PNEUMATICO (fr. pneumatique o semplicemente pneu; sp. neumático; ted. Luftreifen; ingl. pneumatic tyre)
Cerchione elastico, applicato alle ruote di alcuni veicoli (principalmente automobili, motocicli e biciclette), generalmente costituito da un involucro inestensibile di tela e gomma, portante nel suo interno una camera anulare gonfiata con aria compressa.
Cenni storici. - Sembra che l'idea di sostituire i cerchioni di gomma piena, usati fino dal 1870, con cerchioni pneumatici, abbia ricevuta la prima applicazione pratica nel 1888 per opera di J. B. Dunlop (v.): per esperimentare la sua invenzione egli munì le ruote di un triciclo, usato da un suo ragazzo, di pneumatici costituiti da involucri di tela gommata, muniti di camera d'aria separata, e rivestiti esternamente con una foglia di gomma. Lo stesso Dunlop riconosce però di avere avuto un predecessore nell'inglese R. W. Thomson che nel 1845 aveva brevettato un dispositivo analogo da applicare alle ruote delle vetture a cavalli.
I vantaggi di maggiore elasticità e scorrevolezza del pneumatico rispetto ai cerchioni metallici e a quelli di gomma piena, vennero presto riconosciuti: grazie ai perfezionamenti suggeriti dall'esperienza e grazie ai ritrovati di numerosi altri inventori (ricordiamo, fra gli altri, William Erskine Bartlett e Thomas B. Jeffery, ai quali si devono i primi brevetti relativi ai pneumatici a tallone, e Charles K. Welch che per primo ideò un pneumatico con cerchietti metallici), il pneumatico entrò rapidamente nel campo delle applicazioni pratiche.
Usato nei primi anni soltanto per le biciclette, esso venne per la prima volta applicato all'automobile in Francia e certamente costituì uno degli elementi fondamentali per il rapido sviluppo dell'automobilismo; impiegato sino dagl'inizî anche per le motociclette, il pneumatico ha pure servito a equipaggiare le ruote degli aeroplani in tutti gli stadî del loro sviluppo. I pneumatici cominciano da qualche tempo ad affermarsi anche nella gommatura dei veicoli a trazione animale e, negli ultimi anni, qualche tentativo è stato fatto (specie in Francia) per applicarli alle ruote delle automotrici ferroviarie (v. automotrice, App., p. 43); però la massima parte della produzione di pneumatici è destinata ancora alle automobili.
Costruzione. - Il principio sul quale è basato il modo di agire del pneumatico è il seguente: un involucro di materiale flessibile e inestensibile gonfiato mediante aria sotto pressione, assume una certa posizione di equilibrio, determinata dalle dimensioni dell'involucro; sotto l'azione delle forze esterne, la sua superficie si allontana da questa posizione dando luogo a deformazioni la cui entità dipende dalla pressione di gonfiamento, dall'intensità delle forze applicate, e dall'area sulla quale esse si esercitano; al cessare dell'azione delle forze esterne, l'involucro riprende, viceversa, la sua primitiva posizione di equilibrio. Si noti che, quando il volume racchiuso dall'involucro è abbastanza grande, relativamente alle deformazioni, queste non sono accompagnate da una variazione apprezzabile del volume e di conseguenza non si hanno nemmeno variazioni di pressione nell'aria con la quale l'involucro è gonfiato.
Il sistema ora descritto viene così a costituire un vero e proprio sistema elastico, la cui caratteristica principale è che l'elasticità non è dovuta né a una deformazione elastica dell'involucro né a una compressione del fluido racchiuso; altra caratteristica è quella di poter subire deformazioni locali, le quali rimangono circoscritte a ristrette porzioni dell'involucro. Sono precisamente queste due caratteristiche quelle da cui dipendono i vantaggi fondamentali dell'applicazione dei pneumatici alle ruote dei veicoli: la prima permette infatti di ottenere un sistema elastico di grande deformabilità atto a sopportare carichi elevati, impiegando materiali molto flessibili e di resistenza relativamente bassa, mediante i quali si possono ottenere una marcia silenziosa e un'elevata aderenza alla strada; la seconda caratteristica fa sì che le asperità del terreno vengano in certo qual modo assorbite dal pneumatico, senza provocare, entro certi limiti, scosse e vibrazioni nel veicolo.
