POLENGHI
– Famiglia di imprenditori del settore caseario, fondatori della Polenghi Lombardo.
Il capostipite Carlo Bassiano Polenghi, figlio di Paolo e di Antonia Borsa, nacque il 23 giugno 1810 a San Fiorano, piccolo comune del Basso Lodigiano situato a pochi chilometri dalla cittadina di Codogno.
Carlo discendeva da una famiglia di fittavoli alle dipendenze dei marchesi Pallavicino-Trivulzio, proprietari di quasi tutti i beni immobili del piccolo borgo lodigiano. Nei documenti catastali relativi al centro di San Fiorano si dà notizia di acquisti di case, corti rustiche e terreni da parte dei Polenghi negli anni precedenti al 1828.
A metà degli anni Cinquanta, Carlo e i suoi fratelli, Pietro-Paolo e Bassano, erano «proprietari» di diversi edifici, censiti nel catasto urbano e in quello rurale del piccolo centro, e di terreni come «livellari» del marchese Giorgio Guido Pallavicino-Trivulzio. Gli acquisti di immobili continuarono negli anni Sessanta e Settanta, tanto che all’inizio degli anni Ottanta Carlo risultava intestatario di una decina di immobili, tra case del borgo e corti rustiche, e di un’ottantina di partite di terreni.
Negli anni successivi all’Unità, Carlo – proprietario di un’azienda agricola dotata di 120-130 ettari di terreni irrigui, o resi tali da interventi da lui stesso promossi – era un ricco possidente direttamente coinvolto nella gestione dei suoi fondi e nella valorizzazione dei suoi prodotti, in particolare del burro e del formaggio. Produttore e negoziante di latticini, era attento alle novità che stavano interessando il settore, come dimostrano alcuni articoli, pubblicati, tra il 1869 e il 1872, sul Bullettino dell’agricoltura, organo della Società agraria di Lombardia. Con tutta probabilità le sue attività furono all’origine delle relazioni con un lattaio di Codogno, Antonio Zazzera; persona di modesta origine e di limitate disponibilità finanziarie, Zazzera era però sensibile ai progressi della tecnica casearia e dotato di grande spirito imprenditoriale. L’incontro dei due lodigiani portò all’avvio, a Codogno, di un’esperienza industriale che avrebbe progressivamente modificato l’assetto tradizionale del sistema caseario lombardo.
Questo era fondato sulla lavorazione del latte presso le aziende agricole, nelle quali se ne lavoravano mediamente 6 ettolitri al giorno e si producevano al massimo 320 forme di grana all’anno, e sulla centralità dei negozianti, grossisti di latticini che avevano depositi e magazzini di stagionatura a Milano, Lodi, Pavia e Codogno.
«Borgo» più meridionale del «contado» lodigiano, a pochi chilometri da San Fiorano, Codogno era stato per secoli sede di floride iniziative commerciali, ospitando case molto attive nel commercio, anche su lunga distanza, dei derivati del latte, in particolare del grana. Sul finire del Settecento, era addirittura divenuto il centro nodale dei traffici del famoso cacio a pasta dura prodotto dalle aziende agricole nella pianura racchiusa tra Milano e Modena grazie a imprese che facevano capo ad alcune famiglie del luogo, i Ferrari, i Bignami, i Lamberti, gli Stabilini. In età napoleonica, il primato in campo caseario era stato assunto dal capoluogo ambrosiano, grazie all’attività dei suoi negozianti, dotati di vaste casere a Corsico e nel Borgo san Gottardo dei Corpi Santi della città di Milano. Codogno restava, tuttavia, negli anni a cavallo dell’unità, luogo centrale dei processi di trasformazione del latte e della messa in commercio dei suoi derivati grazie ai suoi imprenditori agricoli, ai suoi lattai e ai suoi negozianti all’ingrosso di latticini.
