politiche commerciali preferenziali comunitarie (preferential trade policies)
politiche commerciali preferenziali comunitarie (preferential trade policies) Politiche esterne dell’Unione Europea (➔ anche politiche comunitarie), che si basano su una fitta rete di accordi bilaterali e iniziative unilaterali e prevedono un grado di integrazione con i partner più intenso di quello assicurato dagli accordi multilaterali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC; ➔ WTO).
Essendo parte della politica commerciale comune, la gestione degli accordi preferenziali esterni rientra tra le competenze esclusive dell’Unione. La procedura per la conclusione di accordi con i Paesi terzi è stabilita dagli artt. 207 e 218 del Trattato sul Funzionamento della UE. I negoziati vengono svolti generalmente dalla Commissione sulla base di direttive fissate dal Consiglio. Durante il negoziato la Commissione consulta il Consiglio e il Parlamento europeo, ai quali spetta il potere di concludere l’accordo e avviarne la ratifica.
La rete di intese commerciali preferenziali concluse o negoziate dalla UE coinvolge quasi tutti i Paesi terzi. Le uniche eccezioni di rilievo sono Australia, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti, con cui sono comunque in corso negoziati volti a promuovere gli scambi. Generalmente le p. c. p. c. riguardano le merci e prendono la forma di accordi di libero scambio, come quelli conclusi con la Corea del Sud, il Messico e il Sudafrica. Un numero più limitato di intese con partner europei e americani riguarda anche il commercio di servizi. Obiettivi più ambiziosi, che arrivano fino all’integrazione nel mercato interno della UE, sono stati assegnati agli accordi di libero scambio con i Paesi vicini, nell’ambito del partenariato orientale e del partenariato euro-mediterraneo.
Una categoria particolare di accordi, nei quali la componente commerciale è intrecciata con la cooperazione allo sviluppo, è quella, in gran parte ancora oggetto di negoziato, che sta sostituendo le disposizioni della convenzione di Cotonou (➔ Cotonou, convenzione di) con alcuni gruppi di Paesi in via di sviluppo, in Africa, nei Caraibi e nel Pacifico. Nei confronti di questi ultimi le p. c. p. della UE hanno assunto spesso la forma di schemi di liberalizzazione unilaterale dell’accesso ai mercati europei, che non prevedono la contropartita di misure analoghe da parte dei Paesi partner, sul modello del sistema di preferenze generalizzate, in vigore dal 1971, che fissa dazi doganali ridotti sulle importazioni di molti prodotti. All’interno di questo sistema, preferenze tariffarie più accentuate sono previste per gli Stati che dimostrino di adottare le norme internazionali a tutela dei diritti dei lavoratori o per la gestione sostenibile delle foreste tropicali. Il regime più favorevole è quello stabilito nel 2001 per i Paesi meno sviluppati (come definiti dalle Nazioni Unite) nell’ambito dell’iniziativa ‘Tutto tranne le armi’, che prevede l’abolizione dei dazi e delle restrizioni quantitative sulle importazioni originarie di tali Paesi per tutti i prodotti tranne quelli dell’industria degli armamenti.
Diversamente dagli Stati Uniti, che tendono ad applicare con i partner accordi di libero scambio ambiziosi e relativamente uniformi, la UE ha scelto un approccio più flessibile, nel quale gli obiettivi dei negoziati bilaterali vengono adattati alle diverse caratteristiche dei partner. Il grado di liberalizzazione reciproca effettivamente raggiunto è relativamente limitato, in particolare nei prodotti agricoli e nei servizi. Un’attenzione particolare è dedicata alle barriere tecniche, agli scambi e alle misure sanitarie e fitosanitarie, per le quali la UE si ispira a criteri di grande cautela sui possibili rischi. Le p. c. p. c. tendono ad andare oltre la semplice liberalizzazione degli scambi, includendo temi come la concorrenza, le commesse pubbliche e gli investimenti diretti esteri, che sono rimasti a lungo esclusi dai negoziati multilaterali dell’OMC.