Nel caso particolare dei pneumatici, l'involucro flessibile di cui abbiamo parlato viene ad assumere la forma di un anello toroidale il quale si adatta ai cerchioni esterni delle ruote. Per corrispondere adeguatamente al suo scopo, esso deve possedere una quasi assoluta impermeabilità all'aria; deve avere una resistenza meccanica sufficiente per sopportare gli sforzi generati dalla pressione di gonfiamento e trasmessi dalla strada; deve nello stesso tempo essere flessibile al massimo grado, in modo da ridurre al minimo le perdite d'energia dovute agli attriti interni; deve infine essere costruito in modo da poter essere fissato al cerchione della ruota in modo semplice e sicuro e da consentire agevolmente le sostituzioni e le riparazioni. Per realizzare costruttivamente tali requisiti, il pneumatico è stato anzitutto sdoppiato in due parti (fig. 1): la camera d'aria, la quale è unicamente destinata a contenere l'aria mediante la quale il pneumatico è gonfiato, e la copertura alla quale è devoluto il compito di soddisfare a tutti i requisiti sopra accennati, eccettuato quello dell'impermeabilità.
A queste due parti, per alcuni tipi di pneumatico, se ne aggiunge talora una terza, indicata col nome inglese di flap: si tratta di una fascia di gomma o di tela gommata interposta fra la camera d'aria e il cerchio della ruota; il suo scopo è quello di proteggere la camera e di evitare che questa sia costretta ad assumere una sezione a spigoli troppo pronunciati nella zona adiacente al cerchio.
La camera d'aria è formata da un anello tubolare di gomma, a pareti molto sottili, munito di una valvola, generalmente metallica, attraverso la quale viene effettuato il gonfiamento.
Le camere d'aria possono essere fabbricate in due modi: il primo, che è il più diffuso, consiste nel trafilare la mescola di gomma dandole direttamente la forma di un tubo del diametro e dello spessore voluti; col secondo metodo si prepara invece, mediante una calandra, una foglia di gomma che viene poi ripiegata e giuntata in modo da formare un tubo di dimensioni appropriate.
I tubi crudi così ottenuti possono essere vulcanizzati in caldaia oppure in stampo; per la vulcanizzazione in caldaia essi vengono infilati su delle forme metalliche ricurve (mandrini) e quindi introdotti in una caldaia dove vulcanizzano a diretto contatto col vapore: dopo di che essi vengono giuntati alle estremità in modo da assumere la forma definitiva di anelli chiusi su sé stessi. Per la vulcanizzazione in stampo, ciascun tubo viene invece giuntato ad anello mentre è ancora crudo, introdotto in uno stampo metallico, gonfiato mediante aria o vapore e vulcanizzato riscaldando lo stampo dall'esterno per mezzo di vapore.
La copertura è fondamentalmente costituita da tre parti: carcassa, talloni e battistrada (figg. 1 e 2).
La carcassa deve poter resistere alla pressione di gonfiamento e alle azioni esterne trasmesse dalla strada, pur presentando la massima flessibilità possibile; essa è costituita da più strati sovrapposti di tela gommata; naturalmente, a parità di resistenza dei materiali impiegati, sarà necessario adottare un numero di strati tanto maggiore quanto maggiori sono le dimensioni del pneumatico e la pressione di gonfiamento. Si va così dalle due tele delle coperture per biciclette alle 16 e anche 18 tele delle gigantesche coperture degli autocarri.
Le tele della carcassa erano inizialmente costituite da tessuti di cotone a trama e catena; l'impossibilità d'isolare mediante la gommatura i fili dell'ordito da quelli della trama, faceva però sì che durante le deformazioni della copertura i fili sfregassero l'uno sull'altro con forte sviluppo di calore, rapido deterioramento dei fili e conseguente breve durata della copertura; un notevolissimo progresso venne quindi raggiunto con l'adozione delle tele cord (v.) che, per quanto note da molti anni, divennero di uso generale soltanto verso il 1920. Nel tessuto cord l'ordito è formato da fili cotone paralleli di notevole diametro, composti a loro volta da due o tre ritorti, ciascuno dei quali comprende un certo numero di filati: la trama è invece ridotta a fili sottilissimi, molto distanziati fra di loro, il cui solo ufficio è di tenere insieme l'ordito durante la preparazione delle tele gommate; qualche volta la trama manca del tutto e i fili d'ordito rimangono collegati unicamente dalla gomma che riveste il tessuto. Il fatto che ogni strato di tela è costituito da fili fra loro paralleli, permette di ottenere un buon isolamento di un filo dall'altro: inoltre, anche se l'isolamento non è perfetto, è meno facile che si abbiano sfregamenti fra i fili adiacenti.
