CINOZZI (Cinozzi dei Cini), Placido (Lorenzo)
Nacque a Firenze il 15 o il 19 ag. (le date dei documenti non sono concordi) 1464 da ser Angelo di.Cmozzo e da Ginevra di Piero Dal Pozzo Toscanelli; era fratello di maestro Girolamo.
Del C. sappiamo pochissimo: non pare che abbia avuto parte nella politica fiorentina e sembra che anche durante la sua permanenzanell'Ordine domenicano non si sia distinto tanto da essere ricordato dai cronisti contemporanei. Nella denuncia al catasto del 1480 il padre scrisse che, a causa delle troppe spese sostenute per gli altri figli, non poteva dare al C. una educazione costosa e che, avendo fatto il ragazzo i suoi studi di grammatica, lo mandava ora a imparare l'aritmetica, lo metteva cioè sulla strada seguita'dai giovani che volevano darsi Presto ad una attività pratica nel commercio o nella banca. Non sappiamo quale fosse poi la professione del C.: probabilmente lavorò in proprio o trovò un posto in qualche impresa mercantile con l'aiuto delle relazioni dei padre e di altri suoi familiari; ma dovette fare molte letture e continuare gli studi perché imparò a esprimersi in modo corretto ed efficace e acquistò anche una certa conoscenza del latino. Tradizioni di famigha e interessi religiosi lo spinsero probabilmente a migliorare la sua cultura.
Da quanto dice nella sua Epistola (che scrisse quando aveva superato i trentacinque anni) sulla vita del Savonarola, si deduce infatti che il C. seguì assiduamente le pratiche religiose fino dalla prima giovinezza e ascoltò con appassionata curiosità i predicatori più in vista. Appena ventenne, nella quaresima del 1484 ascoltò tutte le prediche che il Savonarola fece, con scarso successo, in S. Lorenzo: fin da allora erano evidentemente chiare in lui le inclinazioni che caratterizzarono poi il suo temperamento e la sua personalità. Non pare si sia sposato, e anche questa circostanza è probabilmente da mettere in relazione con i suoi interessi religiosi. Divenne un gininiratore del Savonarola, per sua ammissione, ascoltando la predica che fra' Mariano da Genazzano tenne il 12 maggio 1491 nella chiesa fiorentina di S. Gallo alla presenza di Lorenzo il Magnifico, dei Pico, del Poliziano e di "quasi tutto il fiore degli uomini da bene": disgustato dagli eccessi polemici di fra' Mariano, cominciò allora ad accostarsi al priore di S. Marco, del quale divenne poi un fervente seguace. Nel far questo si uniformava ai sentimenti di alcuni suoi familiari, come il fratello minore Bartolomeo, che si era fatto domenicano nel 1488 e morì in S. Marco nel 1498, come il fratello maestro Girolamo, che manifestò pubblicamente la sua fedeltà al movimento piagnone in due noti opuscoli del 1497 e fu editore della celebre predica del Savonarola detta dell'Ascensione, come il cugino Piero di maestro Simone Cinozzi, coinvolto per i suoi stretti rapporti con S. Marco nei processi defl'aprilemaggio 1498, e come il figlio di lui Simone, che in quel convento fu frate.
Dal 1491 in poi il C. dovette seguire da vicino l'azione del Savonarola ed entusiasmarsi specialmente per gli accenti profetici della sua predicazione. Suggestionato da quella appassionata oratoria, ne traeva motivo di grande esaltazione e ne mandava vari tratti a memoria: a distanza di anni, nella sua Epistola ricordava ancora con commozione un passo saliente di una predica savonaroliana del dicembre 1493. Con ogni probabilità non si mise in luce nelle vicende politiche degli anni 1494-1498, perché il suo nome non appare nelle cronache del tempo, anche se, come racconta egli stesso parlando della nascita del nuovo regime seguito alla cacciata di Piero de' Medici, fu stretto amico di personaggi di primo piano nella vita pubblica fiorentina. E va anche detto che la sua posizione sociale non era forse tale da permettergli di entrare nella cerchia piuttosto ristretta degli uomini che potevano intervenire negli affari politici. Maturava intanto la sua vocazione religiosa, che lo spinse a entrare in S. Marco: qui, cambiando il nome di Lorenzo in quello di fra' Placido, ricevette l'abito domenàcano il 18 giugno 1496 e fece poi la sua professione solenne nelle mani del Savonarola il 9 luglio dell'anno successivo. Della sua vita in convento conosciamo solo qualche particolare di scarsa importanza. Ebbe familiarità con il Savonarola ed era presente nella drammatica notte della sua cattura (8 apr. 1498); ma non sembra che sia stato uno dei religiosi più noti per cultura e prestigio nella comunità domenicana della quale faceva parte.
