POLI-RANDACCIO, Ernesta detta Ernestina (Tina)
– Nacque a Ferrara il 13 aprile 1879, da Giorgio Poli e Teresa Alberghini. Studiò canto nel Conservatorio Gioachino Rossini di Pesaro con il tenore Gaetano Ortisi (Terranova 1844 - Milano 1929), artista di chiara fama, che tra il 1873 e il 1892 svolse una brillante carriera nei teatri italiani e stranieri, specie in Sud America. Nel settembre 1902, al teatro Sociale di Bergamo, debuttò come Amelia in Un ballo in maschera di Verdi. In quell’occasione Riccardo fu il tenore Ruggero Randaccio, che nei primi anni della carriera fu suo partner in Italia e all’estero; si sposarono nel 1904. Nel 1903 fu al teatro Vittorio Emanuele di Messina, Maddalena nell’Andrea Chénier di Umberto Giordano, indi comparve in America Latina, a Rio de Janeiro, 1904, e São Paulo, 1905, alternando titoli della Giovane Scuola ad alcune opere di Verdi, in ispecie Un ballo in maschera. Nel 1905 fu a Porto, Lucrezia Borgia di Donizetti, nel 1906 al São Carlos di Lisbona, Elisabetta nel Don Carlo, e a Città del Messico, nel 1907 a Bucarest, Un ballo in maschera, Trovatore e Ernani.
Il 6 gennaio 1908 debuttò in Amica di Pietro Mascagni al Regio di Parma: da gennaio a ottobre, sotto la direzione del compositore, portò l’opera in tournée al Verdi di Ferrara, al Civico di Fiume, al Verdi di Firenze, all’Ariosto di Reggio nell’Emilia, allo Storchi di Modena, al Duse di Bologna, al Politeama Rossetti di Venezia, al Sociale di Gorizia, al Verdi di Vicenza, al Ristori di Verona, all’Alighieri di Ravenna, alle Muse di Ancona, alla Fenice di Senigallia, al Morlacchi di Perugia, al Vittorio Emanuele di Rimini, al Comunale di Cesena e di Forlì, al Mabellini di Pistoia e all’Adriano di Roma, ricevendo il plauso unanime della critica: «La signora Poli-Randaccio fu un’ottima protagonista che superò mirabilmente la difficoltà della tessitura della sua parte, e seppe farsi ammirare in tutti i brani affidati al suo canto e alla sua ammirabile arte scenica» (L’arte melodrammatica, IV, 11 gennaio 1908, p. 7).
Alla Scala di Milano cantò sporadicamente, ma in occasioni importanti, a partire dalla ‘prima’ locale, il 29 dicembre 1912, della Fanciulla del West di Giacomo Puccini, come Minnie, a fianco del tenore Giovanni Martinelli: si segnalò come ottimo esempio di cantante-attrice («Sulla scena un po’ di orgasmo tolse sulle prime alla Poli-Randaccio ed al tenore Martinelli quella sicurezza che avevamo notato in loro durante la prova generale. Ma dopo il I atto sia l’uno che l’altro furono ottimi interpreti delle loro parti. La Poli Randaccio è una cantatrice di buona scuola e di buon accento, un’attrice intelligente ed efficace» (Corriere della sera, 30 dicembre 1912). Le stesse doti poté mettere di nuovo in bella luce alla prima assoluta di un’opera di Franco Alfano, L’ombra di Don Giovanni, il 2 aprile 1914 («L’esecuzione fu veramente ottima da parte dell’orchestra e della Poli-Randaccio», la quale «fece del personaggio di Vannina una vera creazione: superò ... con valentia le difficoltà tecniche d’una parte terribilmente acuta e si rivelò una volta di più un’artista piena di intelligenza e di vigore nella riproduzione drammatica del personaggio» (Corriere della sera, 3 aprile 1914) e ancora alla prima assoluta della prima versione di Parisina di Mascagni, il 15 dicembre 1913, accanto a Hipólito Lázaro, tenore spagnolo di grande spicco, e al baritono Carlo Galeffi. Il 10 febbraio 1914 fu Gisca alla prima assoluta di Abisso di Antonio Smareglia. Nel 1918 vi cantò Aida di Verdi, alternandosi a Gemma Lebrun.
Al Teatro Costanzi di Roma debuttò il 5 aprile 1913 nella Fanciulla del West, che ripropose nel 1915 e nel 1925; nel 1915 cantò anche Tosca di Puccini, con Lázaro e il baritono Riccardo Stracciari, oltre a La Gioconda di Amilcare Ponchielli, eseguita anche nel 1920 e nel 1926; nel 1925 si produsse in Aida e nel Trovatore di Verdi, che riprese nel 1928, per una sola recita, ma accanto a Giacomo Lauri-Volpi.