Se si tratta di tessuto con trama, esso viene preparato su telai ordinarî, avvolto in pezze e passato quindi alla gommatura: questa può essere effettuata facendo passare il tessuto in una soluzione di gomma oppure in lattice di gomma (operazione che prende il nome di impermeatura) e applicando in seguito sulle due facce del tessuto una foglietta di gomma mediante una calandra. Un altro sistema, attualmente molto usato, consiste invece nell'effettuare direttamente la gommatura a calandra senza ricorrere all'impermeatura preliminare. Quando si tratta di tessuto senza trama, esso viene formato all'atto stesso della gommatura: i fili passano cioè direttamente da una rocchettiera alla macchina impermeatrice oppure alla calandra.
Il tessuto gommato viene tagliato in strisce la cui larghezza varia in relazione alle dimensioni della copertura: il taglio viene effettuato in diagonale, in modo cioè che la linea di taglio formi con la direzione dei fili un angolo che è ordinariamente compreso fra 50° e 60°.
La carcassa comprende un numero pari di tele e generalmente ciascuno strato di tela viene disposto in modo che i suoi fili risultino incrociati con quelli degli strati adiacenti: talora, nella zona sottostante al battistrada, alcune delle tele vengono rivestite per una larghezza limitata, mediante sottili fogliette di gomma, che ne arricchiscono la gommatura nella zona maggiormente soggetta agli urti.
La copertura, per facilità di costruzione e per permettere l'introduzione della camera d'aria, rimane aperta nella zona che viene a contatto col cerchio, assumendo una sezione a ferro di cavallo: è quindi necessario "ancorare" in qualche modo le tele della carcassa, per permettere loro di resistere all'azione della pressione interna e alle altre forze che su di esse si esercitano: a ciò servono i talloni della copertura ai quali è altresì affidato il compito di assicurare il pneumatico al cerchio della ruota. I talloni assumono forma e costruzione molto diverse a seconda del modo con cui il fissaggio del pneumatico al cerchio viene realizzato.
Considerati sotto questo punto di vista, i pneumatici si possono dividere in due tipi: pneumatici a tallone e pneumatici a cerchietti inestensibili. Nel primo tipo (fig. 3, al centro), le tele della carcassa sono ancorate a due anelli di gomma che di per sé non avrebbero una resistenza sufficiente a equilibrare gli sforzi trasmessi dalla carcassa; la copertura presenta però, in corrispondenza del cerchio, due sporgenze anulari (arrotondate esternamente a forma di tallone) le quali vanno a impegnarsi in due corrispondenti gole praticate nel cerchio; in questo modo è il cerchio che scarica i talloni dagli sforzi che essi devono sopportare. Il montaggio dei pneumatici di questo tipo è reso possibile soltanto dalla estensibilità dei talloni. Essi presentano però notevoli inconvenienti e, già universalmente usati, vanno oggi rapidamente scomparendo per lasciare il campo ai cosiddetti pneumatici a cerchietti inestensibili.
In questi ultimi le tele della carcassa sono ancorate a degli anelli metallici: poiché tali anelli, comunemente chiamati cerchietti, hanno una resistenza sufficiente per sopportare gli sforzi trasmessi dalla carcassa, non è più necessario che il cerchio della ruota presenti le gole che abbiamo viste nel caso precedente: basterà che esso abbia ribordi atti a trattenere lateralmente i talloni della copertura. Viceversa, a causa dell'inestensibilità dei cerchietti, sono necessarî speciali accorgimenti per rendere possibile il montaggio delle coperture sulle ruote. Un primo sistema, usato per le ruote dei veicoli pesanti e fino a poco tempo fa anche per le ruote di molte autovetture (specialmente in quelle di costruzione americana) consiste nel rendere amovibile uno dei ribordi del cerchio (figg. 1 e 3, a sinistra); un altro sistema (fig. 3, a destra), oggi di uso generale per le autovetture, consiste nel munire i cerchi di una gola centrale di diametro notevolmente inferiore al diametro interno della copertura (cerchi a canale): dato che l'altezza dei ribordi è relativamente piccola, tale gola, permettendo di disporre i talloni della copertura in una posizione eccentrica rispetto alla ruota, consente di montare e smontare abbastanza agevolmente la copertura. Vantaggio fondamentale delle coperture a cerchietti inestensibili è che, anche quando venga a mancare la pressione nella camera d'aria, è praticamente impossibile che la copertura si possa sfilare dal cerchio.
