POGGIOREALE
Centro indigeno dell'Età del Ferro nella Sicilia occidentale identificato sul Monte Castellazzo nel secolo scorso da V. Di Giovanni, che riportò una tradizione locale pseudodotta secondo cui si tratterebbe dell'antica Elima (Dion. Hal., I, 52, 4). Poiché altre ipotesi tendenti a identificare il sito con Entella o con Halicie (v. vol. VII, p. 262) non sono accettabili, il nome antico resta ignoto. Data la sua posizione, la città rappresentava una fortezza naturale che occupava una posizione dominante di grande importanza strategica, poiché era anche situata nei pressi di Entella e a poca distanza dalla confluenza dei due bracci del fiume Belice. In quest'ultima località, nel 1958, fu infatti scoperta un'epigrafe dedicata a Eracle, scritta in dialetto dorico e in alfabeto selinuntino arcaico (inizi VI sec. a.C.).
Gli scavi del 1967-70, condotti dalla Soprintendenza e ancora inediti, portarono alla luce alcune strutture dell'abitato del VI-V sec. a.C.: una casa con muro a telaio di tipo punico, situata presso la cima, e parte di un grande edificio a più ambienti (area sacra?), rinvenuto nella città bassa. Nella necropoli, situata alle falde orientali del monte, furono scoperte una ventina di sepolture dello stesso periodo, in cui erano praticate sia l'inumazione che la cremazione. I corredi contenevano molte ceramiche greche importate, soprattutto di produzione corinzia, qualche vaso di bucchero etrusco e qualche bronzo, fra i quali una phiàle finemente cesellata a sbalzo con un fregio di cavalli.
Scavi sistematici sono stati successivamente (1976-82) intrapresi sul monte, in tre diversi settori della città bassa: nel primo è stato scoperto un grande edificio dell'abitato tardo-arcaico; nel secondo e terzo, situati sul costone meridionale del monte, sonò emersi rispettivamente una porta urbana e strutture arcaiche della fine del VII sec. a.C. Gli scavi hanno inoltre permesso di identificare sette livelli di occupazione (fasi A-G), che testimoniano una storia lunga e complessa dell'insediamento.
La fase più antica (fase A) risale all'Età del Medio Bronzo (1400-1250 a.C. circa) e comprende i resti di almeno una grande capanna a pianta circolare scoperta nel settore primo. All'interno della capanna c'erano alcune istallazioni, tra cui una panchina in pietra e una tavola circolare quadripartita in terracotta, arredi di uso domestico e ceramica dello stile di Thapsos. Dopo un lungo periodo di abbandono il sito viene rioccupato nell'Età del Ferro (fase B). Nel settore terzo, a parte alcuni lembi di strati indigeni pregreci, le strutture più consistenti risalgono alla fine del VII sec.: tracce di una capanna ovale, un grande cortile lastricato delimitato da un muro di recinto e un focolare. Le attività domestiche erano la filatura e la molitura. Alla ceramica indigena, a decorazione impressa e dipinta tipo Segesta, era associata una grande quantità di ceramica greca e coloniale di importazione (corinzia, greco-orientale, megarese e selinuntina). Sembra quindi che il primo impatto tra Greci e indigeni a P. avvenne subito dopo la fondazione di Selinunte.
Verso il 550, sotto l'impeto della cultura greca, si registra una ristrutturazione urbana dell'insediamento (fasi C- D). Nel settore primo, sopra i resti preistorici, viene costruito un grande edificio rettangolare di uso domestico, composto da vari ambienti. Nel secondo, viene aperta una porta urbica attraversata da una strada lastricata che taglia trasversalmente il ripido costone S del monte. La strada, scavata nella roccia, presenta tracce delle ruote dei carri ed è fiancheggiata da muri a blocchi isodomi o più piccoli in bella tecnica edilizia. Verso il 480/70 la porta fu gravemente danneggiata da un incendio, forse da imputare alle lotte tra Segesta e Selinunte, di cui si ha un'eco nella tradizione letteraria. Dopo un fase di abbandono il sito venne di nuovo abitato tra la fine del V e gli inizî del IV sec. (fase D); la porta venne ristrutturata e una torre fu costruita all'interno. Si dovette trattare di un'occupazione, militare di breve durata, forse avvenuta per mano dei Cartaginesi dopo la presa di Selinunte nel 409 a.C. è altresì probabile che il sito sia stato riconquistato da Dioniso I di Siracusa nei primi decenni del IV sec., in una delle sue imprese nella Sicilia occidentale. La città indigena di P. fu definitivamente abbandonata entro il 350 a.C.
Bibl.: M. T. Manni Piraino, Iscrizione inedita da Poggioreale, in Kokalos, V, 1959, pp. 159-173; V. Tusa, La zona archeologica di Poggioreale, in SicA, XVIII-XX, 1972, pp. 57-70; G. Falsone, A. Leonard, Missione archeologica a Monte Castellazzo di Poggioreale, ibid., XXXVIII, 1978, pp. 38-53; iid., La seconda campagna a Monte Castellazzo, ibid., XXXIX, 1979, pp. 59-78; G. Falsone e altri, Quattro campagne di scavo a Castellazzo di Poggioreale, in Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, pp. 931-972; P. Perla, R. Allaimo, G. Falsone, F. Spatafora, Studio petrográfico delle macine di età arcaica e classica da Monte Castellazzo di Poggioreale, in SicA, LVI, 1984, pp. 25-52.