Pola
Città situata sulla costa sud occidentale della penisola istriana, sul fondo di un golfo.
Abitata fin da remota antichità, entrò nell'orbita romana nel 178-177 a.C. e, sotto il principato di Augusto, divenne colonia romana con il nome di Pietas Iulia. Passò ai Bizantini dopo la caduta dell'Impero di Occidente, si costituì in municipio verso la fine del sec. XII, fu retta dalla dinastia dei Castropola nel sec. XIII. Nel XIV secolo passò sotto il dominio di Venezia.
Nel c. IX dell'Inferno le tombe di un'antica necropoli di P. e le tombe romane di Arles sono paragonate ai numerosi avelli infuocati del sesto cerchio: Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, / sì com'a Pola, presso del Carnaro / ch'Italia chiude e suoi termini bagna, / fanno i sepulcri tutt'il loco varo, così facevan quivi d'ogne parte, / salvo che 'l modo v'era più amaro (v. 113).
La necropoli di P. (le cui tombe " furono anticamente per quilli ch'abitavano in Dalmacia e Croacia e Schiavonia, che quando morìano, se venìano a sepellire a la marina: ed erave differencia segondo la facultade delle persone in essere messi in onorivili sepulcri ", Lana; ove " furono sotterrati grande quantità d'uomini, morti ivi presso, a una grande battaglia ", Anonimo) sorgeva nei pressi della città, fuori della porta Aurea, a fianco della strada che conduceva a Medolino, nei pressi del luogo ove sorgeva la badia benedettina di San Michele (Bassermann, Orme 461), nella quale, secondo la tradizione, D. avrebbe soggiornato (Revelli, Italia 135-136). La necropoli scomparve durante il sec. XV, per il saccheggio che gli abitanti di P. fecero del materiale con il quale erano state costruite le arche, malgrado il divieto delle autorità cittadine (Bassermann, Orme 462-463).
Sulla descrizione che D. fa della necropoli si basa l'opinione che egli abbia visto di persona il luogo (" ce lo dicono i suoi versi ", Bassermann, Orme 459); ma ci sembra argomento troppo fragile, così come il richiamo alla tradizione che vuole D. ospite della badia benedettina. Né appaiono più convincenti le argomentazioni del Vidossich, il quale sostiene che non si possono prendere a paragone due località se non se ne ha notizia perfetta e precisa, e che D. deve necessariamente aver visto la zona perché non avrebbe altrimenti potuto individuare il luogo ove porre il confine d'Italia.
La notorietà dei due cimiteri, quello di Arles e quello di P. (" iuxta Polam civitatem est etiam magna multitudo arcarum; audio quod sunt quasi septingentae numero, et fertur quod olim portabantur corpora de Sclavonia in Histria sepelienda ibi iuxta maritimam ", Benvenuto), e la conoscenza che D. aveva di carte del suo tempo, con l'ausilio delle quali poteva agevolmente ricavare i termini della regione italiana, bagnati dalle acque del Carnaro, consentono di affermare che, anche se non impossibile, non è affatto necessaria una presenza di D. in Istria.
Bibl. - G. Tagliapietra, Nota biografica, per servire ai futuri compilatori delle memorie di D.A.: D. a P., in AA. VV., Componimenti di prosa e poesia, Trieste 1866, 1-7; V. Rossi, recens. a A. Bassermann, Orme, in " Bull. " V (1897-1898) 39; G. Morosini, Nel VI centenario della Visione divina. La leggenda di D. nella regione Giulia: la leggenda di P., in " Archeografo triestino " n.s., XXIII (1901) fasc. I; G. Vidossich, Fu D. a Pola?, in " L'Indipendente " 29 dicembre 1906.