POLA (A. T., 24-25-26)
Capoluogo della provincia omonima che abbraccia quasi per intero l'Istria, e una delle più antiche città della Venezia Giulia. Sorge sulla costa sud-occidentale della penisola istriana (44° 52′ N.; 13°51′ E.). La scelta del sito va probabilmente messa in rapporto con la presenza dell'acqua che è invece piuttosto scarsa in tutta la regione circostante. Allo sviluppo del centro contribuirono certamente più tardi anche altre cause. Pola è posta nel punto più interno d'uno dei migliori porti naturali del mondo, e certo il più sicuro (contro la furia del mare e della bora) che sia nell'Adriatico superiore. Alla bocca, larga appena 700 m. (tra Punta Cristo e Capo Compare, oggi sbarrata da una diga), contrasta l'ampiezza del seno che una doppia linea di scogli e di eminenze (P. Monumenti, Scoglio Santa Caterina, Scoglio Sant'Andrea, Scoglio S. Pietro; e più innanzi Punta Aguzzo e Scoglio Ulivi) divide in due bacini: di questi il più interno, a forma quasi circolare (1,25 km. di diametro) che è anche il più vasto, s'inarca verso NE., rimanendo così protetto sul lato di terra da una cintura di colli (si è voluto riconoscere in queste due cavità due doline adiacenti, poi sommerse: più probabilmente si ha qui a che fare con una depressione intercollinare inondata). L'imboccatura del porto è difesa dal gruppo delle Isole Brioni (v.), che il Canale di Fasana divide dalla costa istriana. Decisiva, per lo sviluppo della città, fu la conquista romana, che ne fissò la topografia, ancora ben conservata, nonostante le alterazioni determinate dai bisogni del porto militare. Attorno al colle (52 m. s. m.) su cui sorgono il Campidoglio, che sostituì il primitivo (secolo V a. C.) castelliere e fu a sua volta sostituito dall'attuale castello, la città si andò svolgendo concentricamente entro una raggiera di strade che mettevano capo a una cinta di mura avente un perimetro di 1600 metri circa con 12 porte, di cui 7 sul mare. Tra questo e il colle erano l'emporium (il porto) e il foro, e perciò, come ai nostri giorni, il cuore della vita cittadina; dalla parte opposta, soprattutto ville, giardini ed edifici pubblici, dei quali i più notevoli (arena, teatri, bagni) fuori delle mura. Lo sviluppo avuto dal centro urbano in epoca romana (basso impero) e bizantina, contrasta con le proporzioni cui si ridusse la città nell'ultimo Medioevo e durante la stessa dominazione veneta; dei 20 mila e più abitanti che si vuole (ma forse esagerando) contasse la Pola romana, non ne erano rimasti che 350 nel 1631. Entro le mura, il cui tracciato è riconoscibile ancor oggi nell'anello tramviario tra il Parco Principe Umberto e il principio di Via V Novembre, la città rimase tutta contenuta fino alla metà del secolo XIX, quando, avendo il governo austriaco deciso di fare di Pola il porto militare della duplice monarchia, il grande bisogno di spazio richiesto dalle nuove costruzioni indusse a sistemare queste al di fuori del vecchio centro. Tra il 1848 e il 1870 Pola venne espandendosi oltre la cerchia murata e soprattutto a E. e a S., fino a triplicare, almeno, l'area coperta da fabbricati; in pari tempo la sua popolazione passava da poco più di 1000 ab. (1300 nel 1845) a quasi 20 mila (13 mila nel 1867). Lo sviluppo continuò, con ritmo rapido, nel venticinquennio precedente la guerra mondiale: al principio del secolo XX Pola contava 36 mila ab. (più di un quinto dei quali ne formavano la guarnigione) e circa 50 mila negli ultimi anni del dominio austriaco (42.205 nel 1911).
