poeta [plur. anche poete]
Sostantivo ad alta frequenza, usato per indicare sia i p. antichi, cioè i p. ‛ regolari ' (cfr. VE II IV 3), sia i moderni, i poete volgari (Vn XXV 4), detti anche dicitori per rima, rimatori (§§ 7-8). Infatti tanto gli uni che gli altri fecero o fanno poesia, quae nichil aliud est quam fictio rethorica musicaque poita (Ve II IV 2), e dire per rima in volgare tanto è quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione (Vn XXV 4).
Tuttavia, i moderni - è detto ancora nel De vulg. Eloq. - differiscono dagli antichi, a magnis poetis, hoc est regularibus, quia magni sermone et arte regulari poetati sunt, hii vero casu, sicché, se essi vogliono poetare rettamente, doctrinatas eorum poetrias aemulari oportet (II IV 3); e cfr. II VI 7. Questa eccellenza dei p. antichi sui moderni è riaffermata anche in altri passi: così Virgilio, che nella Commedia è elevato a maestro e a simbolo della ragione umana, è detto lo maggiore nostro poeta (Cv IV XXVI 8; e cfr. Pd XV 26 nostra maggior musa), altissimo poeta (Cv IV XXVI 13 e If IV 80), de li altri poeti onore e lume (If I 82); Omero è poeta sovrano (IV 88). Il riconoscimento di tale eccellenza non toglie, tuttavia, che D., per qualche particolare, contenda con gli antichi nell'invenzione e affermi su di loro una certa superiorità (If XXV 94 ss.); d'altra parte, in più di un passo del Paradiso, egli afferma l'eccezionalità e la novità della materia da lui trattata nella terza cantica (II 7 e XIX 7 ss.).
Circa la distinzione fra p. tragico, comico' ed elegiaco, vedi le voci DE VULGARI ELOQUENTIA; STILE: dottrina degli stili; e cfr. naturalmente la voce POESIA, e anche POETICA.
Diverso è il linguaggio dei p. da quello dei prosatori: Vn XXV 7 con ciò sia cosa che a li poete sia conceduta maggiore licenza di parlare che a li prosaici dittatori, e questi dicitori per rima non siano altro che poete volgari, degno e ragionevole è che a loro sia maggiore licenzia largita di parlare che a li altri parlatori volgari: onde, se alcuna figura o colore rettorico è conceduto a li poete, conceduto è a li rimatori; v. anche Cv III IX 2. Il linguaggio dei p. è, sostanzialmente, allegorico: v. ALLEGORIA e, in particolare, Vn XXV 8, 9 (due volte) e 10, Cv II I 3 e 4 (tre volte).
Valida è, per lo più, la testimonianza de' poeti (Cv II IV 7), anche di quelli non illuminati dalle virtù cristiane, dai cui scritti vengono molto di frequente tratti esempi, addotti, spesso accanto a passi scritturali, a convalida di una tesi: Cv II VIII 9, III III 7, IV XII 8, XX 4 (Omero poeta: si noti la posposizione dell'appellativo); III VIII 10 Stazio poeta (ancora a Stazio si allude in IV XXV 6, 8 e 10); IV XXVI 11 e 14 (Virgilio), XXVIII 13 (Lucano), XXIX 4 e 5 (Giovenale), XXX 4 Esopo poeta. Tuttavia, in If XXIX 63 secondo che i poeti hanno per fermo (detto della testimonianza degli autori antichi, in particolare Ovidio, in Met. VII 523 ss., secondo cui, durante la peste di Egina, morti gli abitanti dell'isola, ne rinacquero altri dal seme di formiche; cfr. Cv IV XXVII 17), alcuni hanno voluto scorgere una censura nei confronti dei p., " a' quali si sa che non si dee credere punto " (Andreoli); il Parodi (Poesia e storia nella D.C., Napoli 1920, 97-98), pur con qualche perplessità, derivante soprattutto dal raffronto con il passo parallelo del Convivio, avanza l'ipotesi che " il poeta si diverta un poco alle spalle dei poeti " e che intenda " burlarsi un poco " delle loro favole; ma l'affermazione dantesca dovrà riportarsi alla poetica allegoristica della veritade ascosa sotto bella menzogna (Cv II I 3), per cui si tratta, sì, di una favola, ma, appunto, " allegoricamente significante e interpretabile " (Mattalia).
Quanto D. esalti la figura del p. appare chiaramente in Pg XXI 85 col nome ché più dura e più onora / ero io [Stazio] di là, sulla terra. Egli lamenta anche che, nel suo secolo traviato, pochi siano veramente degni di questo nome e meritino di coronarsi la fronte di alloro (Pd I 29), e spera che la gloria del suo poema riesca a vincere la crudeltà che lo tiene fuori di Firenze, sicché vi possa tornare insignito del nome di poeta e ricevere, sul fonte battesimale; la corona di alloro (XXV 8).
Il termine si registra ancora in Vn II 8 (Omero), XXV 3 (due volte) e 6, Cv IV VI 4, e XIII 8 Simonide poeta. In particolare, nella Commedia, riferito a Virgilio, e spesso in forma di vocativo: If I 73 e 130, II 10, IV 14, V 73 e 111, IX 51, X 122, XII 113, XIII 80, XVIII 20, XXVII 3, XXIX 121, Pg IV 58 e 136, V 44, X 101, XIII 11, XIV 140, XIX 82; a Stazio: Pg XXII 73; a Virgilio e a Stazio insieme: Pg XXII 115 e 139, XXVIII 146.