POESIA
. L'estetica moderna (v. arte; estetica) non ammette più l'antica tradizionale distinzione tra poesia e prosa, come due forme di espressione letteraria materialmente diverse, l'una espressione ritmica e quindi metrica, in versi, misurabile e quindi soggetta a certe regole musicali, e l'altra sciolta da siffatte regole. Si è dimostrato che un ritmo, una musicalità c'è in ogni espressione, anche nel discorso non versificato (oratio soluta), che come prosa si distingueva dalla poesia; si è osservato che non c'è prosa, né parola che non abbia il suo accento che le conferisca quel significato che essa a volta a volta ha come espressione o concreta forma di un momento di vita spirituale. Ma soprattutto si è rivolta l'attenzione dall'esterno all'interno, dalla forma fonetica, e cioè fisica, materialmente misurabile, che l'espressione assume in quanto parlata, all'atteggiamento dell'animo a cui essa corrisponde come sua immediata manifestazione, da essa non divisibile se non per astrazione: atteggiamento che ha sempre la sua poesia, poiché non può essere mai altro che un modo di affermarsi della soggettività dell'uomo, e cioè un realizzarsi del suo sentimento attraverso quello che egli pensa o si rappresenta.
Movendo dall'antica tripartizione della poesia in epica, drammatica e lirica, è stato dimostrato che l'essenza della poesia è nella lirica che è nel fondo stesso del dramma e dell'epos, in cui il mondo rappresentato è sempre il mondo visto con certi occhi e con una certa commozione dal poeta, la cui potenza apparisce appunto nell'energia con cui egli sa infondere al suo mondo, comunque determinato, la vibrazione dell'animo suo. Ma, unificate così le varie forme della poesia, e scoperta l'essenza comune a tutte le varie forme nella soggettività presente nel mondo del poeta, non era possibile non fare un passo più avanti e non riconoscere che non c'è modo di concepire comunque un oggetto qualsiasi, senza che in esso non intervenga quel modo singolare di essere che è proprio del soggetto nell'atto vivente del suo riversarsi in quel concetto; e che pertanto lirica non è soltanto ogni poema, ma ogni discorso.
Posto questo concetto dell'universalità della poesia, ovvia ne era la conferma derivante dal teorema del carattere puramente formale della poesia; la cui poeticità, per l'estetica moderna, non consiste nella materia astratta e indifferente, bensì nella forma da cui la materia è investita attraverso l'elaborazione poetica; la quale in realtà è una vera e propria attività creatrice, che non presuppone nulla e crea a un tratto il suo mondo. Caduta quindi la distinzione tra materie poetiche e prosaiche (comprese quelle che si era soliti attribuire in proprio alla prosa), apparve manifesto che la stessa astratta materia (astrattamente definibile come un'identica materia), passando dall'astratto al concreto, diventa o non diventa poesia secondo l'energia del soggetto che la tratta, secondo cioè quel tanto che egli riesce a mettere di sé nella vita data col suo pensiero a quella materia. E cadde quindi in letteratura ogni ragione discriminante non pure tra opere di poesia e opere di prosa, ma anche tra quelle di prosa poetica o letteraria e quelle di prosa scientifica o filosofica; essendo diventato cosa evidente che c'è una poesia in ogni prosa.
Il significato differenziale della poesia rispetto alla prosa s'è venuto così determinando in due nuovi modi, l'uno e l'altro esteticamente legittimi. Prosa infatti rispetto alla nuova estetica può significare, e nel nuovo linguaggio corrente della letteratura critica significa, o non poesia (il contrario della poesia, la sua negazione o difetto) o l'opposto della poesia (il suo complemento). Prosaica nel primo senso è la poesia fallita, la quale non è poesia, e non è neanche quella buona prosa, che è tutta necessariamente poetica. Non è nulla (di spiritualmente significativo). Questo è il significato cattivo, negativo della prosa. Ma c'è l'altro significato, buono e positivo; ed è quello della prosa che ancora si distingue dalla poesia, come l'elemento oggettivo è l'opposto del soggettivo, e perciò lo integra e completa, e quindi lo attua nella realtà della vita spirituale. Dove c'è la libertà del soggetto, con la sua tendenza a prescindere dalla realtà legata a leggi inderogabili e a crearsi un suo astratto mondo fantastico (che è come dire tutto soggettivo); ma c'è anche la legge di questo mondo a cui l'individuo non può effettivamente estraniarsi, perché entra dentro di lui, nella sua coscienza, nel suo pensiero, come legge della sua logica e della sua stessa fantasia, della sua volontà e del suo destino: dura legge, che è la prosa della vita, e corrispondentemente il serio, la riflessione, la scienza, la religione, la filosofia, che, anche inavvertita, è presente sempre nell'animo umano, anche nel più commosso e preso nel calore della propria energia. Di contro a questa doppia prosa c'è una doppia poesia: una poesia che è pienezza di vita spirituale, valore onde lo spirito spiega nel mondo la sua potenza; e un'altra poesia, che è un lato solo di questa vita dello spirito: un lato che la critica letteraria idealmente pone come per sé stante e in tale posizione considera e valuta in maniera astratta, e solo astrattamente legittima.