polisillabi ossitoni, accento grafico sui [prontuario]
Una delle funzioni dell’➔accento grafico è quella di indicare quale tra le sillabe di una parola sia accentata, cioè abbia prominenza rispetto alle altre. L’accento può essere distintivo coi monosillabi: è copula ~ e congiunzione, né ~ ne. Nei polisillabi che si distinguono solo per la posizione dell’accento, esso non è marcato nell’➔ortografia italiana (negli esempi seguenti lo si nota solo per evidenza): àncora ~ ancóra, càpitano ~ capitàno. È però obbligatorio segnarlo sui polisillabi che abbiano l’ultima sillaba accentata (ossitoni o, secondo la terminologia tradizionale, tronchi): capitanò (passato remoto di capitanare).
Il gruppo dei polisillabi con accento grafico è nutrito e contiene, tra gli altri:
(a) gli invariabili in -tà: felicità, libertà e in -tù: gioventù, servitù (hanno comune origine da forme latine ‘tagliate’ per apocope: felicitatem, servitutem);
(b) molti esotismi adattati: scimpanzé, colibrì;
(c) le forme di prima e terza persona singolare del ➔ futuro: mangerò, correrà, dormirò e (con l’eccezione dei verbi in -ere) di terza persona singolare del passato remoto: mangiò, dormì;
(d) i composti di monosillabi: nontiscordardimé, tiramisù, doposcì, gialloblù, lunedì e i ► numerali con tre: ventitré, centotré, ecc. (in questi casi, però, le grafie non accentate, benché non corrette, sono abbastanza frequenti).
L’accento grafico si scrive su tutte le vocali finali toniche, salvo che su alcuni monosillabi (il Po, un po’; ► accento grafico). Nel caso di e e o può indicare anche, attraverso l’inclinazione del segno, il ➔ timbro: aperto in però (accento grave), chiuso in perché (accento acuto). L’italiano ha poche parole che terminino in o accentata (cocoricò, falò, filò, oblò, popò, e poche altre).
In volumi a stampa anche recenti ci si può imbattere in esempi di accenti gravi al posto di acuti o viceversa. A ciò si aggiunge che alcuni editori (come Einaudi per antica tradizione) pongono accenti acuti sulla i e sulla u (virtú). La percezione della differente funzione dell’accento acuto o grave non è immediata, e ancora meno lo è la certezza del corretto impiego. Un ruolo non trascurabile nell’alimentare confusione è svolto anche dalla scuola, che da tempo non insegna la distinzione e non censura l’uso frequente dell’accento ‘a barchetta’, che sostituisce in un solo tratto i distinti acuto e grave; sono quindi errori a tutti gli effetti scritture come partiră, bebĕ, o Perŭ.