L’innovativa iniziativa delle famiglie Polenghi e Zazzera fu avviata nel dicembre del 1871 grazie all’accordo commerciale stretto tra Carlo e Antonio. Il 28 dicembre di quell’anno, infatti, venne costituita un’associazione in partecipazione tra la ditta Antonio Zazzera e i figli di Carlo Polenghi, nati entrambi a San Fiorano: Giovanni Pietro, detto Pietro (27 marzo 1852), e Paolo (1° aprile 1859), per la fabbricazione e il commercio di burro, formaggio e stracchini.
Il capitale sociale, pari a 121.778 lire, fu elevato a 400.000 nel 1874, quando l’accordo venne rinnovato con la costituzione della società in nome collettivo Antonio Zazzera e fratelli Polenghi. Nella prima società i fratelli Polenghi, nati dal matrimonio di Carlo con Lucia Biancardi, non ebbero alcun ruolo, essendo minorenni ed essendo al momento a Londra per ragioni di studio. Dalla capitale inglese sarebbero tornati, Pietro, nel 1874, e Paolo, nel 1878; quindi nel 1874 il vero socio di Zazzera era Carlo, che aveva versato la metà del capitale sociale dell’impresa.
Durante gli anni Settanta la società creata dalle due famiglie codognesi vide crescere del 50% il suo fatturato e riuscì sempre a distribuire utili consistenti ai soci.
Secondo una fonte ministeriale, nel 1878 l’azienda era in grado di mettere in commercio 8000 forme di grana, 10.000 forme di gorgonzola e 7000 quintali di burro. Grazie alle capacità tecniche e organizzative di Zazzera crebbero soprattutto le vendite di burro sui principali mercati europei, da Vienna a Monaco di Baviera, da Parigi a Bruxelles, a Londra.
Dal punto di vista organizzativo la Antonio Zazzera e fratelli Polenghi si poneva tra il vecchio e il nuovo del caseificio italiano. La produzione di burro e formaggio avveniva sempre nei casoni ubicati nelle antiche cascine, dove si lavorava il latte delle diverse bergamine; nello stesso tempo, però, la società gestiva una dozzina di impianti, tutti ubicati nel Lodigiano, che facevano capo alla sede amministrativa di Codogno. Il cambiamento non era solo di carattere quantitativo, l’obiettivo da raggiungere era duplice: da un lato dare omogeneità alle produzioni, dall’altro aumentare la gamma dei beni messi in commercio. In particolare, accanto ai prodotti della tradizione, come il grana, il burro, gli stracchini e il gorgonzola, si puntò a imitare i «formaggi uso svizzero» molto apprezzati sui mercati della penisola italiana.
Superati alcuni scontri tra i soci sulla definizione dei rispettivi ruoli – quello di Zazzera, come gestore dell’impresa, e quello di Carlo Polenghi, come finanziatore e prestatore di liquidità all’azienda – sul finire degli anni Settanta si pose il problema di allargare la compagine sociale. Avendo scelto di dedicasi soprattutto alla produzione del burro, utilizzando anche le nuove scrematrici centrifughe, era necessario compiere ingenti investimenti per utilizzare le quantità crescenti di latte magro disponibile e ottenere altri prodotti, specialmente latte condensato. Nell’aprile del 1879 fu così fondata un’accomandita semplice, la società Zazzera, Polenghi, Lombardo, Cirio & C., con un capitale di 1.400.000 lire. La sede sociale restava a Codogno, ma erano attivate succursali a Lodi e a Cremona. Nell’impresa confluirono gli impianti di Codogno della ditta Zazzera e Polenghi e la casera di Carlo Polenghi a San Fiorano; a questi si aggiunsero gli edifici di produzione e stagionatura conferiti dai nuovi soci, Antonio ed Egidio Lombardo e Francesco Orlandelli.
La vocazione all’esportazione dell’azienda fu evidenziata dalla partecipazione alla compagine sociale del commerciante piemontese Francesco Cirio, imprenditore del settore conserviero che, dagli anni Sessanta, aveva avviato floridi commerci di esportazione di generi commestibili dall’Italia alle più importanti città europee.
