Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La poesia di argomento politico risente del rapporto che si instaura fra il poeta e il potere costituito e si esprime in un’ampia gamma di forme e di generi. Il poeta può essere direttamente coinvolto negli eventi rievocati, oppure può agire su commissione di un mecenate. Praticata nei metri tradizionali della lirica, come la canzone, la ballata e il sonetto, e nella forma del sirventese, la poesia politica è fortemente legata all’attualità degli eventi storici, che registra con intento ora polemico, ora celebrativo, ora puramente cronachistico.
Sordello da Goito
Piangere voglio il nobile Blacasso su questa disadorna melodia
con cuore triste ed afflitto, e ne ho ben ragione
perché in lui ho perduto un buon signore e un buon amico
e perché tutti i virtuosi costumi sono con la sua morte scomparsi.
Tanto mortale è la perdita, che io non ho speranza
che ristorarsi mai possa se non per tal guisa:
che gli si tragga il cuore e se ne cibino i baroni
che vivono manchevoli di cuore: quindi avràn cuore assai.
Testo originale:
Planher vuelh en Blacatz en aquest leugier so,
ab cor trist e marrit; et ai en be razo,
qu’en luy ai mescabat senhor et amic bo,
e quar tug l’ayp valent en sa mort perdut so;
tant es mortals lo dans qu’ieu non ai sospeisso
que jamais si revenha, s’en aital guiza no;
qu’om li traga lo cor e que•n manio•l baro
que vivon descorat, pueys auran de cor pro.
Altissimo Dio padre, re de gloria,
priegote che me di’ senno e memoria
che possa contare una bella istoria
de recordança.
Del guasto de Bologna se comença,
como perdé la força e la potença
e lo gram senno cum la provedença
ch’aver solea:
ché per lo mondo era chiamada rayna,
fontana de le altre e medexina,
ché tuti li soi amixi soccorea
in ogni lato.
Dappo’ che lo re Enço fo pigliato
e in preson fo recarçerato,
dentro loro sì fo ordenato
de camparlo.
Alora doe parti se començò a fare,
Germie’ e Lambertaci se fe’ chiamare,
e queste començòno a ingrossare
fortemente:
sì che ’l caroço tolseno de presente,
in su la piaça de la cità valente
lo menòno ambe le parti comunalmente
cum gran forore.
Nel Medioevo non esiste una scienza politica autonoma, né vengono codificate forme testuali specificamente deputate alla comunicazione politica; tuttavia in diversi prodotti letterari appartenenti a un’ampia gamma di generi, dalla trattatistica alla storiografia, dalla poesia alla narrativa, può essere ravvisata una riflessione di tipo politico. In molti casi la letteratura si genera a contatto con i centri governativi e reca in sé, più o meno evidenti, le tracce del rapporto fra gli autori e il potere costituito. Ad esempio, il trovatore catalano Cerveri de Girona attribuisce alla poesia una funzione di servizio, in quanto il poeta riveste il ruolo di servitore del re. Il testo poetico che affronti temi di carattere politico è per lo più un testo d’occasione, che nasce da una contingenza presente ed è dunque fortemente ancorato all’attualità. La poesia politica può avere diversi destinatari e può svolgere diverse funzioni. Il poeta può rivolgersi al proprio mecenate per esaltarne le virtù o per esortarlo a compiere determinate azioni, può altresì lanciare invettive contro i propri avversari politici o incitare la propria fazione, può rievocare un evento bellico glorioso o disastroso o lamentare la perdita di un guerriero di valore. Alcuni testi sono scritti a titolo personale, altri su committenza, talora con un più o meno consapevole intento propagandistico. In qualche caso, infatti, la poesia si pone al servizio dell’autorità pubblica per avvalorarne l’immagine e persuadere i lettori della sua bontà. Nell’area romanza, ma soprattutto nella penisola italiana, una realtà politica e culturale fortemente diversificata e in continuo movimento ha dato luogo ad una produzione letteraria altrettanto complessa, dove emerge con particolare vigore la lirica politica alimentata dai conflitti comunali che investono l’Italia centro-settentrionale.
Fra i testi che interpellano in qualche modo la sfera politica si annoverano prodotti di vario genere, come, ad esempio, le poesie d’ispirazione religiosa e morale o le canzoni di crociata francesi e provenzali. Nell’ambito della “poesia militante” rientra la chanson de geste, che, sebbene non sia ancorata all’attualità, può farsi strumento di celebrazione del potere costituito.
