento "] di più d'una.
12.1. Nel Detto, p. ricorre soltanto ai vv. 196-198 La bocca e 'l naso e 'l mento / ha più belli, e non mento, / ch'unque non ebbe Alena; / ed ha più dolce alena / che nessuna pantera; 268 sarò più contento; 278, 473, e 477 Di lor più il fatto isveglia.