Vedi POGGIO CIVITATE dell'anno: 1973 - 1996
POGGIO CIVITATE (v. S 1970, p. 629)
Gli scavi a P. C. si sono svolti nelle località Piano del Tesoro e Civita Magna e hanno interessato le fondazioni di un complesso monumentale protoarcaico costruito intorno al 600 a.C. e distrutto tra il 550 e il 530 a.C.
È stata definita l'esatta estensione del corpo centrale del complesso arcaico, una «sala di riunione» sede di una lega con centro a P. C., intorno al quale corrono, parallelamente ai lati O e N, fossati di protezione o fossae. A Ν si apre una terrazza con i resti di una casa a tre ambienti, mentre a S è un'area recintata con un pozzo. Due torri, una sull'angolo NE l'altra su quello S erano probabilmente a protezione del complesso.
L'impianto architettonico è dominato da un cortile con tre dei quattro lati porticati. Le relative terrecotte architettoniche (acroteri, coppi e tegole di copertura, antefisse, lastre con fregi, sime rampanti e laterali, protomi feline) sono state oggetto di numerosi studi, riguardanti particolarmente le statue sedute che sormontavano la trave di colmo del; lato settentrionale. Una ricostruzione comparativa, effettuata utilizzando le parti superstiti dei due acroteri a figura seduta, dimostra le straordinarie caratteristiche di queste figure. Gli acroteri a figura umana, sia maschili sia femminili sono più di 13. Nonostante siano state avanzate svariate interpretazioni circa l'identificazione delle statue sedute, esse sono state considerate dagli scavatori divinità poste a protezione del sito. A questi acroteri si aggiungevano altre figure umane, stanti e in movimento, e una serie di animali, grandi e piccoli, comprendente sfingi, cavalli, felini, bovini, pecore e un cinghiale. Nella seconda metà del VI sec. a.C. questo elaborato complesso, tanto originale dal punto di vista planimetrico e organizzativo, venne distrutto così radicalmente che ne rimangono solo le fondazioni. Quasi tutti i pezzi di valore vennero rimossi e tutti i rivestimenti in terracotta, in frammenti, vennero sotterrati in varie zone del sito. Si trattò di una distruzione rituale, probabilmente a opera della città di Chiusi, affinché fosse proibita nella località una nuova occupazione. La distruzione avvenne intorno al 550/530 a.C., come risulta dalla più tarda ceramica greca trovata nelle macerie (frammenti di due coppe del Laconico III, attribuite al Pittore della Caccia).
Nel corso di ulteriori scavi, si rinvennero i resti di un precedente complesso architettonico risalente al periodo orientalizzante, sigillato dal livello pavimentale degli edifici arcaici. Una serie di frammenti di vasi greci (ceramiche protocorinzie, del Laconico II e ceramiche greco-orientali, di Rodi, Samo e Chio) permette di datare la distruzione degli edifici all'ultimo quarto del VII sec. a.C. Questo materiale fu trovato a livello del pavimento del primo edificio, frammisto alle macerie di quest'ultimo. Nello stesso strato, e pertanto databili al medesimo periodo, vi erano oggetti in oro e argento, gemme di pietre semipreziose, figure e utensili in osso e avorio delicatamente scolpiti. È possibile che tutti questi oggetti, a eccezione forse delle oreficerie, fossero stati prodotti in botteghe attive sul Piano del Tesoro. Alcuni scavi in un'area a S del complesso arcaico potrebbero aver individuato alcune di queste officine (v. oltre).
Buona parte della ceramica locale, fine (bucchero) o rozza (vasellame da cucina), può essere associata con i resti delle strutture più antiche del Piano del Tesoro. Tre frammenti mostrano l'originalità dei ceramisti locali: si tratta di una coppetta tripode e di due raffinati kỳathoi con alte anse e piedi a tromba, da ritenersi probabilmente di produzione locale. Il riempimento era ricco di piccoli oggetti in bronzo, ornamenti personali con fibule e pendenti, chiodi, ribattini e utensili vari. La ricercatezza di questo materiale «ordinario» è provata da piccoli chiodi, le cui teste stondate erano ricoperte da lamine d'argento e d'oro. Un gruppo molto antico raffigurante due lottatori e il loro arbitro completa la selezione dei bronzi.
Questa quantità di materiali usati in un'opulenta residenza è in netto contrasto con i pochi, piccoli oggetti ritrovati nel corso dei primi scavi. Gli edifici arcaici sembra che siano stati completamente saccheggiati prima di essere distrutti, mentre quelli del VII sec. furono distrutti accidentalmente in un incendio e le loro macerie vennero livellate e sigillate sotto i pavimenti di terra battuta dell'edificio successivo. È possibile che alcuni pezzi siano stati recuperati, ma la maggior parte di essi fu lasciata dove era caduta.