Che cosa sia accaduto al C. dopo il 1498 non sappiamo: certamente non fu uno dei frati che rinnegarono il maestro, e anzi appartenne a quel gruppo di piagnoni che maggiormente contribuirono a diffondere la devozione per la sua memoria e per il suo insegnamento. Se dopo la soppressione fisica del predicatore di S. Marco si tentò, da parte dei suoi nemici, di distruggere la sua fama di profeta valendosi accortamente dei dpcumenti dei suoi processi, i savonaroliani non tardarono a reagire e a fare tutti i possibili tentativi per intervenire sul tema fondamentale della disputa, che era quello, appunto, della validità delle confessioni dalle quali risultava che il grande personaggio da poco scomparso dalla scena fiorentina aveva rinnegato di fronte ai giudici il valore delle sue profezie. Passati i momenti di maggiore difficoltà e quando anche i contrasti politici si attenuarono, i piagnoni ritrovarono coraggio e con una vivace azione polemica - che poi si prolungò per vari decenni - cercarono di dare alla figura dei Savonarola i connotati di un martire condannato ingiustamente sulla base di un processo falsato per volontà dei suoi nemici interni e del papa. E l'Epistola che il C. scrisse fra il 1501 e il 1503 (Schnitzer, Savonarola, II, p.518) è una caratteristica espressione di questi sentimenti, che dovevano essere comuni ai suoi compagni di fede e che inducevano ad assimilare la vita del frate ferrarese a quella di Cristo.
Redatta nello stile di una appassionata difesa delle sue qualità soprannaturali e delle sue virtù profetiche, l'Epistola del C. è generalmente ritenuta la più antica biografia del Savonarola. Sembra che già nel 1500 fra' Benedetto Luschino avesse scritto, con il titolo di Razionale, un'operetta biografica oggi perduta; ma essa riguardava solo i processi del 1498 ed aveva perciò un carattere limitato, mentre il C., se pure in modo sintetico, delinea la storia del suo personaggio dall'infanzia in poi. Per essere stata composta a breve distanza dalla morte del Savonarola, l'Epistola del C. è quindi una testimonianza assai importante, ed ha un valore significativo anche perché contiene particolari che poi passarono nei cronisti e nei biografi dei decenni successivi, tutti orientati verso il fine di consolidare il mito savonaroliano e di fugare i dubbi e le perplessità suscitati dai processi del 1498. L'Epistola e divisa in due parti assai diverse per impostazione e contenuto, ed ha in complesso un carattere spiccatamente agiografico; è la vita di un santo scritta con sentimenti di profonda devozione e in un tono esaltato che non lascia spazio allo spirito critico. Essa è tuttavia un'opera molto interessante come espressione di un tipo di savonarolismo largamente diffuso fra i Fiorentini dei livello culturale e sociale dei C., che nella narrazione inserisce frequenti ricordi personali rielaborati in una visione partigiana ma non privi di significato per la valutazione storica dei fatti cui si riferiscono. L'Epistola contiene nella prima parte un commosso elogio delle virtù del Savonarola e della sua vittoriosa lotta contro il vizio e contro la decadenza dei costumi che dominavano in Firenze prima che la sua predicazione cominciasse a produrre i miracolosi effetti osservati da chiunque vedesse la realtà con animo sereno. Una gran massa di cittadini dediti a ogni sorta di peccato cambiò vita; eminenti uomini di cultura come il Pico furono conquistati dalle nuove dottrine, e i fanciulli fiorentini, abitualmente insolenti e corrotti, divennero accaniti sostenitori del frdte di S. Marco. E il discorso del C. è qui tutto orientato nello sforzo di mettere in luce le qualità soprannaturali dei suo personaggio, che con le sue prediche era riuscito a purificare una città corrotta e a infonderle una nuova vita spiritule. Nel delineare questo quadro edificante della situazione fiorentina. il C. non manca di accennare agli oppositori del Savonarola e dice che si trattava di gente desiderosa di mantenere il proprio prestigio con l'ossequio esteriore alle pratiche religiose tradizionali e ostile alla nuova dottrina, che richiedeva un diverso impegno e metteva in luce i lorolimiti. Questi uomini, che in'un giudizio superficiale erano spesso ritenuti i migliori di Firenze, mancando di vero senso di carità e di amor di Dio mossero guerra al riformatore alleandosi con ambienti religiosi di altre parti d'Italia nell'intento di non far conoscere i loro difetti e le loro vergogne. Molto migliori furono i veri peccatori, "pubblicani e meretrici", che mutaron vita sotto l'effetto delle prediche savonaroliane.
