polo
I p. sono i punti in cui l'asse terrestre incontra la superficie della Terra (p. terrestri) e i punti in cui il prolungamento dell'asse incontra la volta celeste (p. celesti). Nel sistema tolemaico asse terrestre e asse del mondo - mondo inteso come tutto 'l corpo de l'universo (Cv III V 3) - si corrispondono. La Terra viene a essere una sfera centrale idealmente trapassata da un asse che raggiunge la volta celeste: attorno ai p. terrestri non c'è movimento giacché la Terra è ferma, mentre attorno ai p. celesti avviene il movimento del Primo Mobile (v.) che trascina con sé tutte le sfere sottostanti nel giro diurno intorno alla Terra (Cv II V 17, Pd XXVIII 70-71). Importantissimi dunque sono i p. del Primo Mobile, che sono poi i poli del mondo (Pd XIV 98) tra cui biancheggia... / Galassia. Ma ci sono altri p. altrettanto importanti, che sono quelli dell'eclittica, cioè i punti in cui l'asse dell'eclittica, inclinato di 23°1/2 sull'asse del mondo perpendicolare all'equatore, incontra la volta del cielo Stellato: intorno ai quali avviene il lentissimo movimento di precessione (v.), proprio di questo cielo (Pg XI 108), e tutti i movimenti propri dei cieli sottostanti, in particolare quello del cielo del Sole (Cv III V 13).
Inesattamente D. dice in Pd XIII 11-12 che la stella polare si trova in punta de lo stelo [asse] / a cui la prima rota [il Primo Mobile] va dintorno, in quanto la stella polare è bensì sull'asse del mondo ma non all'estremità: poiché all'estremità dell'asse si trova il p. del Primo Mobile, mentre la stella polare fa parte del cielo Stellato sottostante.
Così la Galassia, che fa parte essa pure del cielo Stellato, si estende - approssimativamente - da un p. all'altro di questo e non tra ' poli del mondo (v. sopra). Ora se talvolta D. identifica i poli del mondo non con i p. del Primo Mobile ma con i p. del cielo Stellato, lo fa per un'esigenza di semplificazione e d'immediatezza, poeticamente anteponendo a un criterio intellettivo un criterio visivo.
I p. degli altri sette cieli sono pure da considerare: essi giacciono sulle proprie sfere e sono punti: estremi di assi di rotazione variamente inclinati (si sa per es. che l'asse della sfera lunare è inclinato di 5° c. sull'asse dell'eclittica). La loro caratteristica è di essere mobili, in quanto sono trascinati tutti coi propri cieli dal movimento diurno del Primo Mobile, che è il solo ad avere i p. assolutamente fermi. Ed è da sapere che ciascuno cielo di sotto al Cristallino ha due poli fermi, quanto a sé: e lo nono li ha fermi e fissi, e non mutabili secondo alcuno respetto (Cv II III 13).
Il sistema tolemaico è dunque un complesso di cieli concentrici alla Terra, ma non coassiali, poiché girano ognuno sul proprio asse e sui propri poli.
D. parla abbastanza spesso, sia direttamente sia indirettamente (per similitudine e metafora), del movimento che avviene intorno ai p., e mette anche in evidenza (Cv II III 13-15, con due occorrenze) la diversa virtù, oltre che la diversa rattezza, di una sfera alla maggiore distanza (equatore) o alla minore (poli) dall'asse di rotazione: come stelle vicine a' fermi poli, Pd X 78; si fero spere sopra fissi poli, XXIV 11; pur là dove le stelle son più tarde, / sì come rota più presso a lo stelo (asse), Pg VIII 86-87.
È da notare che, mentre si può parlare di rota per il movimento di un solo cielo, non se ne può parlare a proposito del complesso dei cieli, perché questi girando con velocità diverse compiono i loro movimenti in tempi diversi, contrariamente alla ruota le cui parti, vicine all'asse o lontane, compiono il giro nello stesso tempo.
La parola p. al singolare attraverso il latino polus risale al greco πόλος, che significa sia " perno " sia " asse di rotazione " (da πέλομαι " mi aggiro "). Ma già per D., come per noi moderni, vige il primo significato soltanto. E non sembra accettabile il significato di " cielo ", anche se qualche interprete lo accoglie. Così l'espressione tutte le stelle già de l'altro polo / vedea la notte (lf XXVI 127) non significa tutte le stelle dell'altro cielo ma proprio dell'altro p., com'è confermato dal seguito della terzina: e 'l nostro tanto basso, / che non surgëa fuor del marin suolo, dove intendendo " il nostro (cielo) " anziché " il nostro (polo) " non si ha più un senso astronomicamente soddisfacente.
Per analogia sarà da intendere letteralmente p. nei versi di Pg VIII 89-90 A quelle tre facelle / di che 'l polo di qua tutto quanto arde, che alludono al p. antartico, così come l'espressione a l'altro polo (I 23): mentre l'espressione susseguente a l'altro polo (v. 29) allude all'artico, ' altro ' rispetto all'antartico sovrastante il Purgatorio.
Tanto più la voce p. è da intendere in senso proprio quando compare nel Convivio (dove D. è puro scienziato e tende a fare uso rigoroso dei termini scientifici), come si desume dai passi sopra citati e da altri che si possono aggiungere a completamento: Il III 15 e 16, XIV 1 e 9 (due volte), III V 8, 9 (due volte), 10, 13 e 14.