Altra cosa sono i testi depositari di un messaggio strettamente politico. Tra le forme metriche si segnala il serventese (o sirventese), che, nato sul finire del XII secolo, fra Due e Trecento viene praticato largamente per componimenti di argomento storico-politico o morale, fino all’elaborazione di temi fortemente stereotipati nell’elogio di una parte e nella denigrazione della parte avversa. Fra i trovatori che compongono serventesi o canzoni politiche in lingua d’oc si segnalano Bertran de Born e alcuni trovatori che hanno combattuto alla crociata albigese, come Gui de Cavaillon. Inoltre il serventese del secolo XIII è ben rappresentato da Peire Cardenal, il cui corpus poetico comprende diversi componimenti di carattere morale e politico.
Fra i trovatori italiani dell’area settentrionale e padana, che imitano la poesia provenzale scrivendo in lingua d’oc , è particolarmente significativa la figura di Sordello da Goito, scelto da Dante come protagonista del canto “politico” del Purgatorio (VI). Accanto a un gruppo di liriche amorose Sordello ci lascia una serie di sirventesi d’argomento politico, fra i quali il Compianto in morte di Blacatz, che il poeta dedica al suo nobile e valoroso protettore. Sfruttando lo schema retorico del compianto e il motivo del cuore mangiato, Sordello passa in rassegna re e conti dell’epoca, denunciandone l’ignavia in una feroce invettiva. Il messaggio politico è talora affidato a testi dalla struttura dialogica, come la tenso e il partimen, che però, essendo caratterizzati dal virtuosismo verbale, sono praticati per lo più come divertissements di corte.
In ambito italiano, fra i serventesi cronachistici si segnala il Serventese dei Lambertazzi e dei Geremei (1280), che, composto da un giullare guelfo partecipe degli avvenimenti, rende l’atmosfera dell’aspra contesa fra Ghibellini (Lambertazzi) e Guelfi (Geremei) nella città di Bologna. Anche il sonetto, diffusissimo metro di corrispondenza, bene si presta a veicolare il botta e risposta della polemica politica. Sono particolarmente vivaci, ad esempio, i sonetti che il ghibellino Rustico Filippi scaglia contro gli avversari guelfi e, d’altro canto, quelli che il guelfo Folgore da San Gimignano, rivolge contro i Pisani. A Lucca rimanda invece la produzione poetica, di ispirazione prevalentemente politica, di Pietro de’ Faitinelli, notaio guelfo, esule dal 1314 al 1331, che vive in un periodo di feroci lotte comunali. Fra i metri della nostra poesia anche la ballata interessa non soltanto l’ambito amoroso, ma pure quello religioso (in forma di lauda) e politico, con prevalenza dell’impianto cronachistico-morale. Particolarmente significativa l’anonima Sovrana ballata placente (1267), che, accostando termini del repertorio cortese amoroso a termini del repertorio guerresco, chiama alle armi i seguaci di Corradino di Svevia in vista della sua discesa in Italia.
La lirica d’argomento politico o d’attualità è assente nell’ambito della Scuola siciliana. La corte imperiale di Federico II, grande centro di produzione culturale che genera la prima tradizione poetica in una lingua volgare, è popolata di poeti-funzionari, per lo più notai, organici alla gestione del potere. Costoro, non più poeti di professione come i trovatori provenzali o nord-italiani, non compongono sirventesi politici che esortino o consiglino l’imperatore, bensì producono una poesia di argomento prevalentemente amoroso che si propone come espressione della politica culturale imperiale. In ambito comunale si trovano funzionari che operano come “intellettuali organici” nella stesura di cronache e storie ufficiali.
A questa produzione di tipo istituzionale si avvicina la raccolta poetica dell’Anonimo genovese (fl. 1270-1310), un “poeta-pubblico ufficiale” (forse notaio) che col Codice Molfino ci lascia una sorta di “libro poetico-storiografico cittadino”: un corpus di poesie (147 in volgare genovese e 34 in latino) comprensivo di componimenti religiosi, descrizioni realistiche e resoconti di avvenimenti politici e militari del municipio. Poesia e politica, inoltre, possono incontrarsi e fondersi anche nelle più alte cariche amministrative: è il caso, ad esempio, dell’imperatore Federico II e dei poeti-podestà, che ben rappresentano la doppia qualità dell’uomo di governo, depositario del saper dire e del saper fare.