political economy
Ramo della scienza economica, sviluppatosi nella seconda metà degli anni 1980, che studia le motivazioni economiche, sociali e politiche (➔ anche economia politica) che sono alla base delle scelte di politica economica (➔ p). L’oggetto di studio è quindi molto ampio e include le decisioni di politica di bilancio (spesa pubblica, imposizione fiscale; ➔ politica fiscale), di politica monetaria (➔), di politica commerciale (dazi, tariffe, quote, restrizione al commercio; ➔ politica commerciale), oltre ai programmi di welfare (pensioni, sanità, istruzione) e alle regolamentazioni dei mercati finanziari, dei prodotti e del lavoro.
La moderna p. e. è progredita con rapidità, dalla fine del 20° sec., ponendosi l’obiettivo di analizzare i comportamenti adottati dai policy makers (governi, parlamenti, banche centrali) e di spiegare le loro scelte politico-economiche. La teoria dell’economia pubblica (➔ economia pubblica) aveva privilegiato l’analisi normativa delle scelte di policy, al fine di individuare le politiche che, a seconda delle diverse circostanze economiche, consentissero di massimizzare il benessere delle persone. Tuttavia, le scelte dei policy makers non sempre seguono gli insegnamenti della teoria economica. La p. e. ha elaborato, quindi, un’analisi positiva mirata a comprendere le motivazioni, gli incentivi e i vincoli che spingono gli organismi preposti ad adottare alcuni tipi di politiche economiche, anche quando queste non sono ottimali dal punto di vista sociale.
La base di partenza è il riconoscimento che le scelte di politica economica appartengono spesso al mondo della politica, con i suoi incentivi e i suoi vincoli. La p. e. fornisce modelli interpretativi da applicare a fenomeni quali la selezione dei politici, gli incentivi e disincentivi che i policy makers fronteggiano, il contesto istituzionale all’interno del quale avviene la negoziazione politica, per rilevare come essi possano determinare le decisioni di policy. Tre principali conflitti di interesse emergono nel campo politico: tra gli elettori, che possono avere preferenze diverse sulle politiche economiche da attuare (per es., sul livello di redistribuzione del reddito); tra i politici che si sfidano in Parlamento e in campagna elettorale; tra elettori e politici, sulla redistribuzione delle risorse, per es. tra rendite ai politici e spesa pubblica a favore degli elettori. Analisi teoriche ed empiriche hanno evidenziato importanti determinanti delle differenze di politica economica che si incontrano tra diversi Paesi e anche all’interno dello stesso Paese nel corso del tempo. Le preferenze degli elettori sulle politiche economiche, quali, per es., i livelli di tassazione e la spesa pubblica in sanità o pensioni, influiscono sulle scelte dei policy makers attraverso gli incentivi elettorali. In Paesi con elettorati composti in buona parte da elettori anziani o dove gli elettori anziani sono meno ideologizzati e più disponibili a dare il proprio voto ai partiti che difendono i loro interessi economici, la spesa previdenziale e sanitaria risulta essere più elevata. Un ruolo importante nel caratterizzare la selezione dei politici e gli incentivi elettorali dei policy makers è dato invece dal contesto istituzionale definito, per es., dalle leggi elettorali, che disegnano un sistema maggioritario, proporzionale o misto, e dai regimi politici, che differenziano tra sistemi presidenziali o parlamentari. I sistemi maggioritari favoriscono una spesa pubblica più concentrata geograficamente nei distretti dove la competizione elettorale è più forte, a discapito dei distretti a sicuro appannaggio di un partito o candidato. Nei sistemi proporzionali, invece, la spesa pubblica è concentrata nei grandi programmi sociali come pensioni e sanità, che consentono ai politici di ricercare i voti su tutto il territorio. Anche aspetti culturali e di capitale sociale (➔), quali la fiducia nelle istituzioni e nei propri concittadini, possono essere importanti nel modificare gli incentivi dei politici e dunque le scelte di politica economica.