Per sviluppare ulteriormente le vendite all’estero di burro, la nuova società creò una succursale nella capitale inglese, denominata Polenghi Brothers, affidata al poco più che ventenne Paolo Polenghi. Iniziava così l’avventura londinese, come imprenditore, del secondogenito di Carlo. Paolo sarebbe rimasto a Londra quasi quarant’anni, curando gli interessi della nuova società e quelli della famiglia, gettando le basi di altre due società, la Continental fruit packing company e la S. Erasmo export preserving company, aziende dotate di impianti di inscatolamento di frutta e verdura a Napoli e a Pagani (Salerno). Sempre nella capitale inglese Paolo avrebbe contribuito alla fondazione, nell’ottobre del 1886, della Camera di commercio italiana di Londra, assumendone anche il ruolo di presidente.
Uscito di scena Zazzera nel novembre 1879, a causa di contrasti di carattere finanziario con Carlo, la Polenghi Lombardo, guidata da Pietro Polenghi e Francesco Orlandelli, continuò a incrementare le sue attività, puntando ancora una volta sulla produzione di burro e dedicandosi, in misura crescente, alla stagionatura e al commercio del gorgonzola.
Non è noto il ruolo di Carlo Polenghi nella nuova società, mentre sono certi il suo coinvolgimento, come persona esperta, in un importante momento istituzionale a livello milanese e gli incarichi svolti come amministratore locale a San Fiorano. In particolare, nei primi anni Ottanta fu tra gli operatori interrogati dalla Commissione provinciale di Milano incaricata di raccogliere informazioni ai fini della revisione delle tariffe doganali.
Dopo il febbraio 1889, con l’uscita dalla società di Cirio, la leadership nell’impresa – ora denominata Polenghi Lombardo e C. – passò definitivamente nelle mani dei due ormai affermati fratelli Pietro e Paolo Polenghi. Non fu dunque casuale la scelta di realizzare, nel 1896, il primo impianto industriale della società a San Fiorano.
Il nuovo stabilimento, voluto per la produzione di burro con fermenti selezionati, fu allestito con macchinari provenienti dalla Danimarca e con la consulenza di personale tecnico proveniente da quel Paese. Qualche anno dopo, a Lodi, entrava in funzione una grande latteria; lo stabilimento, tra i più moderni d’Italia, dava lavoro a un centinaio di operai ed era in grado di trasformare in latticini, essenzialmente in burro, fino a 500 ettolitri di latte al giorno.
Al momento della scomparsa di Carlo Polenghi, avvenuta a San Fiorano il 13 novembre 1899, la ditta Polenghi Lombardo e C. presentava un’invidiabile solidità finanziaria. Le attività, valutate 5.576.921 lire, comprendevano terreni e stabilimenti nel lodigiano, macchinari e scorte, nonché depositi e filiali a Milano, Cremona, Pavia, Londra, Somaglia (Lodi), Longhinore (Cremona), Acquanegra Cremonese e alla Cascina Gerolone nel comune di Fombio (Lodi).
All’aprirsi del nuovo secolo, Pietro e Paolo Polenghi decisero di ampliare ulteriormente l’impresa della quale erano gerenti e azionisti di riferimento, coinvolgendo nuovi soci per incrementare le attività, soprattutto la produzione di burro e la vendita dello stesso sulla piazza londinese. Nell’estate del 1900 fu creata a Milano un’anonima con il nome di Società di esportazione Polenghi Lombardo e C., dotata di un capitale di 3 milioni di lire. La nuova azienda, con sede legale a Codogno, aveva come soci i fratelli Polenghi, con il 35% del capitale, affiancati dai tradizionali alleati, i fratelli lodigiani Antonio ed Egidio Lombardo; a essi si unirono il deputato lodigiano Giuseppe Cornalba, alcuni esponenti della borghesia lodigiana e uomini del mondo finanziario ambrosiano, Ruggero Dollfus e Alberto Weill-Schott, in rappresentanza della Società bancaria milanese, e il ragioniere Angelo Pogliani, in rappresentanza della Banca di Busto Arsizio. Pietro Polenghi fu nominato presidente e direttore generale della società, facoltà di firma ebbero anche Paolo Polenghi ed Egidio Lombardo.
