POLEMONE (Πολέμων, Polĕmo) di Ilio
Erudito ellenistico di grande valore. Doveva essere già in fama nel 177-76 a. C., perché fu allora nominato prosseno di Delfi: la stessa iscrizione ci conserva anche il nome vero del padre, Milesio, mentre Suida lo chiama Euegete (allusione alla professione del figlio periegeta?). Noi sappiamo che P. ottenne ancora la cittadinanza onoraria almeno di Atene, Samo e Sicione, il che ci rivela quant'importanza nel periodo ellenistico le città della madrepatria, in genere scadute, attribuissero all'indagine delle antichità locali.
L'attività, pur varia, di P., ha il suo centro in ricerche documentarie intorno ad antichità locali, in "periegetica" del tipo più strettamente erudito; e la sua grandezza, lo spicco che anche nella tradizione antica egli ha sugli altri periegeti (e che si estrinseca nel numero tanto maggiore delle citazioni) gli deriva particolarmente dalla molteplicità degli oggetti: egli è, per così dire, erudito locale di ogni luogo, ma erudito, per quel che si vede, sempre nello stesso modo, documentario e curioso. Non a caso egli porta il nomignolo di "lapidario" (στηλοκόπας), ché la sua, ancor più che quella di Pausania, dovette essere (e i frammenti non tanto scarsi confermano questa supposizione) ricerca documentaria, non descrizione di opere d'arte. Se l'opera di Pausania tramezza tra ordine topografico e ordine sistematico, P. ha, sì, titoli che sono o possono essere topografici (Periegesi di Ilio, Intorno alla Samotracia, Dell'Acropoli, Deha Via Sacra, Dei quadri nei Propilei, Dei quadri nella Stoa Pecile di Sicione); ma accanto a questi anche titoli come Dei Tesori di Delfi: noi vediamo ancor oggi con i nostri occhi che in Delfi lungo la Via Sacra non ci erano soltanto gli edifici detti "tesori", ma anche statue, gruppi, offerte votive di ogni genere: dunque, una scelta sistematica tenuta insieme da un filo topografico. Più caratteristico ancora il titolo Sui doni votivi in Sparta: i doni votivi erano sparsi per tutta una città, che avrà del resto contenuto, oltre ad essi, molt'altro di notevole. P. rifuggiva altrettanto poco quanto Pausania da lunghi excursus: nell'opera Sull'Acropoli egli s'interessava del problema se una schiava, una liberta o una meretrice potesse nell'antica Atene chiamarsi Nemeade (Νεμεάς), e in quella stessa opera riportava letteralmente un decreto attico; colà egli narrava della sua scoperta della tomba di Tucidide, che pure era da tutt'altra parte, "in Cele presso la porta Melitidee. Ma questi lunghi excursus, differentemente che in Pausania, erano in servigio d'indagine personale, e non volti a mostrare "cultura", cultura in senso largo e basso. E lo stile dovette essere anche tutt'altro, più secco e punto pretensioso: nessuno scrittore greco che si curi di forma, spezza l'unità dell'esposizione, introducendovi documenti ricopiati letteralmente. Uno dei più lunghi frammenti di Polemone, una semasiologia della parola παράσιτος ("parassita"), consiste unicamente in una nuda serie di citazioni. Un altro frammento tratto dall''Ελλαδικός, consta addirittura di un catalogo di vasi. Ma l'‛Ελλαδικός (una periegesi generale? la stessa che gli Ελλενικα?) è citato da Ateneo come opera di dubbia autenticità, benché non sia escluso che esso fosse formato di estratti autentici delle periegesi particolari di P., compilati e uniti da un autore posteriore.
Ma se P. non era, come fu Pausania, uno stilista neppure in quegli excursus di cui ha in comune con Pausania la consuetudine, egli fu, come Pausania, un curioso. Ebbe speciale interesse per meretrici, per pitture oscene e simili argomenti piccanti: chi non ricorda che la predilezione per argomenti siffatti caratterizza un'altra classe di eruditi ellenistici, i biografi Ermippo e Istro? Pausania è, per questo rispetto, più serio. Ancora un'altra caratteristica congiunge P. e Pausania con quei dotti peripatetici, di cui il primo è, secondo ogni probabilità, l'erede diretto, intendo dire l'amore per i παραδοξα, fenomeni prodigiosi. Nell'opera certo "periegetica" intorno alla Samotracia egli narrava di aver veduto in una festa delfica porri più grossi di rape e di ravanelli. E non sarà caso che anche altrove, nell'opera contro Adeo e Antigono, in cui polemizza contro storici dell'arte e forse contro artisti (in essa egli mostra una volta tanto comprensione estetica per una pittura; la periegetica aveva evidentemente già allora una tradizione che vietava di considerare l'aspetto artistico del monumento) egli narra dell'uccello παρϕυρίων che fa la guardia dinnanzi alla porta del padrone, e, appena fiutato l'adulterio della padrona, lo denuncia impiccandosi. P. ha per di più scritto anche un libro speciale di paradossi, nei quali era nominato l'indovino Archestrato, così magro che pesava un obolo.
Abbiamo nominato sinora opere periegetiche (nel senso più largo della parola) di Polemone, inoltre le opere contro gli storici dell'arte, contro Timeo, quella paradossografica. Inoltre egli scrisse lettere filologico-antiquarie: ad Attalo I di Pergamo su attributi di dei, a Driofilo sul proverbio "sei più stolto di Morycho" (μωρότερος εἶ Μορύχου), ad Arantio, a un ignoto intorno ad ἄδοξα ὀνόματα (nomi oscuri): era un lavoro semasiologico su denominazioni decenti che avevano preso più tardi senso cattivo, e a esso apparteneva forse il frammento già menzionato intorno a παράσιτος. Agli scritti polemici appartengono, oltre a quelli già nominati, uno contro le notizie di Eratostene su Atene, contro lo scritto di Neanthe Intorno ai misteri, contro il periegeta Anassandride. Come il suo imitatore Pausania (v.), egli scrisse "fondazioni" (κτίσεις) di città focesi, del Ponto, di Sicilia e d'Italia. Che cosa contenesse l'opera Περὶ τῶν κατὰ πόλεις ἐπιγραμμάτων ("sulle iscrizioni, città per città"?) non è chiaro. Memorie particolari (ὑπομνήματα) su un'espressione spartana di Senofonte o su un personaggio di Tucidide o su un uso sacrale nel culto di Zeus rientrano nell'antiquaria. È evidente che finché avremo solo titoli e frammenti staccati non riusciremo mai a dividere le opere di P. in categorie nettamente distinte.
È dubbio in che misura P. sia stato adoprato quale fonte da Pausania e se direttamente; non v'è dubbio che gli sia servito di modello per la composizione, quantunque certamente non per lo stile.
Bibl.: Frammenti: L. Preller, Polemonis periegetae fragmenta, Lipsia 1838; C. Müller, Fragmenta Historicorum Graecorum, III, p. 108. Una ricostruzione tenta Fr. Susemihl, Gechichte der griech. Literatur in der Alexandrinerzeit, I, Lipsia 1891, p. 665; la caratteristica data qui si fonda su G. Pasquali, Hermes, XLVIII (1913), p. 176 segg.; cfr. e bibl. sotto pausania; periegesi.