I cerchietti metallici sono formati da filo d'acciaio ad alta resistenza, ricoperto di gomma: prima di essere introdotti nella copertura essi vengono quasi sempre rivestiti con uno strato di tessuto gommato su entrambe le facce, al disopra del quale viene poi applicato un altro pezzo di tessuto che si protende in una specie di penna e che prende il nome di "cappio" (figg. 1 e 2); scopo del cappio è quello di meglio assicurare il collegamento del cerchietto alle tele della carcassa.
Il battistrada è la parte della copertura che viene a contatto col terreno: esso è costituito da una fascia di gomma di notevole spessore applicata esternamente alla carcassa e che si prolunga lateralmente nei fianchi della copertura (figura 1), formati da uno strato di gomma molto sottile, che protegge di fianco la carcassa senza ostacolarne la flessione e il raffreddamento.
Nei primi pneumatici il battistrada era completamente liscio; però fu presto constatata la necessità di aumentare la sua aderenza alla strada e diminuire il pericolo di slittamento, specie su strade lisce e bagnate, e per alcuni anni si usò ricoprire il battistrada con una striscia di cuoio munita di chiodi metallici; si trattava però di un sistema poco conveniente per la sua scarsa durata e per il pericolo rappresentato dal frequente staccarsi dei chiodi. Attualmente l'aderenza viene ottenuta dando al battistrada un disegno costituito da incavi e da risalti opportunamente disposti: la scelta del disegno è di notevole importanza perché oltre che sulla tenuta di strada esso influisce sulla durata del battistrada, sulla regolarità del consumo e sulla rumorosità; ogni costruttore si serve in genere di diversi disegni a seconda della particolare applicazione cui i pneumatici devono servire: la figura 4 dà qualche esempio dei disegni usati da alcune case costruttrici europee e americane.
Il battistrada viene preparato sotto forma di una fascia continua di mescola cruda ottenuta mediante una trafila oppure una calandra profilatrice: la fascia ha una sezione equivalente a quella che deve avere il battistrada nel pneumatico finito e la sua superficie non porta alcun disegno; le scolpiture del battistrada vengono ricavate riproducendo in negativo il disegno prescelto sullo stampo in cui la copertura viene vulcanizzata. In molte coperture e in modo speciale in quelle delle sezioni più grandi fra il battistrada e la carcassa viene talora interposta una striscia formata da strati alternati di tessuto gommato e di gomma (figure 1 e 2): questa striscia, che ha larghezza all'incirca uguale a quella del battistrada, ha per scopo di costituire una zona di elasticità intermedia fra quella del battistrada e quella della carcassa.
I varî elementi della copertura (tele, cerchietti, battistrada), dei quali è stata sommariamente descritta la costituzione e la preparazione, vengono riuniti fra loro con l'operazione chiamata confezione. Questa viene effettuata disponendo i suddetti elementi, nel voluto ordine, su forme metalliche montate sull'albero girevole di macchine confezionatrici, munite di dispositivi di rullatura che permettono di far aderire fortemente fra di loro i singoli elementi.
Le forme sulle quali le coperture vengono confezionate possono essere tamburi a superficie esterna cilindrica (fig. 6): in tal caso la copertura cruda assume l'aspetto di una fascia anulare piatta che viene poi conformata mediante appositi apparecchi, in modo da ricevere una sagoma prossima a quella della copertura finita. Oppure, specialmente per le coperture più grandi, le forme (in questo caso chiamate maschi) riproducono il profilo interno della copertura finita (fig. 5), cosicché la copertura cruda assume gìà durante la confezione una forma prossima a quella finale. La copertura prende però la sua forma definitiva soltanto in seguito alla vulcanizzazione, durante la quale essa viene stampata in modo da assumere forma e dimensioni ben determinate.