Nella seconda parte dell'Epistola il C. racconta poi con un certo ordine la vita del Savonarola, parlando del suo arrivo a Firenze, della predicazione, dei contrasti con Lorenzo de' Medici, e molto delle sue profezie. Fa solo qualche accenno ai processi del 1498 e non dice nulla della esecuzione dei condannati. Alle vicende politiche degli anni fra il 1494 e il 1498 dedica scarsa attenzione o vi fa riferimento unicamente per ricordare che eventi fondamentali si realizzarono solo per l'intervento miracoloso del Savonarola. Non parla del contrasto con la Curia romana e trascura anche di accennare al tema della rinnovazione della Chiesa, forse per comprenibili motivi di prudenza. Il suo entusiasmo i esprime liberamente nei discorsi sulla pietà, sulla'purificazione dei costumi e sulle profezie; per il resto evita di prendere una posizione precisa, o per cautela o per mancanza di interesse. Il carattere agiografico dell'Epistola si manifesta anche nella tendenza del C. a dare ad alcuni episodi della vita del Savonarola un'importanza che essi in realtà non ebbero. Nel suo racconto, ad esempio, l'incontro che il frate ebbe nel palazzo della Signoria, secondo l'attendibile narrazione del Parenti (Storia fiorentina, p. 37; Gherardi, Nuovi documenti, p.III; Schnitzer, Quellen und Forschungen, IV, pp. 36 s.), nel gennaio 1495 con Domenico da Ponzo e fra' Tommaso da Rieti, diventa una sorta di solenne riunione ufficiale alla quale avrebbero partecipato rappresentanti di tutti gli Ordini religiosi fiorentini e dodici o quattordici cittadini chiamati dal governo. E in modo altrettanto acritico il C. racconta, su una testimonianza che attribuisce a fra' Silvestro Maruffi, l'episodio della assoluzione negata in punto di morte dal Savonarola a Lorenzo de' Medici. È infine da notare che nell'Epistola appare per la prima volta l'accusa, poi passata nei biografi e nei cronisti del tempo e negli storici moderni, rivolta al notaio ser Ceccone (Francesco Baroni) di aver falsato i processi del 1498 per ordine della Signoria e del tribunale dì cui era cancelliere.
L'Epistola del C. fu pubblicata (da, una copia databile intorno al 1520 del cod. 2051 cc. 108r-118r, della Bibl. Riccardiana di Firenze) per la prima volta da P. Villari-E. Casanova, Scelta di prediche e scrittidi G. Savonarola, con nuovi documenti intorno alla sua vita, Firenze 1898, pp. 3-28, con il titolo: Extracto d'una epistola fratris Placidide Cinozis Ordinis praedicatorum Sancti Marci de Florentia, De vita et moribus reverendi patris fatris Hieronimi Savonarolae de Ferraria fratri Iacobo Siculo, eiusdem ordinis vicarius generalis [sic], post mortem dicti prophete. Dell'Epistola esiste alla Biblioteca nazionale di Firenze (ms. Magliab. XXXV. 205, cc. 195r-208v) un'altra copia (attribuita dal Ridolfi, Vita, p. 670, alla mano dello stesso fra' Iacopo Siculo), che è più antica di quella del cod. Riccardiano ereca un titolo diverso: Yesus. Inchomincia la vita dello egregio propheta et martire frate Girolamo da Ferrara dell'ordine de' predichattori, extracta di una epistola di frate Placido Cinozzi frate di Sancto Marcho, della vita e chostumi del venerando padre frate Yeronimo. Il testo del ms. Magliabechiano nonha varianti sostanziali rispetto a quello del Riccardiano, ma nella parte finale è più completo e reca delle aggiunte che mancano in quest'ultimo e che danno un carattere più marcatamente agiografico al racconto. Tali aggiunte, tutte relative a miracoli compiuti dal Savonarola post mortem, furono poi riprese e ampliate dallo Pseudo Burlamacchi. In questa parte dell'Epistola ancora oggi inedita compare fra l'altro, per la prima volta, la narrazione, molto probabilmente fantastica, della morte di ser Ceccone, narrazione che anch'essa ritorna in forma più elaborata nello Pseudo Burlamacchi e in altri biografi e cronisti savonaroliani.