Al San Carlo di Napoli debuttò il 3 dicembre 1911 nella prima locale della Fanciulla del West con Giovanni Martinelli, che ripeté nel 1921; vi tornò nel marzo del 1915 per La Gioconda, ripetuta nel 1928, nel 1924 per Il trovatore, ripreso nel 1926, nel 1925 per Tosca e Aida, nel 1927 per Turandot di Puccini. In quegli anni comparve su numerose ribalte italiane di primaria importanza, ma anche della buona provincia, dal Regio di Parma al Donizetti di Bergamo, dal Massimo di Palermo al Lirico e al Dal Verme di Milano. Si produsse nuovamente in America Latina, al Lírico di Rio de Janeiro, dove nel 1910 fu protagonista nella Wally di Alfredo Catalani e nel 1911 del Tristano e Isotta di Wagner, al Colón di Buenos Aires, al Nacional dell’Avana. Nel 1913 fu di nuovo Minnie all’Opéra di Montecarlo, mentre nel 1920 cantò Tosca al Covent Garden di Londra, elogiata per la forte partecipazione emotiva, ma criticata per uno stile di canto non sempre regolare. La carriera terminò negli anni Trenta; le ultime apparizioni avvennero al Comunale di Bologna nella Turandot (1934), al Giordano di Foggia nella Tosca e al Comunale di Modena nella Bohème (1936).
Morì a Milano il 1° febbraio 1956.
Si accostò per la prima volta al disco al termine del secondo decennio di attività: incise una serie di acustici per la His Master’s Voice con pagine tratte dai suoi cavalli di battaglia, aggiungendoci Deh! non volerli vittime dalla Norma di Bellini. Tra il 1927 e il 1929, per la Fonotipia di Milano, incise una serie di duetti e di pagine concertate: spiccano i duetti dall’Aida e dal Trovatore con il baritono Giovanni Inghilleri; al 1928 risale il monologo Suicidio! dalla Gioconda di Ponchielli.
«La Poli-Randaccio eccelleva per la forza delle note basse dal timbro quasi mascolino, in contrasto con le acuti, sferzanti. La tragicità di Gioconda vi traluceva in tutta la sua disperazione, massime nel duetto del 2o atto. Nessuna voce esplose mai con tanta schiettezza ed irruenza nel duetto T’amo come il fulgor del creato, nella gara di passione e di sfida con Laura, còlta in adulterio. La mezzo-soprano scompariva di fronte alla voce madornale di Gioconda. [...] [La Poli-Randaccio] non esitava ad esporsi all’avventura della musica verdiana, scarnita, non sorretta da grandiosità e opulenza orchestrale»: questo il ritratto che ne tracciò Lauri-Volpi (1955, pp. 86 s.; poi ripreso da Celletti, 1964). Il celebre tenore accosta Poli-Randaccio a Lina Pasini Vitali, una delle voci eminenti con le quali il soprano ferrarese si dové misurare, e che spesso le contesero il passo nei teatri, da Salomea Krusceniski ad Amelia Pinto, da Amelia Karola a Gilda Dalla Rizza, da Eva Turner a Emma Carelli. Ebbe voce di soprano spinto, se non drammatico, e un repertorio incentrato su tre titoli verdiani (Il trovatore, Un ballo in maschera e Aida), sul capolavoro della Scapigliatura (La Gioconda) e su melodrammi veristi, dalla vocalità sostanzialmente retrospettiva di Cavalleria rusticana ad Amica, Parisina, Tosca, La fanciulla del West, Turandot e Abisso, tutte parti contrassegnate da un canto teso sino alla spasimo, che esigeva voci assai resistenti. Lo stesso dicasi peraltro delle parti wagneriane che tenne in repertorio, Isotta nel Tristano e Brunilde nel Sigfrido, sempre cantati in italiano.
I dischi confermano l’imponenza della voce, la forza di penetrazione dei suoni, il metallo pregevole, sostenuti da una buona tecnica che le consentiva sia il canto legato sia la declamazione incisiva, ma anche vibranti pianissimo in uno stile – tipico del suo tempo e della scuola verista – che volentieri ricorreva a un forte vibrato (una propensione spiccata nei soprani italiani dell’epoca), ai portamenti molto accentuati, ai rapidi trapassi di registro, alle intonazioni tubate nel petto per accrescere l’effetto delle note gravi. La ricerca di un vigoroso realismo sentimentale, caro al gusto del pubblico, va contestualizzato in un’epoca che, come dimostra per esempio l’incisione dell’aria di Amelia nel second’atto del Ballo in maschera,prestava a Verdi accenti incandescenti. Alle doti canore e al temperamento si aggiungeva la bella figura, testimoniata dalla documentazione iconografica (Scott, 1979, p. 79), e una scaltrita arte scenica: in questo senso Poli-Randaccio è un valido esempio di quel genere di cantante-attrice caro al ‘naturalismo’ musicale d’inizio Novecento alla cui definizione concorsero anche le dive del cinema muto, che, se nelle loro pose spesso presero a modello le prime donne, a loro volta di rimando le ispirarono.
Fonti e bibl.: G. Lauri-Volpi, Voci parallele, Milano 1955, pp. 86 s.; R. Celletti, s. v., Le Grandi voci, Roma, 1964, pp. 655 s.; M. Scott, The Record of Singing: 1914-1925, Londra 1979, pp. 78-80; G. Landini, I grandi cantanti di Casa Sonzogno, in Casa Sonzogno, a cura di M. Morini, N. e P. Ostali, Milano 1995, I, p. 206; K.J. Kutsch - L. Riemens, s. v., Großes Sängerlexikon, IV, Bern-München 1997, p. 2772; J. Steane, s. v., The new Grove dictionary of music and musicians, XX, London 2001, p. 33; A. Mallach, Pietro Mascagni and his operas, Boston 2002, ad ind; J. Kesting, Die Grossen Sänger, Kassel 2010, pp. 336 s.