Per effettuare la vulcanizzazione, le coperture confezionate vengono montate su camere di gomma a pareti molto spesse (camere da vulcanizzazione) e introdotte in stampi metallici, generalmente d'acciaio, divisi in due metà. Un certo numero di tali stampi viene posto in una pressa autoclave, le camere da vulcanizzazione vengono gonfiate con aria compressa o con acqua calda sotto pressione, in modo che le coperture vengano fatte aderire perfettamente agli stampi e questi vengono quindi riscaldati mediante vapore. La temperatura di vulcanizzazione delle coperture è generalmente compresa fra 130° e 150° e la durata della cotta varia da una a quattro ore. Negli ultimi tempi anziché a presse autoclavi si è anche ricorso a vulcanizzatori singoli, comprendenti cioè un solo stampo munito di una camera nella quale circola il vapore: questo sistema di vulcanizzazione può riuscire conveniente, specialmente quando si abbiano forti produzioni di coperture di una sola misura.
Dopo la vulcanizzazione, si tolgono le coperture dagli stampi, si procede all'estrazione delle camere da vulcanizzazione, sottoponendo infine le coperture alle operazioni di finitura e di controllo.
Pneumatici per biciclette. - Nelle linee generali i pneumatici per bicicletta hanno conservato le caratteristiche date loro dai primi realizzatori: salvo le minori proporzioni, la loro costruzione è assai simile a quella dei pneumatici per automobili; anche in questo caso si hanno pneumatici a cerchietti e pneumatici a tallone (fig. 7): i più diffusi sono i primi i quali, contrariamente a quanto verificatosi nelle coperture per automobili, sono stati adottati, fin dagl'inizî, dalla maggioranza dei costruttori.
Un tipo particolare di pneumatico, usato esclusivamente per le biciclette, è il tubolare (figura 7, a destra), nel quale la carcassa, anziché essere aperta in corrispondenza del cerchio, assume la forma di un tubo chiuso ad anello; il pneumatico è privo di talloni e il montaggio viene effettuato su cerchi a doccia generalmente in legno; la camera d'aria risulta completamente racchiusa dalla copertura, ciò che rende assai difficili le riparazioni in caso di bucature; in compenso, è molto più rapida la sostituzione, e perciò i tubolari sono generalmente usati per biciclette da corsa.
I pneumatici per bicicletta vengono contraddistinti da misure nominali espresse in pollici: se la misura è espressa da due numeri il primo corrisponde approssimativamente al diametro esterno del pneumatico, il secondo alla larghezza massima (corda). Così, ad es., un pneumatico 28 × 1 5/8 ha un diametro esterno di circa 28 pollici e una corda di circa 1 pollice e 5/8. Se invece la misura è espressa da tre numeri, l'ultimo indica ancora la corda approssimativa del pneumatico; i primi due stanno invece a indicare che esso va montato su un cerchio il cui diametro corrisponderebbe alla misura di pneumatico espressa da tali due numeri: ad esempio, il pneumatico 28 × 1 5/8 × 1 3/8 ha una corda di circa 1 pollice e 3/8 e va montato su un cerchio che ha lo stesso diametro di quello che serve per il pneumatico 28 × 1 5/8.
Si tratta, come si vede, di un sistema tutt'altro che razionale: esso è però ancora l'unico praticamente usato sia in Italia sia all'estero; le tabelle di unificazione prevedono l'adozione di un nuovo sistema nel quale ciascuna misura sarà definita mediante due numeri, esprimenti approssimativamente il diametro esterno e la corda in mm.