Negli anni immediatamente successivi, l’impresa avviò una politica di espansione coronata da successo. Attraverso il potenziamento e l’ammodernamento degli impianti esistenti, specialmente di quelli di Lodi e Codogno, e il controllo di latterie sociali e private nel Piacentino, nel Cremonese e in Lomellina, la Polenghi divenne la principale esportatrice italiana di burro; in quel torno di tempo l’impresa, che aveva evidenti aspirazioni oligopolistiche, acquistava latte da 600 aziende agricole e ne trasformava ogni giorno circa 1200 quintali.
La continua espansione voluta dai fratelli Polenghi non produsse risultati economici sempre positivi; nel 1904, in particolare, si dovette affrontare un momento di grave difficoltà. In tale situazione emerse con chiarezza un netto contrasto «tra l’atteggiamento commerciale e quello industriale, che vedeva da un lato schierati i fratelli Polenghi, che mantenevano una forte vocazione finanziaria speculativa, e dall’altro il resto del consiglio di amministrazione e dei sindaci, più attenti al rapporto tra il capitale immobilizzato e andamento della produzione» (Arioli - Cattaneo, 2002, p. 331). Per il momento la leadership interna dei fratelli Polenghi non venne messa in discussione; ma gli amministratori dovettero ridurre l’impegno commerciale puntando maggiormente sulla produzione diretta.
Ai fratelli Polenghi – per i loro meriti imprenditoriali – fu conferito il cavalierato del lavoro, rispettivamente nel 1910 e nel 1912. Paolo, in particolare, ebbe modo di mettere a frutto la sua grande inventiva e la sua audacia imprenditoriale grazie all’osservatorio londinese dal quale poteva conoscere lo scenario mondiale del settore e godere di contatti internazionali. Lo scoppio della Grande Guerra bloccò le esportazioni, riducendo il rilievo della succursale londinese, tanto che dal 1918 Paolo tornò a risiedere in Italia.
Al termine del conflitto la Polenghi Lombardo si presentava come un’anonima con un capitale di 5 milioni, interamente versato, con sede a Codogno; a quella data la società possedeva «numerosi stabilimenti sparsi su una vasta area tra il Lodigiano, il Cremonese, il Piacentino» (Fumi, 2009, p. 73). Le latterie industriali in esercizio erano cinque (Lodi, Secugnago e San Fiorano nel Lodigiano, Sospiro nel Cremonese, e Castel San Giovanni nel Piacentino); a questi impianti si aggiungevano quattro latterie minori e sette caselli tradizionali. Completava la serie degli impianti uno stabilimento chimico per il raffinamento dei prodotti del latte magro.
I verbali del Consiglio di amministrazione (Cda) del periodo compreso tra il 1915 e l’aprile del 1920 corroborano l’idea di un’azienda saldamente controllata dai fratelli Polenghi e da uomini vicini alla famiglia. Segni evidenti di questa situazione si colgono in alcune deliberazioni, come quella del novembre 1916, quando si stanziarono 10.000 lire a favore di un comitato che, a Codogno, doveva occuparsi delle onoranze funebri per Annetta Bignami, la moglie di Pietro morta nel 1915, e per la «consorte» di Paolo, Lily Maxwell, scomparsa nel 1916. Allo stesso modo il consiglio non ebbe difficoltà, nel 1918, ad assegnare il ruolo di direttore ad Angelo Polenghi, figlio di Pietro, né a rieleggere – nella seduta dell’aprile 1920 – Paolo Polenghi membro del Cda per il quadriennio 1920-23 e, per acclamazione, a confermarlo nella carica di vicepresidente. Due mesi dopo la situazione mutò radicalmente e il ruolo dei Polenghi ai vertici della Società cominciò a essere oggetto di contestazioni. Il primo scontro si ebbe nel giugno, quando, durante una riunione del Cda, il sindaco Eugenio Novello, amministratore della Banca popolare di Lodi, mise in discussione la consuetudine di concedere a Paolo Polenghi un’indennità annuale in cifra fissa per la sua permanenza a Londra, ma la questione era, in realtà, ben più complessa.