Mutato radicalmente, con la vittoria italiana, il significato della base navale di Pola, la città non venne per questo a perdere del tutto la sua importanza: gli sforzi del governo nazionale furono di più rivolti ad accelerarne la trasformazione in centro industriale (cantieri, fabbrica di cementi ricavati dalla bauxite, manifatture di tabacchi, ecc.), ciò che ha potuto ridurre le conseguenze del largo esodo di popolazione (le sole maestranze dell'arsenale austriaco superavano i 6000 operai) determinato dalla fine del dominio austriaco. Nel censimento del 1921 il comune contava 49.960 ab. e 55.559 in quello del 1931. Va però tenuto conto che nel vastissimo (224,92 chilometri quadrati) territorio comunale esistono 22 centri abitati oltre il capoluogo: la popolazione di questo si riduceva pertanto nel 1931 a 43.953 ab.
La grande quantità di edifici militari, architettonicamente monotoni, sorti nel periodo della dominazione austriaca, non conferisce certo grazia all'estetica cittadina; molto è stato fatto tuttavia, per il ripristino di quanto ha interesse artistico e nazionale, in questo che di tutti i maggiori centri della Venezia Giulia, meglio ha potuto conservare il segno della grandezza di Roma.
Il movimento del porto ha, nel 1930, segnato 2953 navi entrate e 2951 uscite, con 144.829 e 56.525 tonn. di merce, 48.565 e 50.180 passeggeri rispettivamente.
L'arsenale. - Sin dal 1810 Napoleone, venuto in possesso dell'Istria, pensò di fare di Pola un porto militare. Ma ritornata l'Istria all'Austria, questa non si risolse a dedicare la sua attenzione al più ampio e sicuro porto dell'Adriatico sino al 1850, anno in cui Francesco Giuseppe si recò a Pola approvando un piano imponente di fortificazioni. Nel 1854, con la nomina dell'arciduca Massimiliano a comandante supremo dell'imperiale regia marina, i lavori ebbero grande impulso, e alla fine del 1856, alla presenza dell'imperatore, fu messa la prima pietra del nuovo arsenale, che in pochi anni divenne uno dei più efficienti d'Europa.
Il porto aveva cinque chilometri di lunghezza con fondali da 20 a 30 metri, circondato da colline alte da 40 a 60. L'entrata della baia, compresa tra Punta Cristo a N. e Capo Compare a S., misurava una larghezza di 800 metri che si riducevano a 300 alla diga situata ad O. di Isola Grande. L'isola degli Olivi che conteneva l'arsenale e i cantieri di costruzione, era congiunta alla terraferma da un ponte con ferrovia.
L'arsenale, che sveva le funzioni di stabilimento principale tecnicomarittimo della marina da guerra e di magazzino principale per le sue dotazioni belliche, oltre a soddisfare alle esigenze della flotta austriaca, era anche destinato a mantenere in efficienza il materiale della marina militare e a provvedere al rifornimento dei materiali occorrenti agl'impianti marittimi e terrestri della marina. Dall'arsenale dipendevano non soltanto le singole direzioni (armamenti navali, siluranti, attrezzatura, artiglieria, costruzioni navali, costruzioni di macchine ed elettricità), la direzione del munizionamento, l'amministrazione dell'arsenale, la commissione dell'arsenale e il magazzino principale, ma anche tutte le navi in disarmo o in riserva, le officine secondarie di Teodo (golfo di Cattaro), e la nave offìcina dislocata a Sebenico.
Nell'arsenale di Pola furono costruite, trasformate e riparate moltissime unità della marina austro-ungarica. Nel 1913 l'arsenale occupava complessivamente 1439 persone tra operai, marinai d'arsenale e capitecnici, ma tale cifra durante la guerra fu molto aumentata.
Occupata Pola dall'Italia nel novembre del 1918, l'arsenale continuò a funzionare per qualche tempo, ma venne poi compreso nel numero di quelli da sopprimere, e vi fu creata una semplice base navale. Nel recinto del vecchio arsenale austriaco, la Marina italiana fece sorgere su di un'area di 85 mila metri quadrati il gruppo scuole del Corpo Reali Equipaggi.