Pneumatici per autovetture. - In relazione alle esigenze sempre maggiori della tecnica automobilistica, i pneumatici per autovetture hanno subito dagl'inizî a oggi un'enorme evoluzione. I primi pneumatici per automobili venivano montati su ruote di diametro piuttosto forte (erano frequenti i cerchi di 24 e anche 32 pollici di diametro), avevano sezione relativemente piccola e venivano gonfiati a pressioni elevate (6 o 7 kg/cmq.); si trattava di pneumatici a tallone con carcassa in tessuto a trama e catena: data la piccola sezione e la forte pressione, essi contribuivano assai poco al molleggio della vettura, e ad attutire le asperità della strada; malgrado la moderata velocità erano inoltre frequentemente soggetti a pericolosi scoppî. Un primo notevole progresso venne realizzato con l'adozione del tessuto cord che aumentò la durata e la capacità di carico dei pneumatici, ridusse la frequenza degli scoppî e consentì la costruzione di coperture di grandi dimensioni adatte anche per gli autocarri. Un ulteriore passo avanti venne fatto dando al pneumatico sezioni più forti, diminuendo il diametro del cerchio e riducendo la pressione di gonfiamento; con ciò si migliorava la regolarità della marcia, specialmente su strade accidentate, e si allontanavano ancora di più le probabilità di scoppio; l'introduzione dei pneumatici a bassa pressione (spesso chiamati "ballon") non fu però scevra da inconvenienti, perché agl'inizî si esagerò alquanto nell'adottare sezioni eccessive e pressioni molto basse e nel ridurre corrispondentemente la resistenza della carcassa; come conseguenza si ebbero a lamentare vibrazioni nel treno anteriore dei veicoli, difficoltà nello sterzo, rotture di carcassa che costrinsero i costruttori a ritornare sui loro passi aumentando la pressione che si stabilizzò fra 2 o 3 atmosfere, riducendo le sezioni, accrescendo corrispondentemente il diametro dei cerchi (attualmente compreso fra 17 e 19 pollici) e rinforzando la carcassa: i pneumatici a bassa pressione sono ora di uso generale per le autovetture e il loro comportamento si può considerare pienamente soddisfacente malgrado le difficili condizioni di lavoro che le elevate velocità delle moderne automobili impongono loro. Contemporaneamente all'adozione delle pressioni ridotte, i pneumatici a tallone vennero abbandonati per lasciare il posto a quelli a cerchietti che, come s'è già accennato, consentono maggiore facilità di montaggio e sicurezza d'impiego: molti pneumatici a tallone si trovano però ancora in servizio sulle automobili dei modelli meno recenti.
Negli ultimi anni si è andata nuovamente delineando la tendenza ad aumentare le sezioni, riducendo il diametro delle ruote e diminuendo le pressioni: vennero così creati i cosiddetti pneumatici a bassissima pressione, che, grazie ai progressi realizzati frattanto nella tecnica automobilistica e nella costruzione dei pneumatici, hanno avuto maggiore successo dei primi "ballon"; anche in questo caso però i primi tentativi di adottare sezioni fortissime (9 pollici e più) con piccolissimi calettamenti (13 e anche 10 pollici) e pressioni di gonfiamento inferiori a 1 kg/cmq. sono stati gradatamente abbandonati. Attualmente la pressione dei pneumatici a bassissima pressione è prossima a 2 kg/cmq. e il diametro del cerchio raramente è inferiore a 16 o 15 pollici.
Le misure mediante le quali i pneumatici per automobili sono definiti variano da tipo a tipo; nei tipi più recenti (a bassa e bassissima pressione) i pneumatici a cerchietti vengono contraddistinti mediante due numeri separati da una lineetta (ad es., 5,25-17); il primo numero dà la corda nominale del pneumatico, in pollici e centesimi di pollice, il secondo il diametro effettivo del cerchio, pure in pollici. Accanto a questo sistema, che è quello universalmente accettato, altri ne sono stati introdotti in cui alle misure inglesi sono sostituite quelle metriche: per i pneumatici a bassa pressione si hanno due numeri separati dal segno × (ad es., 14x45) che esprimono rispettivamente la corda e il diametro del cerchio in cm.; per quelli a bassissima pressione, due numeri (ad es., 140 × 40) che dànno rispettivamente la corda in mm. e il diametro del cerchio in cm.; i pneumatici di misure metriche sono abbastanza diffusi specialmente in Francia. Per i pneumatici a tallone a bassa pressione le misure sono invece sempre espresse in mm. (ad es., 720 × 120): la prima cifra corrisponde approssimativamente al diametro esterno, la seconda alla corda.