Come documentato dalla stampa locale, nel luglio dello stesso anno, i dirigenti del Consorzio agrario di Lodi organizzarono le diverse associazioni agrarie lodigiane al fine di giungere al controllo della Polenghi Lombardo. E in effetti, nello stringato verbale della riunione dell’8 settembre 1920 del Cda, si apprende delle dimissioni da tutte le cariche dei fratelli Polenghi, di Angelo Polenghi e di altri tre consiglieri vicini alla famiglia. Il cambiamento definitivo si ebbe con l’assemblea straordinaria della società del successivo 30 settembre e con la riunione del nuovo Cda del 3 ottobre. Da queste riunioni uscì un Cda allargato da otto a quindici membri e profondamente rinnovato. Dei vecchi amministratori rimasero in carica Antonio Lombardo, Riccardo Vallerani e Angelo Polenghi; ma il presidente e il vicepresidente erano uomini ai vertici del Consorzio agrario di Lodi: l’ingegnere Emilio Morandi e il cavaliere Giuseppe Premoli. Vallerani e Polenghi mantenevano la carica di direttori generali, ma sulla scena si affacciava un altro uomo del Consorzio, l’ingegnere Angelo Ferrari che ben presto avrebbe assunto un ruolo decisivo nell’azienda.
Paolo Polenghi, dopo il cambio dei vertici non si interessò più dell’azienda, pur restando azionista della stessa. Tornato a San Fiorano, si dedicò alla cura delle sue proprietà agricole.
Spirito irrequieto e innovatore, non si limitò a condurre un’esistenza di puro rentier nella vasta tenuta del Basso Lodigiano, ma si impegnò attivamente per migliorare le sue proprietà. In particolare trasformò una parte dei suoi vasti possessi in un’azienda agricola modello, il Podere di San Fiorano, impiantando un vivaio di piante da frutto, da reddito e ornamentali, dedicandosi anche alla produzione di fiori e di sementi di ortaggi.
Paolo morì a Milano il 27 settembre 1924, lasciando i suoi beni alla figlia naturale Paolina (1897-1969), avuta da una domestica, Emma Ravanello, e riconosciuta come erede legittima poco prima della morte.
Pietro Polenghi, al contrario del fratello, continuò a partecipare alla vita della società che aveva contribuito a fondare, senza più assumere ruoli dirigenziali.
Pietro morì a Codogno l’11 marzo 1932. Dal matrimonio con Annetta Bignami erano nati tre figli maschi, Carlo (1882), il ricordato Angelo (1886) e Paolo (1890); Carlo e Paolo morirono in giovane età e l’unico erede, Angelo, non seppe dare continuità alle iniziative imprenditoriali del padre e dello zio.
Angelo Polenghi, che pure alle riunioni del Cda, negli anni Venti e Trenta, aveva partecipato con un ruolo rilevante, assunse in seguito una posizione sempre più marginale. Mantenne ancora cariche amministrative fino alla sua scomparsa, ma di fatto la guida della società fu nelle mani del ricordato Ferrari. Angelo morì suicida nel marzo 1951 in una fase di grande difficoltà finanziaria della società, superata solo grazie al passaggio della Polenghi Lombardo sotto il controllo della Federconsorzi.