Il C. morì di tisi nel convento della Quercia di Viterbo nel settembre del 1503.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 78, cc. 101r-102r; 1015/I, cc. 137r-138v; Ibid., Decima repubblicana, 28, cc. 373r-374v; Ibid., Manoscritti, 350 ( = Carte Ancisa, CC), cc. 584r-589v; 354 (= Carte Ancisa, GG), c. 672v; 355 (= Carte Ancisa, HH, 1), c. 107v, 359 (= Carte Ancisa, LL), cc. 152v-153r; Ibid., Priorista Mariani, VI, cc. 1418v-1419r; Ibid., Raccolta Sebregondi, 5260; Ibid., Tratte, 43 bis, c. 132r; Firenze, Bibl. Laurenziana, S. Marco, 370: Annalia conventus S. Marci, cc. 97v, 158r, 159v; Firenze, Bibl. nazionale, Carte Passerini, 192/18; 39: G. Cambi Importuni, Cittadini abili al Consiglio generale della Repubblica principiato l'anno 1495, c. 179v; Ibid., Conventi soppressi, I. VII. 28: Anonimo, Vita Beati Hieronymi martiris, doctoris, virginis ac prophete eximii, c. 90rv; Ibid., Poligrafo Gargani, 604, 607, sub voce Cinozzi; P. Parenti, Storia fiorentina, in J. Schnitzer, Quellen und Forschungen zur Gesch. Savonarolas, IV, Leipzig 1910, p. 37; La vita del beato Ier. Savonarola scritta da un anonimo del sec. XVI e già attribuita a fra' Pacifico Burlamacchi, a cura di R. Ridolfi, Firenze 1937, pp. 113, 146; G. Savonarola, Prediche sopra Ezechiele, a cura di R. Ridoffi, Roma 1955, II, pp. 351-371; Benedetto da Firenze, Cedrus Libani, ossia Vita di fra' G. Savonarola scritta l'anno 1510, a cura di V. Marchese, in Arch. stor. ital., VII (1849), App., p. 89; A. Gherardi, Nuovidocum. e studi intorno a G. Savonarola, Firenze 1887, p. III; P. Villari, La storia di fra G. Savonarola e de' suoi tempi, Firenze 1898, I, pp. X, XII, XXXII, 142; II, pp. CLVII, CCXXIII, CCXXIV, CCXXVI, CCXXIX, CCXXX, CCXXXVI-CCXXXIX, CCLXXII, CCLXXXI, CCLXXXVI; P. Villari-E. Casanova, Scelta di prediche e scritti, cit., p. VIII; D. Marzi, La Cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 500, 503; J. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, II, pp. 317, 518, 521; R. Ridolfi, Cronologia e bibliagrafia delle prediche di G. Savonarola, Firenze 1939, pp. 148 s. nn. 48 e 49; Id., Vita di G. Savonarola, Firenze 1974, pp. 25, 63, 75, 433, 477, 502, 515, 519, 669, 670; R. De Maio, Savonarola e la Curia romana, Roma 1969, p. 35; D. Weinstein, Savonarola and Florence, Princeton 1970, pp. 84 s., 99, 100; A. F. Verde. Lo Studio fiorentino, 1473-1503, III, 2, Pistoia 1977, pp. 1153 s.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VI, coll. 684 s., nn. 7043, 7044.