PLEIADI (Πληιάδες, Πελείαδες; Pleïades, Vergiliae)
Nome riferito ad un gruppo di stelle della costellazione del Toro. Gli antichi ascrivevano loro grande importanza poiché vedevano, nel sorgere di queste al mese di maggio e nel loro tramonto ad ottobre, quasi un simbolico accompagnamento all'attività dell'uomo sulla terra. Figlie di Atlante e di Pleione (nata, a sua volta, da Teti e da Oceano), le P. si dissero generate sul monte Cillene, in Arcadia, e furono prima della loro trasformazione in stelle, ninfe dei boschi e compagne di Artemide nelle sue cacce (Hes., Oper., 383; Hom., Il., xviii, 486 ss.; Hyg., Poet. Astr., 2, 21; Ov., Fasti, v, 83 ss., ecc.).
Le versioni degli autori antichi riguardo al loro catasterismo, possono ridursi sostanzialmente a due filoni, che fanno capo rispettivamente ad Eschilo (che riprende la tradizione esiodea-omerica) ed a Pindaro. Il primo (fr. 312, apud Athen., xi, p. 419 a; Eustath., p. 1115) narra che Zeus, impietosito dal dolore delle P. per l'immane fatica del padre Atlante, al fine di lenirne le sofferenze, le trasformò in stelle. La tradizione beotica, invece (Pindaro, Nemea, ii, 16; Schol. ad loc.; Etymol. Magn., s. v. Pleiades), che fu poi ripresa più volte dagli autori latini, presenta Pleione e le sue figlie come compagne di Artemide le quali, inseguite nei boschi da Orione (v.), implorarono aiuto da Zeus ed ottennero da questi di poter ascendere in cielo, trasformate in gruppo di stelle cui, come tratto caratteristico, rimase il rapido dileguarsi dalla vòlta celeste al momento del loro tramonto, in ricordo appunto della fuga che ne aveva causato il catasterismo.
I nomi delle P. (Ps.-Hes., fr. 275, p. 413; Arat., Phaenom., 262, 1078) sono: Maia, Elettra, Taigete, Alcione, Celeno, Sterope, Merope; l'ultima delle sette sorelle, nella fuga di fronte ad Orione, si perse, ma è miracolosamente ricreata, ogni anno, da Zeus (Hyg., Poet. Astr., ii, 21) ed appare pertanto, sebbene non sia chiaramente visibile, insieme alle altre stelle del gruppo.
Le notizie più antiche riguardo a rappresentazioni figurate delle P. si hanno da Omero. Nella descrizione dello scudo di Achille (Il., xviii, 485 ss.) Omero parla delle P., raffigurate nel loro aspetto di costellazione, insieme agli altri astri ed all'intera vòlta celeste, che adornava la prima zona, prossima all'orlo dello scudo. Anche sul bicchiere d'oro di Nestore (Il., xi, 633 ss.) vi erano, su ciascuno dei quattro manici, due figure di "πελείαδες", come motivo decorativo: Asclepiade (apud Athen., xi, 488 ss.) le intende appunto come le sette P. e la loro madre.
Per il V sec. si hanno alcune descrizioni di tappezzerie (Euripide, Elettra, 468 ss.; Ione, 1147 ss.) dalle quali, tuttavia, non si può comprendere se si trattasse di una delle versioni mitologiche o se piuttosto debbano essere interpretate come una trascrizione decorativa e vulgata di raffigurazioni scientifiche o di copie di globi, comunque da porsi in relazione più con il progresso degli studî astronomici che con il mito. A questo insieme di notizie può essere riferita, essendo anch'essa, presumibilmente, dipendente da prototipi "scientifici", la gemma zodiacale di Leningrado, che rappresenta il Toro, sul capo piegato del quale trovano posto le Canti, mentre sulle spalle vi sono le sette stelle del gruppo delle Pleiadi.
Il rapporto del mito delle P. con quello di Orione, è figurativamente documentato da uno specchio etrusco da Palestrina, passato poi nella Collezione Meester de Ravenstein, sul quale compare Orione con il suo cane, mentre le sette P. e la loro madre, sotto forma di otto stelle intorno ad una piccola falce di luna, campeggiano nel cielo. L'originale greco dal quale deriva l'iconografia di questo pezzo può essere posto nel tardo V, od ai primi del IV secolo.
Il solo esempio di età classica che raffiguri le P. personificate in figure femminili, è un cratere a figure rosse da S. Maria Capua Vetere, conservato al Museo Nazionale di Napoli. Mancano le didascalie, e l'interpretazione dei profili come P. è assai controversa. L'identificazione con le P. è suffragata solamente dal confronto di questa pittura vascolare con alcune miniature su codici medievali, sicura derivazione di lontani prototipi classici, del tutto sconosciuti (v. zodiaco).
Il codice Vossianus latinus Q 79 degli Aratea di Germanico, conservato nella biblioteca di Leida, databile al sec. IX, ma con ascendenze iconografiche non posteriori al IV, presenta nel foglio n. 42 le figure delle Pleiadi. Sei delle fanciulle recano sul capo una stella, quella centrale (Merope), ha il capo velato. Caratteristica comune a tutte è una nota di tristezza nei volti, una cura assai minuziosa nelle acconciature e la policromia vivace dei volti, che risaltano nelle nuvole grigiastre dalle quali emergono, e nel cielo azzurro, che serve di sfondo. Non dissimile da questa, la raffigurazione del Codice di Germanico della Biblioteca di Madrid (Codex A 16). Nel foglio 12 le P. sono disposte su due registri sovrapposti, con il capo che si leva da nubi; ognuna ha una grande aureola di luce intorno alla testa.
Quanto al tentativo di vedere rappresentazioni delle P. su monete (Svoronos), la documentazione non è sufficiente.
Monumenti considerati. - Specchio etrusco: E. Brunn, in Mon. Inst., xxx, p. 388; E. Gerhard, Etr. Sp., iv, i, Berlino 1865, p. 22, tav. ccxliii, A 3. Vaso da S. M. Capua Vetere, a Napoli, Museo Nazionale: H. Heydemann, Die Vasensammlung des Mus. Nat. Neapel, Berlino 1873, n. 925, p. 6o. Gemme di Leningrado: H. K. E. Köhler, Gesammelte Schriften, v, 1852, p. 85 ss.; L. G. Welker, Griechische Götteriehre, Gottinga 186o, vol. ii, p. 599. Codici medievali: E. Bethe, Aratoillustration, in Rhein. Mus., 48, 1893, p. 106, n. 21; G. Thiele, Antike Himmeisbilder, Berlino 1891, p. iii ss., fig. 37; E. Bethe, Buch und Bild im Altertum, Lipsia 1945, p. 50 ss. Bicchiere di Nestore: H. Schliemann, Mykenai Parigi 1878, p. 272, n. 346; A. J. B. Wace, Mycenai, Princeton 1949, p. 6o s.
Bibl.: L. Preller-C. Robert, Griechische Mythologie, 4a ed., Berlino 1894, p. 465 s.; J. Ilberg, in Roscher, III, 2, 1909, p. 2549 ss., s. v.; H. Baudrillart, in Dict. Ant., IV, i, Parigi 1907, p. 509, s. v.; P. Grimal, Dictionnaire de la Mythologie, Parigi 1955, p. 379.