SPINOLA, Polissena (nata Grimaldi)
– Nacque a Genova nel 1540 da Nicolò Grimaldi, principe di Salerno e duca d’Eboli, e da Giulia Cibo dei signori di Massa, pronipote di Innocenzo VIII.
Per la sua immensa ricchezza, frutto del patrimonio avito e dell’intensa attività bancaria e commerciale di livello europeo, Niccolò era detto ‘il monarca’ e certo si trattava di uno dei primi uomini di Genova, finanziatore di Carlo V e ben inserito alla corte papale. Polissena crebbe fra numerosi fratelli e sorelle. Prima di lei erano nati Agostino, duca di Eboli, sposato poi con Leonora Cibo Malaspina, Meroaldo, marchese di Diano, Luciano, Aurelia e Lucrezia. Dopo di lei vennero Eliana e forse altri cinque fratelli (tre maschi e due femmine, Cassandra e Pellina). A differenza delle ‘ragazze Balbi’ (Grendi, 1996), alcune delle quali presero la via della monacazione, tutte le figlie Grimaldi contrassero matrimoni vantaggiosi e ben dotati. Aurelia e Lucrezia furono date in moglie rispettivamente a Nicolò Doria e ad Antoniotto Pallavicino, Eliana a Sinibaldo Doria e le altre due sorelle minori a due Lomellini, Stefano e Baldassarre.
Polissena sposò Filippo Spinola, duca del Sesto e di Venafro, di poco più vecchio di lei (era nato nel 1536), assicurando alla famiglia l’unione con un nobile genovese titolato quanto Nicolò di feudi meridionali in vista di un ancor maggiore consolidamento patrimoniale. Già accasata, nel 1574 Polissena venne celebrata dal musicista calabrese Gasparo Fiorino in una delle sue Canzonelle a tre et a quattro voci dedicate a centocinquantacinque dame genovesi, fra le quali le figlie di Nicolò.
Figurandovi come ‘Polisena Grimalda del signor Filippo Spinola’, di lei si lodava specialmente il carattere dolce e composto («Nei bei vostr’occhi Amore / così gentil si mostra et così umano / ch’indi i suoi stral mai non aventa invano / et dal soave riso / o Polisena, sparge una tal fiamma / che in chi lo mira d’alto incendio infiamma. / Ogni parola poi, / et ogni atto gentil de la persona/ degna vi fanno di portar corona», Fiorino, 1574, p. 27). Al di là dei toni convenzionali, il testo doveva cogliere uno dei tratti della sua personalità, la dignità consapevole del rango quasi regio.
Da Filippo Polissena ebbe sette figli, cinque femmine e due maschi: il futuro, celebre Ambrogio, generale nelle Fiandre, nato nel 1569, e Federico, di due anni più giovane. Le fanciulle furono fatte sposare con una dote di 50.000 scudi ciascuna, intessendo nuovi legami con gli Imperiale, i principi di Valdetaro, i Landi, i Grimaldi di Gerace, i Pallavicino e gli Spinola di San Pietro in Galatina.
Fonte di tali informazioni è l’interessante, ancorché agiografica, Vita del marchese Ambrogio Spinola del giureconsulto genovese Filippo Casoni (1691). Qui si tratteggia una genealogia degli Spinola che dà spazio a Filippo, già ricchissimo («onde i di lui figliuoli, per acquistarsi ricchezze, non ebber bisogno di attendere alla mercatura», p. 10), ma soprattutto a Polissena in qualità di sposa esemplare, «donna di rara castità e di costumi virtuosi» (ibid.), assai prodiga nel dedicarsi alla famiglia.
La madre fu essenziale nell’educazione della prole e soprattutto nell’orientamento delle carriere dei due maschi. «Aveva Polissena sortiti dalla natura spiriti grandi e come che era nata fra le grandezze ed il comando in una casa conspicua, e con non minor splendidezza era stata trattata dal marito, aveva da ambi appresi tratti e sentimenti nobilissimi, che la facevano superiore al sesso stesso, con un certo genio misto di pietà e di spirito virile» (p. 11).
Al netto dei topoi, consapevole del prestigio del lignaggio di provenienza e di quello della casata dello sposo scomparso precocemente, Polissena fece dunque istruire i due ragazzi nella scherma, nell’equitazione e negli esercizi cavallereschi, insistendo sulla storia e sulla matematica per Ambrogio, che prediligeva quelle materie, e sulla scienza per Federico il quale, pur inclinato alla disciplina militare, era destinato, pare sempre per volere materno, alla carriera ecclesiastica. Per questa ragione egli fu inviato a studiare legge presso l’Università di Salamanca, mentre Ambrogio restò a Genova continuando a prepararsi in matematica e restando alieno a ogni tipo di «divertimenti pericolosi» («Giovò in questo ad Ambrogio la prudenza della madre», p. 12). Tuttavia Federico rientrò presto in Liguria e, formatosi con il fratello, a diciannove anni si recò a combattere nelle Fiandre agli ordini di Alessandro Farnese.
