Plauto
Il comico latino (250 circa - 184 a.C.) è citato in Pg XXII 98 dimmi dov'è Terrenzio nostro antico, / Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai: / dimmi se son dannati, e in qual vico.
La terzina si presenta come un canone della poesia comica; D. assai probabilmente è stato suggestionato da Isidoro (Etym. VIII VII 7): " Duo sunt autem genera comicorum, id est veteres et novi. Veteres, qui ex ioco ridiculares extiterunt, ut Plautus, Accius, Terentius. Novi et satirici a quibus generaliter vitia carpuntur, ut Flaccus, Persius, Iuvenalis et alii ". (Sul valore di questo canone e sulla funzionalità del genere comico al discorso dantesco, si veda lo studio di R. Mercuri, citato in bibl.).
Esiste però un'altra spia di P. nella Commedia e precisamente un'eco delle Bacchides (a. III sc. I): " Pandite atque aperite propere ianuam hanc Orci, opsecro: Nam equidem haud aliter esse duco: quippe quo nemo advenit Nisi quem spes reliquere omnes ", che risuona nell'iscrizione dell'Inferno (If III 1-9).
È impossibile pensare a una conoscenza diretta di P. da parte di D.; il comico latino è quasi del tutto sconosciuto nel Medioevo; la sua fama è perpetuata o a livello di raccolte sentenziose e di ‛ flores ' o a livello di citazione quale ‛ auctoritas '. Forse il passo delle Bacchides è arrivato all'orecchio di D. attraverso florilegi peraltro inediti, che al momento non è possibile precisare.
Bibl. - R. Peiper, in " Archiv für Literaturgeschichte " (1876) 495; ID., in " Rheinisches Museum für Philologie " n.s., XXXIII (1877) 516; F. Gabotto, Appunti sulla fortuna di alcuni autori romani nel M. Evo, Verona 1891 (precedentemente in " Biblioteca Scuole Italiane " III [1891] 13 ss.); M. Manitius, Beiträge zur Geschichte des Ovidius und anderer römische Schriftsteller in Mittelalter, in " Philologus " suppl. VII (1898-1899) 758; G. Brugnoli, Teatro latino medioevale, in " Rivista di Cultura Classica e Medioevale " III (1961) 114-120; R. Mercuri, Terenzio nostro antico, in " Cultura Neolatina " XXIX (1969) 84-116.