Fortificazioni. - Prima della guerra mondiale, Pola era difesa dal lato di terra e da quello di mare da numerose opere (alcune delle quali trasformate dopo il 1881), che si potevano suddividere in tre gruppi: 1. quelle destinate alla difesa dell'entrata del porto e cioè: a nord, i forti Cristo, M. Grosso, Munide e la batteria di Val Maggiore; a sud, il forte Maria Luigia e quello S. Giovanni; il forte Rolando e la batteria Fisella, sulla diga; il forte Francesco, nell'Isola Grande, la batteria dell'isola di S. Pietro, il forte Massimiliano e la batteria di punta Monumenti per la difesa dell'Arsenale: 2. quelle destinate a impedire uno sbarco nelle baie vicine agli stabilimenti della marina e cioè il forte Musil, i forti Bourguignon, Verudella, Tegethoff, le batterie di Ovina e di S. Giovanni Verudella; 3. quelle della fronte a terra: prima del 1890 furono costruite dodici opere sul monte Cappelletta, a sud, e sulle colline di S. Giorgio, a est del porto, e poi, successivamente, il forte Pomer, Turcian, di S. Daniele, Bradamante e Castellier a rinforzo delle opere preesistenti. Durante la guerra mondiale, estesi campi di mine ne rafforzarono la difesa passiva: gl'impianti per il funzionamento dei servizî della flotta crebbero considerevolmente. Ritornando all'Italia, Pola non è più l'unica grande base dell'Adriatico, ma forma tuttavia, con Venezia e Brindisi, il sistema delle nostre basi navali in quel mare.
Monumenti. - Ancor oggi si possono ammirare in Pola monumenti insigni dell'epoca augustea: la porta Ercole (nel 1932, sotto le mura ricostruite nel sec. V per far fronte alle minacce barbariche, si è ritrovata la fondazione di quelle augustee), l'arco dei Sergi, i due templi gemini di Piazza Foro, di cui uno, dedicato ad Augusto e a Roma, è pressoché intatto, il Ninfeo e poi i due teatri (di cui uno, lo Zaro, particolarmente caro alla tradizione umanistica italiana). Alquanto posteriore è forse il magnifico anfiteatro di cui è superstite intatto l'anello esterno; già del sec. II è infine Porta Gemina. Numerosissime lapidi e oggetti, frutto quasi esclusivamente di ritrovamenti casuali, sono oggi conservati nel R. Museo.
Tra i monumenti paleocristiani è cimelio prezioso, ora nel museo, il reliquiario eburneo trovato nelle rovine della chiesetta di Samagher alle porte di Pola, riferibile al secolo V. Pure al sec. V si può far risalire la parte absidale del duomo, di recente rimessa in valore, e che è a pianta rettangolare divisa in tre navate da colonne sorreggenti archi decorati di stucchi di gusto e di sapore ancora romani. Al sec. VI invece risale la fondazione, dovuta al polese Massimiano che fu vescovo di Ravenna, della celebre abbazia di S. Maria del Canneto, di cui oggi è superstite una sola cappella con un preziosissimo musaico nel catino. Numerose sculture, conservate nel museo, testimoniano ancora, dopo che purtroppo gli edifici sono andati distrutti, della ricchezza delle costruzioni religiose della città fino a dopo il Mille. Minore interesse presentano invece rispetto alla ricchezza di altre terre venete, i monumenti dell'età posteriore: l'austera chiesa di S. Francesco col chiostro, opere del Trecento; il corpo centrale del duomo, del sec. XV; il municipio più volte rifatto nella struttura originariamente gotica; casette ogivali e del Rinascimento.