Ormai orfani entrambi da anni, poterono infatti scegliere di dedicarsi al mestiere delle armi, Ambrogio mostrando notevoli competenze in fatto di fortificazioni, strategia e balistica. Tali nozioni, unite al legame con Federico e all’ammirazione per le sue imprese guerresche, lo indussero a lasciare la città natale non appena si manifestarono forti attriti tra il casato materno dei Grimaldi e i Doria per l’elezione del doge nel 1597. Agostino Doria fu sconfitto dal candidato Lazzaro Grimaldi Cebà, sostenuto da Ambrogio Spinola. Tuttavia Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi, aveva iniziato a intaccare le sostanze di Nicolò Grimaldi, morto intorno al 1594 gravato da alcuni debiti salienti, finendo per acquistare lo splendido palazzo del principe di Salerno a vantaggio del figlio Carlo Doria, duca di Tursi e generale delle galere repubblicane. Si apriva così anche per Ambrogio la via delle Fiandre in seno all’esercito spagnolo, lontano da una Genova ormai poco accogliente per lui e invece pienamente inserito ai vertici della monarquía hispana.
Grazie ai pochi riscontri disponibili sappiamo che Polissena morì a quarantacinque anni, nel 1585.
La sua memoria fu onorata dal figlio Ambrogio, ormai marchese di Los Balbases, il quale, ricordandola, ne diede il nome alla prima delle sue figlie, nata dalle sue nozze con Giovanna Basadonne – figlia del duca di Gallarate e signor di Tripalda Giovanni – nozze celebrate nel 1592 con una dote di 500.000 scudi. Anche quest’altra Polissena (morta nel 1639) fu consegnata a un’unione importante e a un sicuro orientamento filospagnolo. Nel 1627 ella si sarebbe infatti accasata con Diego Mexía de Guzmán (1580-1655), marchese di Leganés, nominato governatore dello Stato di Milano nel 1635, dando alla luce Gaspar, militare sulle orme del nonno e del padre, e il futuro arcivescovo Ambrosio. Antoon Van Dyck la ritrasse due volte: una intorno al 1622, seduta su una sedia e severamente abbigliata alla spagnola (il ritratto si conserva al Museo nacional del Prado di Madrid), l’altra nel 1630, con un magnifico abito dalle ricche maniche in seta bianca e fiocchi dorati di proprietà della National Gallery of art di Washington: vi compare in piedi con lo sguardo fiero e compunto, testimone e protagonista dell’ultimo tempo del siglo de oro di Genova e della monarchia ispanica.
Fonti e Bibl.: G. Fiorino, Canzonelle a tre et a quattro voci della città di Rossano, musico, in lode et gloria di alcune signore et gentildonne genovesi, Venezia 1574, p. 27; F. Casoni, Vita del marchese Ambrogio Spinola, l’espugnator dele piazze, descritta da F. Casoni et dedicata all’eccellentissimo signor Francesco Maria Spinola, duca di San Pietro in Galatina, Genova 1691, pp. 10-13, 19 s.; L. Aguirre Prado, Ambrosio Spinola, Madrid 1959, pp. 3-28; Papeles de Estado Genova (siglos XVI-XVIII), a cura di R. Magdaleno, Valladolid 1972, p. 440; C. Costantini, La Repubblica di Genova nell’età moderna, Torino 1991, p. 146; M. Cavanna Ciappina, Doria, Agostino, in Dizionario biografico degli Italiani, XLI, Roma 1992, pp. 257-259; R. Savelli, Doria, Giovanni Andrea, ibid., pp. 361-375; E. Grendi, I Balbi. Una famiglia genovese fra Spagna e Impero, Torino 1996, pp. 66 e note, 79, 168; C. Farinella, Grimaldi, Nicolò, in Dizionario biografico degli Italiani, LIX, Roma 2002, pp. 574-579; N. Gritsai, Anthony Van Dyck, New York-London 2004, pp. 70 s.; C. Álvarez - L. Lo Basso - C. Marsilio, La rete finanziaria della famiglia S.: Spagna, Genova e le fiere dei cambi (1610-1656), in Quaderni storici, XLII (2007), 124, 1, pp. 97-110; Agentes e identidades en movimiento. España y los Países Bajos. Siglos XVI-XVIII, a cura di R. Vermeir - M. Ebben - R. Fagel, Madrid 2011, s.v. Ambrogio Spinola; Simón Ruiz, un banquero español del siglo XVI entre las penínsulas ibérica e italiana, a cura di J.I. Pulido Serrano, Madrid-Frankfurt an Main 2017, p. 157.