In associazione con questi elementi di arredo domestico si rinvenne una serie di terrecotte architettoniche destinate a rivestire gli edifici più antichi. Il gruppo più numeroso è costituito da acroteri a forma di figure geometriche, di mostri e di cavalli e cavalieri. Molti sono caratterizzati da uno stile semplificato definito come «tipo a ritaglio». L'esempio più elaborato è costituito da un cavallo con cavaliere stilisticamente affine alle immagini raffigurate sui più antichi stipiti di porte di Tarquinia; più primitivo è un cavallo con cavaliere, di cui restano la testa e le parti posteriori. Gli acroteri erano di facile esecuzione: l'argilla veniva dapprima stesa in una spessa lastra piatta, sulla quale, delineata la forma (forse con un'incisione), l'artigiano, seguendo la linea incisa, eliminava l'argilla in eccesso e lasciava la figura ritagliata. Questi pezzi si avvicinano a una tradizione architettonica che dovrebbe risalire al periodo villanoviano. Altri acroteri «a ritaglio» sono attestati a Tuscania e nel Foro Romano. Al primo e più antico edificio sono attribuite anche le simae rampanti.
Questo gruppo di terrecotte architettoniche costituisce l'antecedente diretto delle serie più complesse connesse con gli edifici arcaici. Benché sia stato possibile stabilire la data della distruzione dei primi edifici del Piano del Tesoro grazie alla presenza della ceramica greca, la costruzione degli edifici e, di conseguenza, la cronologia delle loro terrecotte architettoniche, è invece più problematica. Si suppone che queste strutture orientalizzanti fossero state erette intorno al 650 a.C., in quanto il più antico bucchero sottile proveniente dal sito risale al periodo compreso tra il 675 e il 650 a.C. L'ansa di un kỳathos con decorazione a fine stampiglia costituisce un bell'esempio di questa classe di materiale.
Riguardo al significato del sito e alla sua utilizzazione nel corso del VII e del VI sec. a.C. vi sono differenti interpretazioni; si tratterebbe di un santuario o di un centro politico, residenza di un magistrato locale o di un re (in tal caso si sarebbe trattato di un palazzo). Più recentemente, sulla base dell'assunto che le due fasi di occupazione sono in stretta relazione tra loro e che rispondevano a una medesima funzione, il complesso è stato considerato (Phillips) come la sede di una piccola lega dell'Etruria settentrionale. È possibile che il capo di questa lega, forse un sacerdote, e la sua famiglia risiedessero stabilmente nel sito e che i ricchi ritrovamenti orientalizzanti, sigillati sotto i pavimenti in terra battuta del complesso arcaico, costituissero i loro effetti personali, oppure quelli dei membri della lega, che li usavano in occasioni speciali. È probabile che contributi alla lega venissero dagli abitanti delle località che si trovavano a un giorno o due di cammino da Poggio Civitate. Il complesso arcaico ingrandito, con il suo cortile centrale, gli ambienti e le aree destinate a bottega, sarebbe stato una zona ideale per i rappresentanti della lega e per i visitatori del sito. Le attività svolte in tale luogo di riunione, quali la stipula di contratti, la definizione di problemi religiosi o di carattere personale, una limitata attività commerciale, costituivano probabilmente gran parte dell'attività quotidiana della lega. L'abbondanza della ceramica indica che grossi quantitativi di cibo venivano cucinati e serviti, forse in banchetti pubblici. Alcuni dei raffinati oggetti in avorio e in metallo fabbricati sul posto venivano certamente venduti ai visitatori del sito.
La ricchezza degli strati orientalizzanti e la straordinaria natura del complesso arcaico mettono in risalto l'importanza del sito; il carattere rituale della distruzione della «sala di riunione» arcaica indica che esso aveva una importanza particolare per gli altri centri della zona. Abbattendo gli edifici di P. C., sotterrandone le terrecotte architettoniche, pezzi che sicuramente rappresentavano la funzione del luogo agli occhi della popolazione locale, si volle cancellare per sempre il valore ideologico da essi rappresentato.
La distruzione venne probabilmente progettata e messa in atto da coloro che regnavano a Chiusi, nel periodo in cui il centro aumentò il suo potere, nel corso della seconda metà del VI sec. a.C. La natura sacra del centro, ancor più potente per via delle attività politiche che vi si svolgevano, non fu mai totalmente obliterata, anche se nessuno tornò successivamente a stabilirsi sul colle.
Bibl.: S. Stopponi (ed.), Case e palazzi di Etruria (cat.), Milano 1985, passim; E. Nielsen, Some Preliminary Thoughts on New and Old Terracotta, in OpRom, XVI, 1987, pp. 91-119; I. Edlund-Berry, Four Terracotta Heads from Poggio Civitate (Murlo). Towards a Definition of the Murlo Style, ibid., XVII, 1989, pp. 21-32; Κ. M. Phillips Jr., Greek Objects at Poggio Civitate, in Anal-Rom, XVII-XVIII, 1989, pp. 29-42; id., In the Hills of Tuscany. Recent Excavations at the Etruscan Site of Poggio Civitate (Murlo, Siena), Filadelfia 1993.