Pneumatici per autocarri. - L'applicazione dei pneumatici agli autocarri ha potuto essere messa in pratica con risultati soddisfacenti soltanto dopo l'introduzione delle carcasse in cord. I primi pneumatici per autocarri erano anch'essi del tipo a tallone, ma in seguito il tipo a cerchietti è stato adottato da tutti i costruttori. I pneumatici per autocarri vengono comunemente chiamati "giganti": il tipo più usato è ancora quello ad alta pressione, gonfiato 6 0 7 kg/mq.; si vanno però diffondendo anche pneumatici giganti, detti a bassa pressione, che vengono gonfiati un po' meno: da 4 a 6 kg/cmq. L'uso dei pneumatici giganti si va sempre più generalizzando: le gomme piene (già vietate dalla legge) e anche i semipneumatici (che sono specie di gomme piene aventi nell'interno una o più camere longitudinali continue comunicanti o non con l'esterno), che un tempo costituivano la sola gommatura degli autocarri, vanno gradatamente scomparendo.
I pneumatici ad alta pressione vengono definiti mediante due numeri separati dal segno × (ad es., 42 × 9): il primo corrisponde approssimativamente al diametro esterno in pollici, il secondo alla corda. Per i pneumatici a bassa pressione si usa una denominazione simile a quella dei pneumatici per autovetture: cioè due numeri, il primo dei quali corrisponde alla corda espressa in pollici e centesimi di pollice, il secondo al diametro effettivo del cerchio (ad es., 12,75-20).
Oltre a questi sistemi un altro ne è stato recentemente introdotto nel quale la prima cifra dà la corda in mm., la seconda il diametro del cerchio in pollici (ad es., 270-22): esso viene adoperato per pneumatici che vengono usati con pressione leggermente più bassa (circa ½ atmosfera di meno) dei corrispondenti pneumatici a bassa pressione delle misure ordinarie.
Pneumatici per aeroplani. - Le loro principali caratteristiche devono essere la resistenza agli urti cui vengono assoggettati durante gli atterraggi e la leggerezza; essi sono di costruzione simile ai pneumatici per autoveicoli: dato però che il percorso che devono effettuare a contatto col terreno è sempre molto piccolo, lo spessore del battistrada viene ridotto al minimo; inoltre, il più delle volte, il battistrada non porta alcuna scolpitura.
Nei pneumatici per aeroplani, come in quelli per automobili, vi è stata la tendenza a ricorrere a sezioni sempre maggiori e a pressioni sempre più ridotte; questa tendenza è anzi risultata anche più spiccata in conseguenza della necessità di assicurare la massima dolcezza di atterraggio: negli ultimi anni si è così arrivati a pneumatici di sezione tanto grande in confronto al diametro, che la ruota risulta praticamente ridotta al solo mozzo.
I pneumatici per aeroplani vengono definiti con sistemi analoghi a quelli adoperati per gli autoveicoli: per i pneumatici a bassa pressione (gonfiati da 1 a 2 kg/cmq.) vengono cioè dati la sezione e il diametro del cerchio in pollici (ad es., 8,50-10); per quelli ad alta pressione (gonfiati da 3 a 5 kg/cmq.) si dànno invece il diametro esterno e la corda, in mm. (ad es., 800 × 150) oppure in pollici (ad es., 32 × 6).
Produzione e commercio. - L'industria del pneumatico, strettamente collegata a quella dell'automobile, ha avuto com'era naturale il suo massimo sviluppo negli Stati Uniti d'America: fra le nazioni europee la massima produttrice è l'Inghilterra. Secondo una statistica della Rubber Trade Association di Londra il numero di coperture per automobile prodotte negli ultimi anni dai suddetti paesi sarebbe il seguente:
Per quanto non si abbiano dati precisi in proposito, basandosi sul consumo annuale della gomma greggia, si può ritenere che la produzione degli Stati Uniti costituisca all'incirca il 50% della produzione mondiale.
Per il 1934 la "Rubber Manufactures Association" di New York prevedeva negli Stati Uniti la produzione di 49.000.000 di coperture.
In Italia l'industria del pneumatico è praticamente concentrata in due fabbriche aventi le loro sedi a Milano e a Torino: la produzione di tali fabbriche oltre a sopperire largamente all'attuale fabbisogno nazionale, consente anche una considerevole esportazione. La media delle importazioni nel triennio 1931-33 è stata di 19.182 q., mentre quella delle esportazioni nello stesso triennio è stata di 66.060 q.
Bibl.: W. G. Goer, The reign of rubber, New York 1922; H. C. Pearson, Pneumatic tires, ivi 1922; J. B. Dunlop, The history of the pneumatic tyre, Dublino 1931. V. inoltre la bibl. di gomma elastica.