Fonti e Bibl.: La documentazione relativa agli immobili posseduti da Carlo Polenghi a San Fiorano è conservata nell’Archivio di Stato di Milano, fondo Catasto, bb. 8786, 8786 bis. Notizie biografiche su Carlo, Pietro e Paolo Polenghi si trovano nell’Archivio parrocchiale e in quello comunale di San Fiorano. Gli atti costitutivi delle prime tre società partecipate da Carlo e dai suoi figli sono rintracciabili negli atti del notaio Bassano Dossena di Codogno. I verbali delle riunioni del Cda e delle assemblee generali degli azionisti della Società di esportazione Polenghi Lombardo, relativi al primo trentennio del Novecento, sono conservati presso l’Archivio storico comunale di Lodi. L’atto costitutivo della Società di esportazione Polenghi Lombardo, 3 luglio 1900 a rogito dottor Allocchio, e lo statuto sono pubblicati in Bollettino delle società per azioni, 1900, fasc. 27 bis. Tra le fonti a stampa si vedano: C. Polenghi, Vantaggioso e nuovo metodo di colorire il formaggio, in Bullettino dell’agricoltura, 1869, 2 ottobre; Id., Caseificio. All’onorevole Direzione della Società agraria di Lombardia, in Bullettino dell’agricoltura, 1872, 16 febbraio, pp. 29 s.; Inchiesta per la revisione della tariffa doganale. Prodotti agricoli locali e loro derivati. Risposte della Commissione provinciale di Milano, Milano 1884, risposte al questionario n. 27 sul burro del signor P. C., pp. 131-133; risposte al questionario n. 28 sui formaggi del signor P. C., pp. 147-149; I nostri commercianti all’estero, in Il Po. Gazzetta di Codogno e mandamenti limitrofi, 1886, 4 dicembre, p. 1; Emissione azioni Società di esportazioni Polenghi Lombardo, in Il Po. Gazzetta di Codogno e mandamenti limitrofi, 1900, 15 dicembre, pp. 1 s.; Una nuova società industriale, in ibid., 14 luglio, p. 1; V. Alpe, La latteria Polenghi Lombardo, in Agricoltura moderna, 1903, 31 maggio; Un’impresa grandiosa, in Corriere dell’Adda, 1920, 29 luglio; G. Soresi, Alla memoria del comm. Paolo Polenghi, in L’agricoltura milanese, 1924, 2 ottobre; necr. di Pietro Polenghi, in Latte e latticini, 1932, 3, p. 70; Società di esportazione Polenghi Lombardo. Industria del latte. Società anonima. Capitale sociale L. 25.000.000 interamente versato. Sede in Lodi, Milano s.d. [primi anni Trenta del Novecento].
Tra le ricostruzioni di carattere storico, relative al territorio e all’industria casearia: G. Cairo - F. Giarelli, Codogno e il suo territorio nella cronaca e nella storia, Codogno 1897; G. Fascetti, Sulle vicende del caseificio italiano, in L’Italia agricola, LXIII (1926), pp. 578-582; P. Ferrari, L’industria del latte in Italia, Piacenza s.d. [post 1970], pp. 164 s.; E. Ongaro, Istituzioni economiche nel Lodigiano degli anni Venti, in Movimento contadino e fascismo nel Lodigiano (1915-1930), a cura di B. Bezza, Milano 1983, pp. 110-113; M. Milani, La produzione e il commercio del formaggio nel Basso Lodigiano tra fine Ottocento e primo conflitto mondiale, tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 1994-95; F. Mandressi, L’industria casearia dall’Unità agli anni Trenta. Il caso Galbani, tesi di laurea, Università degli studi di Milano, a.a. 1998-99, pp. 127-134; Id., La nascita del caseificio industriale in Lombardia, in Annali di storia dell’impresa, 1999, n. 10, pp. 565-591; N. Arioli - F. Cattaneo, La nascita dell’industria lattiero-casearia nel Lodigiano, in Oro bianoco. Il settore lattiero-caseario in Val Padana tra Otto e Novecento, a cura di P. Battilani - G. Bigatti, Lodi 2002, pp. 271-346; G. Fumi, L’economia lodigiana tra Ottocento e Novecento. Percorsi e protagonisti, Lodi 2009, pp. 64-84; A. Zambarbieri, San Fiorano. L’antichità, il lavoro, la cultura, Crema 2009, pp. 362-419; L. Cavazzoli, La Polenghi Lombardo e le istituzioni sperimentali e formative del Lodigiano, in Storia in Lombardia, XXIX (2010), 1, pp. 5-40; C. Besana, Tra agricoltura e industria. Il settore caseario nella Lombardia dell’Ottocento, Milano 2012, ad indicem.