Scavi: E. Nielsen, Κ. Phillips in NSc, 1976, pp. 113-147; E. Nielsen, in Atti del II Congresso Intemazionale di Etruscologia, Firenze 1985, Roma 1989, pp. 509- 515; id., in Studi e Materiali, VI, 1991, pp. 245-259.
(K. M. Phillips, Jr)
Officina. - Presso il margine meridionale della piana è stata rinvenuta un'altra imponente costruzione. Gli scavi hanno riportato alla luce 41 basi di colonne in pietra distribuite in tre file parallele rettilinee, orientate secondo i punti cardinali. La disposizione delle colonne è precisa (2,75 m di distanza tra i centri) e indica una struttura di 48,5 X 6 m almeno. Finora non sono state individuate fondazioni in pietra, che consentirebbero di definire i limiti della struttura stessa. La mancanza di fondazioni lascia supporre che l'edificio non fosse racchiuso da muri, ma che fosse aperto su tutti i lati per garantire la massima illuminazione e ventilazione, requisito importante data la sua funzione.
Tra le basi di colonne, nella parte centrale della costruzione, sono stati trovati numerosi coppi collocati direttamente sul pavimento in battuto. Non ancora cotti, essi erano stati disposti ordinatamente in file ad asciugare. Tuttavia, prima che il processo di lavorazione fosse ultimato, l'edificio fu distrutto dalle fiamme. Nella confusione provocata dall'incendio, diverse persone calpestarono le tegole lasciando chiare impronte nell'argilla ancora morbida. A O delle tegole con impronte erano stati accuratamente ammucchiati l'uno sull'altro numerosi embrici. Vicino a questi è stata rinvenuta la metà superiore di una matrice in terracotta per la realizzazione di teste di antefisse. La natura dei materiali e la loro collocazione nell'edificio indicano chiaramente che quest'area veniva utilizzata come laboratorio per la manifattura di terrecotte architettoniche.
Ulteriori scavi effettuati all'interno dell'edificio e nella zona circostante hanno dimostrato che alla struttura erano probabilmente associate altre attività. Grandi quantità di osso e parti di corna di cervo, in diversi stadi di lavorazione, insieme a mantici e frammenti di crogiuolo, indicano la varietà delle operazioni che avevano luogo sotto lo stesso tetto.
Le dimensioni e la diversità delle attività che l'edificio ospitava forniscono importanti informazioni su un'epoca in gran parte ancora da chiarire. L'aspetto più singolare è l'associazione di terrecotte architettoniche a un edificio la cui funzione non era né quella di residenza di un personaggio di particolare rilievo nell'ambito della comunità, né quella di struttura religiosa o amministrativa. Gli scavi condotti hanno chiarito che il tetto inferiore terminava con una serie di embrici e coppi interconnessi. Teste femminili ottenute a stampo erano applicate alle estremità dei coppi, in una maniera che richiama le antefisse a testa di gorgone dell'Edificio Superiore. Gli embrici erano provvisti di una bassa parete frontale con al centro un foro di drenaggio. Un versatoio decorativo foggiato a testa di leone, lavorato in parte a mano in parte a stampo, veniva quindi affisso alla parete, al di sopra del foro. Tale sistema di embrici e coppi interconnessi aveva come esito un fregio di teste femminili e leonine alternate, rivelante una forte somiglianza con la sima laterale dell'Edificio Superiore, del quale può essere considerato il prototipo da un punto di vista sia strutturale sia iconografico; è possibile in tal modo seguire in uno stesso sito l'evoluzione di questo importante elemento architettonico.
La natura e la vastità della distruzione che pose fine all'ultima occupazione del sito costituiscono un forte elemento di disturbo per l'analisi stratigrafica di Piano del Tesoro; tuttavia i materiali associati al suddetto laboratorio suggeriscono di datare la fioritura del centro alla seconda metà del VII sec. a.C. Sebbene questa ipotesi attenda di essere comprovata da ulteriori evidenze, è possibile che l'incendio responsabile della distruzione di questo edificio abbia posto termine anche all'esistenza dell'Edificio Inferiore, evento generalmente datato alla fine del VII sec. a.C.
Il fatto che una struttura di dimensioni così imponenti fosse dedicata alle esigenze pratiche di un laboratorio è rilevante ai fini dell'interpretazione generale del sito e della natura degli edifici successivi a quello in esame. Inoltre, la presenza di una decorazione così elaborata in una struttura a carattere prettamente utilitaristico e non cerimoniale impone una riconsiderazione dei casi in cui edifici, e loro finizioni, sono stati identificati unicamente in base agli elementi architettonici a essi associati. Viceversa, è opportuno usare cautela nell'attribuzione di elementi architettonici a edifici, partendo dal mero presupposto che decorazioni elaborate fossero riservate a strutture di importanza religiosa e politica.
Bibl.: Oltre alla bibl. citata per la parte generale, v. E. Nielsen, Further Evidence of Metal Working at Poggio Civitate, in E. Formigli (ed.), Antiche officine del bronzo: materiali, strumenti e tecniche, Siena 1993, pp. 29-40.
(E. Nielsen)