POLIZIA
(XXVII, p. 681; App. II, II, p. 568; III, II, p. 445; IV, III, p. 13)
L'ampio dibattito svoltosi durante gli anni Settanta sulla necessità di adeguare l'amministrazione della pubblica sicurezza, e in particolare l'organizzazione della p., ai dettati della Costituzione repubblicana e alle esigenze attuali della società civile ha portato agli inizi degli anni Ottanta a una radicale riforma. Con questa, infatti, sono state accolte, almeno in linea di principio, le diverse istanze formulate negli anni precedenti e che talvolta si erano tradotte in proposte di legge restate però inattuate. Il D.L. 16 dicembre 1979 n. 624 si era limitato infatti ad affrontare, in via preliminare, il problema dell'organizzazione verticistica della pubblica sicurezza e del coordinamento della sua attività. Organizzazione e coordinamento incentrati su due figure eminenti, l'una al vertice dell'amministrazione (il ministro dell'Interno - autorità nazionale di pubblica sicurezza), l'altra in periferia (il prefetto - autorità provinciale di pubblica sicurezza). Le due autorità sono affiancate da due organi collegiali, dalle competenze consultive, ma certamente rilevanti nella definizione delle decisioni pertinenti, e cioè dal Comitato nazionale e dal Comitato provinciale dell'ordine e della sicurezza pubblica. Sul piano più dichiaratamente operativo le due autorità operano facendo riferimento al capo della p., direttore generale della pubblica sicurezza, e in provincia al questore. È stata invece la l. 1 aprile 1981 n. 121 a trasformare completamente l'ordinamento della pubblica sicurezza adeguandolo al disposto costituzionale e modificando la struttura organizzativa della p. che, in conseguenza della riforma, assumeva la denominazione di ''Polizia di stato'', posta sempre alla dipendenza del ministero dell'Interno.
La Polizia di stato, a differenza dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza con le quali tradizionalmente svolge compiti spesso comuni (per es., in materia di lotta alla criminalità, di p. giudiziaria e di tutela dell'ordine pubblico), veniva smilitarizzata. Pertanto i suoi membri non erano più considerati soggetti alla disciplina militare e sottoposti alla legge penale militare come gli appartenenti alle forze armate; la componente femminile della p. era del tutto equiparata a quella maschile, nei ruoli, nelle funzioni e nella carriera; veniva riconosciuto agli appartenenti alla p. il diritto alla libertà e all'organizzazione sindacale, anche se permaneva, accanto al divieto d'iscrizione ai partiti politici e in genere di attività politica, quello del ricorso allo sciopero come strumento a sostegno di rivendicazioni salariali; venivano fissate nuove modalità per il reclutamento e per la formazione del personale con la riorganizzazione e il potenziamento delle scuole destinate ai corsi di istruzione, perfezionamento, specializzazione e aggiornamento degli appartenenti alla p. nell'intento di migliorarne la professionalità, adeguandone la preparazione alle esigenze sociali; veniva istituito un moderno centro elaborazione dati per garantire efficienza e funzionalità all'azione della p.; nel contesto di una più idonea pianificazione finanziaria della spesa, veniva garantito un migliore trattamento economico e normativo al suo personale anche nei confronti di altre categorie di pubblici dipendenti che svolgono istituzionalmente compiti meno rischiosi.
La riforma introdotta con la l. 121/81, che fu inizialmente accolta con diffidenza e perplessità da quanti temevano i danni della smilitarizzazione e della sindacalizzazione della p., anche per il pericolo che altri corpi delle forze armate, e in specie l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza potessero chiedere uno status analogo, ha finora dato, nel suo insieme, buoni risultati rafforzando la funzionalità e l'efficienza della p., oggi indubbiamente più vicina alla realtà della società civile. Per la tutela di questa, fortemente minacciata dalla delinquenza tradizionale e dalla criminalità organizzata, però, si chiedono da vari settori dell'opinione pubblica e con sempre maggiore insistenza ulteriori interventi di carattere politico più che legislativo. In primo luogo una migliore definizione dei compiti e delle funzioni della P. di stato rispetto a quelli esercitati dall'Arma dei Carabinieri e talvolta dalla Guardia di Finanza per ottenere il loro, da sempre auspicato, totale coordinamento; secondariamente, la definizione puntuale delle aree territoriali e delle competenze tecniche e professionali d'impiego di questi differenti organismi per evitare dispendio di forze; in terzo luogo, un rafforzamento della direzione unitaria e coordinata di tutti gli apparati di sicurezza, alle dirette dipendenze e sotto la responsabilità dell'autorità politica.