V. tavv. CXXXIX e CXL.
Storia. - Licofrone e Callimaco, ripetuti da Mela e da Plinio, attribuiscono la fondazione di Pola ai Colchi che vi si sarebbero fermati inseguendo gli Argonauti. Certo è che gli scavi hanno rilevato sul posto degli Istri, l'esistenza d'un castelliere che può risalire, come Nesazio, al primo periodo dell'età del ferro. Pola, nella sua origine, e la radice del suo nome lo conferma, sarebbe dunque un centro fondato dalle genti illiriche, centro cui non mancarono naturalmente i contatti con il mondo greco e con il ramo più evoluto degli Illirî stessi, i Veneti d'Este.
La prima penetrazione dei Romani nella regione fu la spedizione punitiva condotta nel 178-177 a. C. contro il regulo istriano Epulone, la quale portò alla presa di Nesazio. Che sorte abbia avuto in quell'epoca Pola non sappiamo: ma è probabile che fino da allora siano cominciati i rapporti coi vincitori; rapporti che naturalmente s'intensificarono con il crescere dell'importanza strategica dell'Istria nei riguardi della politica di Roma. Al contrario però di quanto è stato più volte affermato, la fondazione di una vera e propria colonia romana nella sua tipica struttura non risale oltre l'età augustea: oltre al suo nome (Pieias Iulia è detta da Plinio; Iulia Pola Pollentia Herculanea in un'iscrizione del Corp. Inscr. Lat., V, 8139), sta a dimostrarlo il fatto che non vi è a Pola un solo oggetto archeologico romano che si possa far risalire oltre la seconda metà del sec. I a. C. Il primo imperatore la fece oggetto di cure particolari: e ben lo si comprende pensando all'importanza militare della città nei riguardi delle guerre condotte da lui sul confine orientale e in Dalmazia. Naturalmente anche i secoli successivi hanno lasciato la loro impronta: la presenza di numerosi predî imperiali nei dintorni della città, la lontananza di altri centri importanti, il fiorire dell'agricoltura, specie nei suoi prodotti preziosi dell'olio, del vino e del legname, mostrano l'importanza di Pola per tutto il periodo romano. Sembra che Pola romana, sia per la sua posizione, sia per aver seguito le sorti dell'Impero d'Oriente, abbia risentito assai poco dei danni delle invasioni barbariche. Ebbe in sorte piuttosto una lenta decadenza cui dobbiamo la conservazione di tanti monumenti che ne fanno ancor oggi una delle antiche città italiane meglio conservate.
Dopo il 1148, la città rimase alla repubblica di Venezia. Distrutta nel 1379 dai Genovesi, in guerra coi Veneziani, fu da questi ultimi più tardi, riedificata. Successivamente, a causa di guerre esterne e civili e di pestilenze, e per l'avviamento del traffico su Venezia, declinò a tal segno che, alla caduta della Repubblica veneta, contava appena 300 ab. Fu occupata dai Francesi, dal 1806 al 1814; quindi incorporata nell'Impero austro-ungarico fino a quando, nel 1918, fu restituita all'Italia.
