PLATEA (Πλάταια, Πλαταιαί; Plataea, Piataeae)
Città in Beozia, ai confini con l'Attica, tra le ultime pendici del Citerone e l'Asopo (che divideva il territorio di P. da quello di Tebe; Ptol., Geogr., iii, 15, 20; Plin., Nat. hist., iv, 2, 6), menzionata da Omero (Il., ii, 504).
Si può dire che la sua storia ci è nota a partire dal 519 a. C. quando la città chiese ed ottenne protezione da Atene, contro Tebe che intendeva unificare, con la lega beotica, il territorio proprio con quello di Platea. Sede di gente animosa, rimase a fianco di Atene, nelle principali battaglie di Maratona, dell'Artemisio e di Salamina. Saccheggiata dai Persiani, vide nel 479, sotto i suoi occhi, decidersi il destino della Grecia. Per questa sua strenua resistenza ai Persiani e per il suo attaccamento ad Atene, fu particolarmente onorata con una donazione di 80 talenti per il tempio di Atena Arèia, per il quale Fidia eseguì la statua di culto, e dove Polignoto dipinse i muri del pronao. Nel 431 i Tebani stavano per impossessarsi della città. Nel 429 fu stretta d'assedio da Archidamo, ma la esigua guarnigione tenne in iscacco i Peloponnesi per ben due anni e alla fine (il grosso degli abitanti aveva trovato rifugio ad Atene) riuscì perfino a forzare il blocco e a rifugiarsi ad Atene; nel 427 fu quindi occupata e rasa al suolo, tranne il tempio di Hera presso il quale fu costruito un recinto per i visitatori. Non ebbero vita facile i Plateesi; tornati nella loro città ne furono scacciati dai Tebani; ritornati con l'aiuto degli Spartani ne furono ricacciati nel 372 e i Tebani la distrussero per la seconda volta. Da questo periodo fino al 338 i cittadini di P. godono dell'ospitalità ateniese. Dopo Cheronea Filippo li riconduce in patria e la città risorge a nuova vita ad opera di Alessandro. Vissero tranquillamente fino all'occupazione romana dalla quale non ebbero a subire molestia alcuna. Giustiniano restaurerà le mura di Platea. Per la storia e le movimentate vicende della città, non si conservano molte vestigia anteriori al 338, tuttavia presso l'angolo N-E, interno, della cinta ellenistica rimangono alcuni resti di mura preistoriche e lo scavo ha restituito sia frammenti di ceramica preistorica sia vasi micenei. Notizie storiche utili si hanno a partire dalla fine del VI sec.; P. fu centro di culti fiorenti: di Hera (Paus., ix, 3, 8), di Demetra (Paus., ix, 4, 3), di Atena (Paus., x, 4, 1), di Zeus Eleuthèrios (Paus., ix, 3, 5, 7), di Artemide (Paus., i, 15, 4), di altri culti minori testimoniati da iscrizioni e monete. La situazione delle mura è molto complessa per i resti di epoca diversa che ne rimangono. La cinta posteriore al 338 ha forma di un grosso poligono la cui parte più alta è a S, la estremità è difesa da una torre; dietro questo sperone si chiude una seconda cortina difesa da 10 torri quadrate; torri circolari difendono gli angoli N-O e N-E; due altri bracci di muro N-S-O e O-E attraversano il sito della città. Gli assi massimi della cinta raggiungono m 1500 × 750. La cronologia proposta per i resti delle cinte è la seguente: mura del V sec. in opera alquanto rozza con tendenza al poligonale; mura del 385 a. C in opera isodomica con faccia squadrata; mura del 338 a. C. (cinta posteriore allo spopolamento del 373; Diod., Hist., xv, 46, 4), con restauri ad opera di Filippo (Paus., ix, 1), isodomiche trapezoidali con faccia arrotondata; riparazioni posteriori e riedificazione parziale per interessamento di Alessandro (?) in opera isodomica con faccia squadrata e martellata in parte. Su una terrazza all'interno della cinta la Scuola Americana ha identificato nel 1891 il tempio di Hera (m 49,90 × 16,70). A N del tempio, nel 1899, N. Skias, per conto della Società Archeologica Greca, ha rinvenuto l'impianto del Katagogion (poi occupato dall'agorà romana), un grande albergo a pianta quadrata con stanze sistemate su due piani attorno ad una corte sul tipo dell'albergo di Epidauro, eretto dai Tebani dopo la distruzione della città nel 427 a. C. (Tuc., Hist., ii, 69). Fuori della cinta, sui lati O e N-E, è stata localizzata la necropoli che ha reso qualche sarcofago. Neppure il sito del tempio di Atena Arèia è stato ipoteticamente localizzato. Il grandioso tripode aureo votato a Delfi dai confederati dopo la battaglia del 479, era eretto su sostegno serpentiforme bronzeo con base circolare con 3 gradini di calcare nero; il sostegno bronzeo frammentato, è ora nel sito dell'Ippodromo di Costantinopoli dove fu trasportato da Costantino.
Bibl.: D. Levi, in Enc. Ital., XXVII, 1935, p. 503 ss., s. v.; E. Kirsten, in Pauly-Wissowa, XX, 2, 1950, c. 2255 ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, pp. 251, 179; A. W. Lawrence, Greek Architecture, Londra 1957, p. 245; M. Poete, La città antica, Torino 1958, pp. 213; 225; E. Kirsten-W. Kraiker, Griechenlandkunde, Heidelberg 1955, p. 150 ss.; F. Chamoux, in Bull. Corr. Hell., LXVIII-LXIX, 1944-45, p. 206 ss.; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge 1941, pp. 166, 113, 175, 122, 177, fig. 15; H. S. Washington, in Am. Journ. Arch., VI, 1890, p. 462 ss.; A. De Ridder, in Bull. Corr. Hell., XLIV, 1920, p. 160 ss.; B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 347. Per gli scavi eseguiti a P.: Pap. Amer. Sch. Athens, V, 1886-90, p. 233 ss.; VI, 1890-92, p. 24 ss.; Am. Journ. Arch., anni V-VII, 1889-91; Πρακτικά, 1899, p. 42 ss. Per la storia della città e la battaglia di P.: C. Fritzsche, Geschichte Plateas bis zur Zestörung d. Stadt durch die Thebaner in 4. Jahrh. v. C., Bautzen 1898 e l'art. di W. Kendrick Pritchett, in Am. Journ. Arch., LXI, 1957, p.9 ss., tavv. 7-10, dov'è raccolta la bibl. precedente.