Polizia giudiziaria. - La p. giudiziaria per la nostra attuale legislazione non ha una struttura distinta dalla pubblica sicurezza ma costituisce un'articolazione di questa, investita di funzioni proprie, dotata di un'ampia autonomia e strettamente collegata al pubblico ministero e all'autorità giudiziaria dalla quale dipende funzionalmente ma non burocraticamente, secondo il disposto dell'art. 109 Cost. Dal punto di vista organizzativo, sul piano della dipendenza funzionale, si distinguono servizi di p. giudiziaria adibiti in via esclusiva a compiti investigativi con carattere di continuità nell'ambito delle diverse istituzioni preposte alla sicurezza pubblica (squadre mobili presso le questure e nuclei operativi presso i comandi dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) e sezioni di p. giudiziaria presso le procure della Repubblica nelle sedi dei tribunali e le preture circondariali. La possibilità di disporre della p. giudiziaria ai fini delle indagini compete a ogni autorità inquirente o giudicante, sotto la sorveglianza del procuratore generale nel distretto della Corte d'appello ai sensi dell'art. 23 del d.P.R. 22 ottobre 1988 n. 449; a questo magistrato spetta, in determinati casi, un potere vincolato di avocazione che implica pure la facoltà di disporre direttamente della p. giudiziaria. Di rilevante importanza tra le misure di prevenzione e repressione della criminalità mafiosa è stata la decisione di porre in essere la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), presa con D.L. 29 ottobre 1991 n. 345, convertito nella l. 30 dicembre 1991 n. 410. A tale organo sono attribuite funzioni investigative per la prevenzione del fenomeno mafioso e altre funzioni di p. giudiziaria.
I compiti degli ufficiali e degli agenti di p. giudiziaria, secondo il codice di procedura penale emanato con d.P.R. 22 settembre 1987 n. 447, sono diversi per la maggiore ampiezza dei poteri attribuiti agli ufficiali rispetto agli agenti in base alla migliore qualificazione professionale dei primi. Dal punto di vista della legittimazione allo svolgimento di tali compiti si distinguono: a) gli atti ai quali sono legittimati gli ufficiali di p. giudiziaria operanti di propria iniziativa; b) gli atti ai quali sono legittimati gli ufficiali di p. giudiziaria a ciò delegati da un'autorità giudiziaria; c) gli atti ai quali sono legittimati, oltre gli ufficiali, anche gli agenti di p. giudiziaria operanti di propria iniziativa; d) gli atti ai quali sono legittimati, oltre gli ufficiali, anche gli agenti di p. giudiziaria a ciò delegati da un giudice; e) gli atti ai quali, in assistenza al pubblico ministero, partecipano gli ufficiali e gli agenti di p. giudiziaria. A questa serie di atti si aggiungono quelli compiuti dagli ufficiali di p. giudiziaria nell'esercizio di una generale funzione di controllo sugli atti compiuti dagli agenti di p. giudiziaria a essi gerarchicamente subordinati.
L'insieme di questi atti, di estrema rilevanza dal punto di vista processuale, si estrinseca soprattutto preliminarmente all'istruzione penale (notizia del reato, attività investigativa e di rilevanza probatoria), ma anche nel corso del dibattimento, specie dopo l'entrata in vigore del D.L. 8 giugno 1992 n. 306 che ha previsto l'utilizzazione in fase dibattimentale delle dichiarazioni rese da testi o dall'indagato al pubblico ministero o alla p. giudiziaria al fine sia di acquisire gli elementi occorrenti per l'esercizio dell'azione penale sia di raccogliere quanto altro possa servire per l'applicazione della legge penale.
Particolarmente rilevante, per l'approccio tecnico che ne caratterizza l'azione, appare l'attività della p. scientifica alla quale si ricorre per speciali indagini che richiedono competenze specifiche e strumenti sofisticati.
Polizia amministrativa. - Mentre per le Regioni non è stata innovata la disciplina stabilita dall'art. 9 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, che delegava loro le funzioni di p. amministrativa relative a materie attribuite o trasferite alla competenza regionale, la l. 7 marzo 1986 n. 65, definita "legge quadro sull'ordinamento della p. locale", ha confermato ai comuni l'affidamento delle funzioni di p. locale tradizionalmente svolte ai sensi della legislazione precedentemente vigente, razionalizzandone però i principi e costituendo, per qualche aspetto, un'anticipazione in questa materia della riforma delle autonomie locali. Per l'esercizio delle funzioni di p. che si svolgono nell'ambito del territorio comunale e che non rientrano nella competenza dello stato, i comuni possono organizzare un corpo di p. municipale, normalmente rappresentato dai vigili urbani.
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