La provincia di Pola. - Il territorio (3717,3 kmq.) comprende quasi per intero l'Istria (meno la Riviera Orientale, che fa parte della provincia di Fiume) e le isole di Cherso e Lussino con le minori adiacenti. A N. e NE. si stende l'Istria Bianca, regione calcarea montuosa che supera in molti punti i 1000 metri, e raggiunge i 1396 nel M. Maggiore, dominante il Quarnaro; a questa segue la regione collinare argilloso-arenacea (Istria Grigia) che si stende attraverso tutta la penisola da Trieste a Fianona; tutta la parte meridionale è un monotono ripiano anch'esso calcareo, rivestito, particolarmente nelle bassure, dalla terra rossa derivante dall'alterazione chimica dei calcari. La superficie agraria e forestale copre 357.482 ha. (95,4% della totale) dei quali 132.280 occupati da pascoli, 113.873 da boschi, 54.747 da seminativi semplici e con piante legnose e 43.937 da piante legnose specializzate; la superficie complessiva occupata dalle colture è di 98.684 ha., meno di 1/3 dell'intera superficie. Le condizioni agricole non sono troppo fiorenti e per la natura stessa del suolo e per la scarsezza d'acqua, ma soprattutto per l'enorme frazionamento della proprietà, per cui le rotazioni sono brevissime e irrazionali, i sistemi di colture antiquati, i miglioramenti fondiarî quasi impossibili. Tra i seminativi il grano occupa il primo posto (20.198 ha. nel 1932), con un prodotto di 221.900 q. e una resa di 11 q. per ha.; seguono il mais (15.604 ha.) con 178.000 q. (11,5 q. per ha.) e le patate (12.000 ha.) e 735.000 q. con un rendimento di 63,4 q. per ha. La coltura dell'olivo, un tempo molto diffusa, ha ceduto il posto a quella della vite, che in molti luoghi ha soppiantato anche il gelso. Ristrette alle regioni più fertili sono le coltivazioni degli ortaggi e del tabacco. Dai boschi cedui (querce) che coprono ancora vaste superficie, si ricavano legna da ardere e carbone. Qualche importanza ha la pesca costiera (sardine e tonno). Le risorse minerali comprendono: il carbone liburnico della zona dell'Arsa (207.600 tonn. nel 1932); i giacimenti di bauxite (86.547 tonnellate) nell'Istria Rossa; l'arenaria silicea, adoprata nell'industria vetraria, delle cave di Roveria presso Dignano; il sale, la cui produzione nel 1932 fu di 75.401 q. Numerose sono inoltre le cave di calcare bianco, apprezzata pietra da costruzione. Le industrie riguardano le costruzioni navali (cantieri di Pola, Lussinpiccolo, S. Pietro di Pola), i cementi, i laterizî, la lavorazione della cȧnapa, le industrie chimíche (Pirano).
In corso di lavoro e in parte ultimate sono le ingenti opere di bonifica dell'Arsa (5600 ha.), della valle del Quieto e delle ex-saline di Capodistria.
La popolazione (297.526 ab. nel 1931) ha una densità di 80 ab. per kmq., inferiore a quella del Regno; fittamente popolata è una stretta fascia costiera dove si sorpassano i 200 ab. per kmq., mentre nell'Istria Bianca si raggiungono appena i 60. La popolazione sparsa prevale nella regione collinare argillosa, dove sono anche frequenti i piccoli agglomerati rurali; per il rimanente, data la difficoltà di procurarsi l'acqua, la popolazione tende a raggrupparsi. Su 40 comuni solo il capoluogo è superiore ai 50.000 ab., 7 hanno una popolazione tra i 10 e i 20 mila (Albona 14.876 abitanti, Dignano d'Istria 10.954, Rovigno 10.170, Parenzo 12.607, Pirano 14.857, Capodistria 13.555, tutti situati nella regione costiera, Pisino 19.146, posto nell'interno), 12 tra i 5 e i 10 mila, 20 inferiori ai 5000 abitanti.
Bibl.: Corpus Inscr. Lat., V, p. 3 segg.; Atti della Soc. istriana di storia patria, passim; Jahreshefte des öst. arch. Instituts, passim; Jahrbuch für Altertumskunde, passim; Jahrbuch d. K. K. zentral. Komm., 1907 segg.; P. Kandler, Notizie storiche di Pola, Parenzo 1876; G. De Franceschi, La popolazione di Pola nel sec. XV e nei seguenti, in Archeografo Triestino, XXXI; G. Caprin, L'Istria nobilissima, Trieste 1905; A. Gnirs, Führer durch Pola, Vienna 1915; G. Calza, Pola, Roma 1920; A. Morassi, La chiesa di S. Maria Formosa o del Canneto in Pola, in Bollettino d'arte, 1924-25, pp. 11-25; A. Gnirs, Istria praeromana, Karlsbad 1925; R. Soprintendenza Op. ant. e arte per la Venezia Giulia, Il R. Museo dell'Istria in Pola, Pola 1930.